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Non ce l'ha fatta.
È scappato dalla realtà, di nuovo.
Con tre parole quel ragazzo ha distrutto il suo rifugio.


Gli piace giocare a calcio con suo padre.
Passano tanto tempo insieme in giardino,
lui aspetta il fine settimana solo per questo motivo, papá lavora lontano da casa.


Lui voleva solo conoscerlo.
"Ciao, Thomas giusto?"
Non voleva fare nulla di male,
ed è questo che lo spaventa.
"Io sono Ethan"
Il sorriso sempre stampato sul volto del ragazzo moro.


Mamma torna a casa piangendo
Perché piangi mamma?


Non gli interessa il suo nome.
Lui deve stargli lontano, tutti devono farlo.
Perché non mi lasciate solo?
Vorrebbe urlarlo.


Papá non torna questo weekend,
non torna più.
Papà è rimasto vittima di un incidente stradale.


Lui non ce l'ha fatta.
Non è fatto per queste cose.
Non possono stravolgergli la vita all'improvviso.
Quel ragazzo non può parlargli
con questa semplicità.
Non può parlargli e basta.


Thomas piange.
Piange per giorni.
Gli manca un pezzo, si sente vuoto.


Ha avuto un altro attacco di panico,
contro ogni promessa fatta.
"Basta stargli lontano" aveva pensato.
Perché non mi stai lontano?


Alle scuole elementari Thomas piange.
Gli altri bambini ridono perché suo papà non va mai a prenderlo e lui risponde con bugie sempre diverse.
Per fortuna c'è Emma.


Ha iniziato a respirare male.
Il cuore gli batte forte.
Sembra che voglia uscire,
proprio come Thomas.
Batte troppo forte,
non pensa di farcela.
È fragile, sembra fatto di vetro, e i ricordi si scagliano addosso a lui come enormi macigni.
Chiude gli occhi.


Alle scuole medie Thomas è triste,
ma non piange più.
Gli altri ragazzini ridono perché passa tutto il tempo libero con sua sorella e le sue amiche,
fa cose da femmine.
Per fortuna ci sono i suoi nuovi migliori amici.


Perché non mi lasci in pace?
Perché non te ne vai?


I suoi amici iniziano a parlargli alle spalle, dicono che è strano.
"Thom sei sempre triste"
Lui li annoia, preferiscono starsene da soli.


Gli gira la testa.
Riapre gli occhi color smeraldo che sembrano improvvisamente più scuri.
Sono neri, vuoti.
Si alza ed esce dalla classe.
Non fa caso alla campanella che ha suonato la fine dell'intervallo, al richiamo del professore, allo sguardo preoccupato e confuso del ragazzo.


Al liceo Thomas non piange.
Thomas non è triste.
Thomas non è... niente.
Lui non sente più niente.


È seduto sul pavimento del bagno e prende il respiro che ha trattenuto a lungo.
Non ce l'ha fatta,
è scappato di nuovo.


Lui non prova piú niente.

















Il ticchettio dell'orologio gli da alla testa.
Continua ad alternare lo sguardo dalla punta del suo piede destro, che non ha mai smesso di battere freneticamente per terra, alle pareti di quell' azzurro scolorito che hanno accompagnato molti pomeriggi della sua vita.

"Raggi"

Solleva lo sguardo e incontra il sorriso di Lara, la sua psicologa.
Non la vedeva da un po' e stava bene così, tornare al suo studio era l'ultimo dei suoi desideri.
Si alza di malavoglia e maledice mentalmente  sua madre per averlo obbligato ad andare.
Tanto non aprirà bocca, come al solito.
"Quanto tempo Thomas"
Alza gli occhi al cielo e sente la porta chiudersi dietro di se.

-

"Tu non sei il tuo passato."

La frase lo tormenta da quando è uscito dallo studio.
Dopo essere tornato a casa ha deciso di uscire a fare due passi, avrebbe fatto di tutto pur di evitare l'interrogatorio di sua madre e un po' d'aria fresca l'avrebbe aiutato a fare ordine tra i suoi pensieri.

Come aveva previsto ha tenuto la bocca chiusa per la maggior parte del tempo, era diventato bravo contro quella manipolatrice, ma lei non si arrendeva facilmente.
Così ha preso parola, non l'avesse mai fatto.

"Tu non sei il tuo passato"

Continua a provare a decifrare quella frase mentre fissa i suoi piedi che strisciano di malavoglia sul marciapiede.
Non ha senso.
Lui è il suo passato, tutti lo sono. Ogni azione ci fa crescere, ci segna, ci fa capire cosa è meglio evitare e lui l'ha capito.
Perché non riescono a capirlo anche le persone che gli stanno intorno?

Perché la gente la sottovaluta?

Perché la gente non la comprende?

Come si spiega la paura di essere felici?

Lui sta bene così, perché la gente non lo accetta per quello che è?

Lui non ci sta male, solo non riesce a spiegarselo.
Dicono che è un pazzo, che lo fa per farsi notare.

"Come fai a non volerti divertire?"
Voi come fate a volerlo fare?

Solo perché "sei giovane,
questi sono gli anni migliori della tua vita"
lui è costretto a non avere problemi, ad essere felice.
No, non significa niente.

Lui non è pazzo, non è noioso, non è negativo, non vuole farsi notare.
Lui ha paura, ha paura e basta.
Non gli importa di cosa pensano gli altri, i suoi amici, la sua famiglia.
Lui ha paura e sta bene a modo suo, anche senza sorridere di continuo.

Riconosce di risultare strano, ma lui non può fare diversamente.
Non si condannerà con le sue stesse mani solo per concedersi un sorriso.
Sta bene anche facendone a meno.

Il suo polso viene stretto da qualcuno e sente un clacson accompagnato da un diversamente dolce li mortacci tua.

Alza lo sguardo e si accorge di aver evitato per un pelo di essere investito.
Se...
Scaccia quel pensiero più veloce che può e sente i brividi.

Si volta per ringraziare la persona che gli ha letteralmente salvato la vita.

Lunghi capelli scuri e un sorriso timido,
Ethan.






















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Ecco il secondo capitolo. È particolarmente intenso, ci sono tante emozioni forti e non è stato facile scriverlo ma eccolo qui.
Spero che vi piaccia, fatemelo sapere con una stellina o un commento!
🌻🌻🌻

/,kɛrofoˈbia/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora