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Ci vollero sedici anni prima che Jaemin realizzasse di avere l'ansia. La sensazione incastrata nell stomaco, quasi come se avesse sete ma non potesse calmarla, il suo respiro irregolare. Era tutto piuttosto normale per lui; a volte quando usciva dalla doccia, le mattine prima di un viaggio in campagna, ogni singolo giorno. Sei nervoso, sua madre gli aveva detto, lasciati andare. Ora, il diciottenne Jaemin sa come riconoscere l'ansia.

La depressione, d'altra parte, arrivò più tardi. Non sapeva dire precisamente il giorno in cui smise di divertirsi a giocare a calcio ogni martedì e venerdì, o quando i suoi voti iniziarono regolarmente a calare. Non riusciva neanche a ricordarsi la prima volta che aveva avuto voglia di buttarsi sotto ad una macchina in un giorno trafficato.

Comunque, tutto quello non lo fermava dall'incontrare Lee Jeno.

"Non posso fallire." Borbottò tra sé e sé mentre gettava un piccolo sacchetto nel bidone della spazzatura e guardava il suo cane. "Questo ragazzo mi parla come se non potessi spezzarmi, invece sono io quello che deve stare attento."

Il bruno continuò a borbottare sottovoce finchè non arrivò al bar di cui il suo amico -- se poteva considerare Jeno un amico -- gli aveva parlato.

"Jaemin, qui."

Porca puttana puttanosa.

Jaemin si voltò a sinistra e vide un ragazzo dai capelli corvini seduto fuori dalla caffetteria ad un grazioso tavolino, indossava una giacca graziosa e guardava il grazioso ragazzo.

"Hey." Jaemin sorrise e si sedette davanti all'altro, non prima di aver assicurato il guinzaglio di Nix sotto alla sedia.

"Non pensavo saresti venuto." Il minore ridacchiò e si guardò in giro cercando di chiamare la cameriera.

"Perché non avrei dovuto?"

"Perché avresti dovuto?" Senza esitazioni, Jaemin si voltò verso Jeno, il suo sorriso scomparì per un momento.

"Già, comunque." Rinunciò a ordinare la sua cioccolata calda. "Non puoi leggere e non rispondere dal vivo."

"Credimi, potrei." Jeno mise i gomiti sul tavolo e poggiò il mento sulle mani. "Potrei alzarmi ed andare via."

"Sarebbe da maleducati."

"Io sono maleducato." Da quando Jaemin aveva visto per la prima volta il maggiore non l'aveva mai visto sorridere, ma invece Jeno sembrò curvare leggermente l'angolo delle labbra in una sorta di ghigno.

Per Jaemin era un passo avanti, anche se il ragazzo dai capelli neri sembrava prenderlo come scherzo.

"Okay, comunque, come posso renderti felice?" Di nuovo, Jeno mosse le labbra verso sinistra e ridacchiò, i suoi occhi però non sorridevano, il che lo faceva sembrare duro e senza emozioni.

"Non credo che sia la domanda che dovresti pormi, però fai come vuoi." Jaemin venne sorpreso da quella risposta, ma tuttavia rise un'altra volta e scosse la testa.

"Sei molto più sfacciato dal vivo."

"Tu sembri gra-" L'affermazione di Jeno venne interrotta dal suono del telefono, 'mamma' lo stava chiamando, quindi si alzò bruscamente. "Devo andare, non sapevo fosse così tardi mentre ti aspettavo."

"Stavi per dire che sono grasso?" Il maggiore lanciò un'occhiata a Jaemin mentre si metteva la giacca.

"No." Prese il cellulare. "Sei piuttosto magro."

"Giusto." Il castano borbottò e si ordinò mentalmente di non borbottare mentre stava parlando con qualcuno, quindi ripetè ad alta voce: "Giusto."

"Avevo già sentito la prima volta." Jeno mise entrambe le mani in tasca e si alzò davanti all'altro, che aveva fatto la stessa cosa.

"Ci vediamo a scuola." 

Jaemin fece un grande sorriso, porgendo la mano all'altro ragazzo per stringergliela.

"Prenditi cura del cane."

E di te.

𝐆𝐋𝐎𝐎𝐌Where stories live. Discover now