"David muoviti, siamo in ritardo!" disse un ragazzo con tono scocciato. Questi era sull'uscio del suo appartamento, già vestito e pronto per andarsene, mentre, pazientemente, continuava a chiamare il suo migliore amico, sperando che si sbrigasse ad arrivare.
"Arrivo Jude, arrivo! Sono pronto!" esclamò un altro ragazzo, uscendo fuori dalla porta del bagno ed andando incontro all'amico frettolosamente.
"Sbrigati, siamo già in ritardo di un quarto d'ora." gli rispose lui, uscendo dalla porta. L'altro lo seguì, guardando però prima l'orologio appeso sulla parete della sala; sgranò gli occhi, incredulo.
"Ma cosa stai dicendo? Siamo in anticipo di dieci minuti!"
"Esci da quella porta per favore, che devo chiudere a chiave." fu tutto quello che l'altro si sentì dire. L'amico restò interdetto, ma fece come ordinatogli. Quando la porta dell'appartamento fu chiusa a chiave, i due si avviarono per le scale, scendendo fino alla porta principale del condominio e incamminandosi per strada. La giornata si presentava come solare e luminosa, forse solo un po' troppo fredda per il clima di metà giugno.
"Si può sapere perchè siamo usciti così presto? Non ce n'era bisogno! Eh Jude?" chiese l'amico, ancora confuso, all'altro.
"Semplicemente perchè è meglio essere in anticipo che in ritardo, e la strada si percorre in quindici minuti. Inoltre, conoscendo il ritardo cronico di Mark per qualsiasi cosa che non sia il calcio, ci toccherà aspettare almeno altri dieci minuti prima che arrivi." concluse lui, con nonchalance.
Colui che aveva parlato era Jude Sharp, diciannove anni, neo-studente universitario di fisica: portava i rasta legati in un piccolo chignon, con il resto di essi sciolti, lasciati cadere dietro le spalle. Possedeva degli occhi rossi fuori dal comune, ma li copriva con degli occhialini; lo faceva sin da quando era piccolo, e ormai l'abitudine era tale da non potersene più separare.
"...amico, penso che a volte dovresti prendere la vita come viene, senza troppe organizzazioni." gli rispose l'altro, frattanto che nascondeva le mani nelle tasche dei jeans.
Il ragazzo in questione si chiamava David Samford, diciotto anni, ex-maturando: i suoi capelli erano azzurri chiaro -naturali, strano a dirsi-, in contrasto con gli occhi, i quali erano di un arancione acceso, tendente alla sua sfumatura più scura. Era solito coprire l'occhio destro con una benda. Lo nascondeva perché, a causa di una malattia genetica, la sua sclera destra era nera fin dalla nascita; avrebbe destato disagio nelle persone, se l'avessero vista.
Continuarono a camminare, parlando del più e del meno o a volte stando semplicemente in silenzio, accompagnati dal brusio di sottofondo delle persone attorno a loro e da qualche macchina che passava. Arrivati al luogo dell'appuntamento, come predetto da Jude, aspettarono circa dieci minuti prima di vedere una chioma castana ed una fascia arancione correre verso di loro, mentre agitava un braccio nella loro direzione.
"Hey Jude! Hey David! Eccovi qua!" esclamò lui, per poi fermare la sua corsa una volta raggiunti i ragazzi, riprendendo fiato.
"Hey Mark." lo salutò David, sorridendo.
"Ciao Mark. Sei in ritardo." lo rimproverò Jude. Il castano portò una mano dietro la nuca, imbarazzato, sorridendo solare.
"Scusatemi! Stavo finendo di dare le direttive ai ragazzi e non mi sono accorto dell'orario!" disse ridacchiando. Mark Evans, così si chiamava, aveva diciannove anni ed era l'allenatore della nuova squadra di calcio giapponese, favorita per andare ai campionati nazionali. Era l'ex capitano e compagno di squadra dei due amici, coi quali si sentiva spesso.
"E pensare che l'ho fissato io questo incontro! Sono proprio sbadato!," esclamò ridendo "Grazie per essere venuti comunque, tutti e due." concluse, con un sorriso stampato in faccia.
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Animalia
Fanfiction//Inazuma Eleven Au// In una terra lontana, in un'isola circondata dalle acque, vive un popolo misterioso, di cui si conosce poco o niente. Esso non è come noi: vive a stretto contatto con la natura, ma non in modo rozzo o volgare, come potremmo com...