The train guy

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-Hai bisogno di aiuto?-

Per quale malcelato motivo quel vecchio doveva agire in quel modo più che invadente, guidato da un'indole fin troppo genuina ed altruista? 

Irritato era un eufemismo rispetto al vero stato d'animo in cui vigeva Eren, dal momento che  stava iniziando ad accusare la stanchezza del viaggio del giorno prima per arrivare in quella frenetica ed inquinata metropoli, e proprio non riusciva a trovare la posizione giusta per appoggiarsi al finestrino, nè tantomeno a zittire una volta e per tutte quell'individuo fastidioso come una maledetta mosca affamata.

-Sicuro di farcela?-

Sbuffò sonoramente per palesare la tremenda situazione di insofferenza in cui si trovava - o per meglio dire, in cui l'uomo al suo fianco lo aveva gettato alla stregua di un vortice infernale - ma niente fu il risultato che ottenne.

Disgraziato quell'insopportabile vecchio.

Con un rapido gesto delle dita strattonò con forza il cavo degli auricolari, ignorando un pizzico di dolore che quell'azione gli aveva procurato alle orecchie, e sporse il busto in avanti per valutare ancora per quanto tempo quel teatrino si sarebbe protratto, prima che si mettesse ad imprecare e a lanciare improperi come un pazzo.

-Ce la faccio, grazie.-

Ecco, in quel momento, invece, avrebbe volentieri chiesto al suo compagno di viaggio di mettersi gentilmente da parte e permettergli di aiutare quella figura così minuta e sensuale come un felino, che si era guadagnata tutta l'attenzione dello studente. 

E a tutti gli effetti gli ricordava proprio un gatto, a partire dal modo in cui le sue scapole erano così evidenti dalla maglietta di cotone bianca, per poi sopraggiungere alla muscolatura della schiena che si contraeva e si distendeva in movimenti fluidi nel mentre il ragazzo posava il borsone blu nella cappelliera, fino a concludere con quelle dita affusolate e delicate alla stregua degli artigli di un felide.

Ma niente era in confronto ai tratti del suo viso, regolari come le linee del più armonico degli spartiti, fini come fogli di carta, accurati ed espressivi come solo un pittore può ritrarre sulla tela bianca; incantevole come una creatura magica in una radura, sublime come un essere celestiale.

Approfittò di quell'agitazione generale per curiosare per qualche altro minuto oltre la spalla del vecchio, fingendosi scarsamente interessato a ciò che si stata verificando in quell'angusto corridoio affollato di quel - in fin dei conti - non così male tubo di acciaio e ferro.

Non ottenne neanche la magra consolazione di vedere il proprio sguardo incrociarsi per puro accidente con quello di Bel Faccino, anzi, pareva che la potente aura di sovreccitazione -che lo stava facendo fremere dalla testa ai piedi, come un cucciolo alla vista di un bel pezzo di carne succulento - fosse stata notata soltanto dal vicino di poltrona, ma che pareva non essere risalito alla fonte originaria di quella trepidazione.

Ma la corsa era finita ancor prima del segnale di inizio, e la risposta era ben chiara da quella prospettiva: Bel Faccino non gli aveva neanche dato il tempo di dibattere con se stesso sulla prossima mossa da attuare, che nell'arco di qualche minuto aveva già inforcato occhiali da vista, acceso l'ipod e sepolto il viso in un libro che Eren non aveva mai sentito neanche nominare. Non che poi frequentasse chissà quanti ragazzi dediti alla lettura o alla cultura, era il caso di dire.

Visto che non gli era concesso rivolgergli la parola, senza di sicuro disturbarlo, decise che avrebbe trovato un modo per poterlo studiare di sottecchi: d'altro canto il corvino non spiccava di certo per altezza, ma lui sì, e sebbene l'avesse sempre maledetta per i crampi intollerabili che gli intorpidivano le ginocchia sotto il banco, ora finalmente si stava rivelando un enorme vantaggio.

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