Awakening

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È mattino: i timidi raggi solari riescono appena a filtrare attraverso le finestre, coperte da un manto di stoffa scuro quanto le tenebre che si prospettano all'interno della camera.
Solo il tenue chiarore di una candela guizza appena, aprendo sinistri fazzoletti di luce e ombra sulle figure vicine.
Un rumore, un lieve bisbiglio quasi, irrompe nella quiete di quella mite mattina e gli occhi azzurro cielo - ancora assonnati dopo quelle interminabili ore di sonno - guizzano nel buio, cercando un volto, un profilo che non avrebbero voluto cessare di ammirare nemmeno quando questi si sarebbero chiusi per sempre - vitrei, incavati, freddi come il vento che fustiga gli alberi al di fuori del covo dell'organizzazione.
Adesso il suo guardo è vispo, pronto a cogliere qualsiasi minimo particolare, qualsiasi minimo movimento in quel volto oramai avvezzo allo sguardo altrui.
Il suo sorriso - quello del nukenin di Iwagakure, così spensierato, così sfrontato e ammaliante insieme - si tende per il rimirare di cotanta magnificenza e bellezza.
Akasuna no Sasori: meglio di quanto avrebbe mai potuto sperare - meglio addirittura di quanto pensasse di meritare.
Averlo lì dinnanzi ai suoi occhi, poterne lambire la pelle fredda come il marmo con le labbra - quelle labbra turgide, sempre colme di fiumi e fiumi di parole, ma mai abbastanza taglienti, calde quanto il sole stesso - , poterne assaporare ogni singolo lembo, non fa altro che fargliene desiderare ancora, oltre ogni aspettativa.
Egli, l'artista di Iwa, comprende che se solo quello bastasse, rinuncerebbe a ogni suo obiettivo, a quella stessa nobilitazione che tanto ha acclamato, pur di rivivere quella notte ancora infinite volte, pur di rendersi eternità insieme a lui.
E si rende conto che, se solo avesse continuato a riversare ogni singola goccia della propria anima in lui, sarebbe diventato realmente parte della sua vita, avrebbe rivisto in se stesso colui che amava ancor di più della propria intera esistenza - ancor si più della propria arte, persino.
Eppure, non manca molto oramai, Deidara ne è consapevole: anche solo esser lambito dalle sue dita troppo fredde ha il potere di congelargli il respiro nel petto.
E quando scorge i suoi occhi oramai aperti fissarlo con la stessa intensità che i propri riservavano al suo viso, solo quando il rosso del tramonto e il blu cielo - sgombro adesso da ogni singola nube - si sfiorano, sono anche le loro labbra a incontrarsi appena, il respiro celato e le ciglia calate su quella scena di immane bellezza.
«Buongiorno, Deidara.»
La sua voce bassa, sempre inalterabile, calda quanto basta - per lui e lui soltanto. Adora sentire come suona il suo nome pronunciato dal ragazzo che, in quel momento, sta steso al suo fianco in quel letto grande abbastanza per ospitarli entrambi; adora le diverse sfaccettature che ogni singola lettera assume, le diverse sensazioni che ogni singolo fonema gli fa sentire quando è lui a chiamarlo.
Ed è un altro sorriso - più sincero del primo, smagliante, a tratti anche puerile - a increspargli il viso, a gettare un'aria nuova a quel volto oltremodo bello e fanciullesco.
«Buongiorno anche a te, danna.»
Le dita del biondo si muovono appena verso l'alto, verso quei capelli color porpora che aveva tanto agognato di poter toccare. Si insinuano tra di essi appena, li carezzano, adesso che hanno ottenuto un tacito lasciapassare.
«Hai fatto una buona dormita?». Le parole del nukenin di Suna, soffiate appena, sgorgano lente e rimangono sospese nell'aria, non ascoltate, non risposte, mentre imperterrite le sue labbra si avvicinano ancora una volta a quelle di Deidara.
Ed è la lingua del rosso a farsi strada, cercando un contatto taciuto forse per troppo tempo dietro una maschera di voluta indifferenza, sono i denti a mordere ed arrossare quella pelle, quel corpo che Sasori più volte ha cercato di ignorare.
Non sente più nulla Deidara, non vuole sentire più nulla.
Gli basta restare per qualche ora ancora lì, stretto tra le braccia del suo amore, la testa affondata nel suo petto e gli occhi appena socchiusi per assaporare quel momento, perché sa di dover recitare ancora una volta, varcata la soglia di quella camera, sa di dover arginare quei sentimenti che gli fanno martellare incessantemente il cuore.
E se solo Sasori gli avesse nuovamente posto la domanda precedente, Deidara avrebbe risposto che, di certo, al sonno era stato meglio il risveglio.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 04, 2014 ⏰

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