"Mancano dieci minuti...va bene, interrogo".
E che cazzo.
...
...e jàmo, prendetelo in fretta il malcapitato che deve estrarre, sempre con 'sti giochini idioti.
"Dai, Agnese", (che poi chissà perché diavolo ridano, è sempre la stessa scena ogni maledetta volta) "pesca tre bigliettini e vediamo chi esce".
Wow, che gioia. Ma che vuol ch'io mi faccia del suo latinorum, prof, e in particolare all'ultima ora del sabato mattina? Ok, oggi abbiamo... "Augurini, Baba, Degli Esp..."
È un attimo a fare delle cretinate. Oddio, oddio, prova della volontà. Jacopo si mozzica il labbro inferiore con veemenza virulenta, cercando di non farsi vedere da nessuno. E vabbe', sì, guarda un po' se non c'è il solito cazzaro che ti guarda e ti chiede "Ohi, Jack, tutto bene?". Vaffanculo. Non mi chiamare Jack. Non lo fa manco mia madre – e ci mancherebbe altro.
"Sì vecchio, tutto bene, grazie". In realtà no, Jacopo non sta affatto bene.
"Mariani, santo cielo, scusami! Non era mia intenzione!" chiede terrorizzata la docente. Magari è anche effettivamente dispiaciuta, ma sono sicuro che la prima preoccupazione sia evitare che Jacopo Mariani, 17enne, si getti dalla finestra della classe che frequentava nell'istituto superiore "Tal de' Tali".
"Non si preoccupi, assolutamente, solo: posso uscire, per favore?".
"Tranquillo. Esci pure" (non me lo deve neanche dire, d'altronde). Jacopo è fuori dall'aula, porta chiusa, sente la voce esitante dell'insegnante comunicare agli astanti: "Va bene, adesso pesco un altro bigliettino...". Non piange, dopotutto. È solo un po' complicato gestirla sul momento.
Cammina nel corridoio – pareti bianche, pavimento con piastrelle molto simili a terracotta, ruvide e di colore marrone, luce al neon così adatta al cielo nuvoloso fuori, che grava perfino su chi non lo vede – fino a raggiungere il bagno dei maschi. Piede destro oltre la porta d'ingresso: si ferma, alza gli occhi verso il tetto in un riflesso incondizionato. Rapido calcolo degli spiccioli nella tasca anteriore destra: dai, un pacchetto di patatine ci scappa. Retromarcia, poi torna all'imboccatura del corridoio e scende, proseguendo dritto davanti a sé, perpendicolarmente al corridoio, le scale fino al primo piano.Portoncino ascensore terzo piano porta di casa. Chiavi nella porta, una sola mandata per aprire: è sabato. La relativa quiete sul pianerottolo, frammista all'odore di cipolla portata su per le scale da chissà chi – forse l'inquilina del piano di sotto? – viene spazzata via da un intangibile muro di mattoni proiettato in volo innaturalmente veloce verso l'esterno. Le finestre dirette davanti alla porta sparano tutta la luce riflessa con veemenza dal palazzo di fronte, bianco, brutale, aggressivo; contemporaneamente chissà quale cartone animato viene iniettato a forza nelle pupille e nei padiglioni auricolari di sua sorella, a volumi così potenti che digerirli di punto in bianco è impossibile; nel frattempo l'odore della carbonara appena cucinata prende a pugni sul naso Jacopo – e dire che è il mio piatto preferito – impregnando il mobilio.
La bimba si volta e corre dal fratello. Ha il più bel sorriso del mondo in viso. Indossa una gonnella nera con le paillettes sotto una maglia grigia, e indossa lunghe calze, anch'esse nere. Si è appena cambiata per andare alle gare in piscina probabilmente. "Ciao, Jaco!".
"Ciao, tesoro" - bacino, bacino – "oggi hai le gare?".
"Sì! Sono proprio contenta di gareggiare! Come stai?"
..."...tutto bene, amore". Rimasto sorpreso per la lunga pausa prima di rispondere.
"Sicuro?" (lo sguardo preoccupato della bimba. A lei non la si fa.)
Finalmente la sicurezza nella sua voce."Certo!". Un sorriso con gli occhi formali.
"Jacopo". Eccola alla carica.
"Sì, mamma?"
"Stiamo uscendo. Mi raccomando, studia, va bene?"
"Va bene."
Dallo sgabuzzino: "Carla, dai, andiamo. Oh; ciao, Jacopo".
Allo stesso tempo: "Va bene, Gabriele" e "Ciao, papà".
Convenevoli. I tre escono.La carbonara, un classico del sabato. Jacopo la mangia con grande lentezza oggi – tanto che alla fine è fondamentalmente uno sforzo erculeo proseguire il pasto in qualsiasi maniera. Forse giusto la frutta, tiè. Afferra un arancia, la sbuccia – ci vuole sempre cent'anni. Mi chiedo che cosa sia successo a queste povere piante per avere i frutti corazzati – e la trangugia. Asprissima, virtualmente immangiabile, ma non posso di certo fare troppi complimenti; delle due, meglio averla già tolta di mezzo che beccarla in un giorno in cui ho molta fame e mi rovinerebbe l'appetito. Oggi sfonda una porta aperta. Fine pranzo, si sparecchia; piatti in lavastoviglie, sgrulla la tovaglia nel lavabo della cucina, piegala e riponila nel cassetto. Fatto ciò, sale le scale, cigolanti come se togliessero i peccati del mondo, fino in camera.
Butta lo zaino contro la parete con quanta cattiveria la stanchezza gli consenta. Si stende sul letto. ["Augurini, Baba, Degli Esp..."] no, per favore, non di nuovo.Non qui, non ora. Lasciami stare, maledizione. Lasciami stare steso in pace.
D'altra parte, nel profondo della sua testa, piangere potrebbe liberarlo un po'. Magari prendimi, allora. Prendimi, solo per un po'.
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ANGELUS NOVUS
МистикаJacopo Mariani ha perso la persona che più amava al mondo. La società in cui vive contraddice ogni sua speranza; le persone sembrano aver perso la propria umanità. Tuttavia, Jacopo scopre delle profondissime fratture nel tessuto stesso della realtà...