Non mi servon le parole

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Amici era finito ormai da parecchio tempo, svariati mesi erano passati da quella serata di gioia incommensurabile, da quella serata in cui tutto – forse solo per un attimo – era sembrato facile, raggiungibile, possibile.
Ma non era così, non era affatto così e c'era chi lo aveva capito meglio di altri. L'utopia che quella serata aveva portato con sé era presto scoppiata come una bolla, come una cosa bellissima ma non destinata a durare. Tante cose erano state fatte, ben poche erano state dette e il tempo era passato inesorabilmente, lasciando una miriade di questioni aperte e frasi spezzate.

Durante l'estate alcuni dei ragazzi - chi più, chi meno - avevano avuto modo di rivedersi, ma due di loro più di tutti avrebbero voluto vedersi di più: sfogarsi con l'altro, raccontargli le cose belle che gli stavano succedendo o, semplicemente - come spesso erano propensi a fare, ritrovarsi integri  in un abbraccio.
Filippo ed Einar avevano trascorso quei tre mesi torridi a mancarsi costantemente; li avevano trascorsi girandosi a cercare l'altro ogni volta che qualcosa li faceva ridere, ogni volta in cui avrebbero avuto bisogno di un supporto, o semplicemente per caso, senza nessun valido motivo, per la semplice abitudine di avere l'altro sempre al proprio fianco.

Si erano visti, qualche volta. In tal senso l'estate era stata propizia perché aveva permesso loro di incontrarsi a diversi eventi musicali a cui erano invitati entrambi.
Poi però il tempo era passato, l'estate era finita e gli eventi in comune pure. Presto non avevano più avuto modo di vedersi e dopo un po' nemmeno di sentirsi, stranamente.

O forse non era così strano, forse un motivo c'era.

In ogni caso l'estate era finita da un pezzo ed Amici da ancora più tempo, ma ad alcuni sembrava ancora il caso di rivangare questioni trite e ritrite risalenti al periodo del programma.
Ed Einar era stanco.
Stanco da morire, stanco come non si era mai sentito in vita sua. Erano passati mesi e mesi eppure il mondo continuava a rivolgergli sempre gli stessi insulti.
Non era fatto per gli insulti, Einar. Non sapeva come gestirli, non era capace di ignorarli ed, elegantemente, andare avanti. Lui interiorizzava tutto, ed ogni cosa, ogni cattiveria, si depositava dentro di lui come un macigno che gli appesantiva il cuore ed il respiro.

Non riusciva a capire perché quel giorno qualcuno si fosse alzato dal proprio letto decidendo che avrebbe passato la giornata a scrivere insulti nei suoi confronti su ogni social esistente. Einar ci stava male e si sentiva solo come non mai. E probabilmente solo lo era per davvero, ma sapeva di essere lui l'unico responsabile di quell'isolamento e quella solitudine.

Einar non sapeva bene cosa fare ma era stanco di starsene con le mani in mano: non pretendeva certo di piacere a tutti, ma sapeva benissimo che esistono modi e modi per esprimere un gusto o una preferenza del tutto personali, non era assolutamente necessario che le persone arrivassero a sfornare simili cattiverie per fargli sapere che - fondamentalmente - la sua musica faceva loro schifo.
Non aveva molti mezzi né molte idee, e pensò che la cosa più semplice che potesse fare e che al tempo stesso raggiungesse un numero considerevole di persone era scrivere qualcosa attraverso le storie di instagram.

Prese il telefono e si buttò sul letto, cercando di focalizzare poche ma semplici parole che gli permettessero di dire in maniera chiara quello che era stanco di portarsi dentro: occhi al soffitto e mente vagante si ritrovò a pensare a come tutto era cominciato, al programma, alla persone che gli aveva portato e che lui non era stato capace di tenersi stretto, al suo primo album, alla gioia sconfinata che provava ogni volta che si trovava sul palco, in bilico perenne tra la voglia di spiccare il volo e la paura di cadere. Scrisse.

'Non credo sia vero che le parole sono solo parole. Io per primo non sono bravo a maneggiarle e non molto tempo fa ho preso una decisione enormemente sbagliata solo perché - in fin dei conti - la banale verità è che non so gestirle. Le parole mi espongono troppo e io ho sempre avuto paura di espormi: ho avuto paura per tutta la durata del programma, ho avuto paura dal primo giorno di casting fino alla sera della finale. Ma non mi sono mai preoccupato di questo: sono fatto così e non posso cambiare, e sono fiero di aver lottato e di essermi messo in discussione per quello che tuttora considero il mio sogno più grande. Purtroppo quest'esposizione mi ha portato anche ciò che più temevo, e cioè una serie infinita di insulti. Non pretendo che a tutti piaccia la mia musica né che piaccia io come persona, ma le parole hanno un peso. Scrivete una cosa qualunque su un social e il secondo dopo ve ne siete già dimenticati, ma se scrivete qualcosa in maniera sgarbata quella cosa lì potrebbe anche fare male a qualcuno. Pensateci. Non sono mai stato tecnicamente il più bravo in mezzo ai miei compagni di talent, sono sempre stato il più imperfetto e l'ho sempre saputo, però sto lavorando per realizzare il mio sogno, come sono certo che ognuno di voi stia facendo con il proprio. In bocca al lupo a tutti, scusate per lo sfogo ma oggi faceva un po' più male del solito.'

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