『 𝔣𝔦𝔯𝔢 』

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Il rumore dell'accendino che veniva acceso era l'unico suono che, oltre al ticchettio dell'orologio, si sentiva in quella buia stanza.
Ariana portava il dito su e giù sopra la rotella che generava una piccola fiamma.
Acceso, spento, acceso, spento.

Con quale coraggio l'avrebbe fatto di nuovo? Era una ragazza giovane, poteva ricrearsi una vita da capo lasciandosi tutto alle spalle.
No. Lei non voleva dimenticare.

Quelle fitte lancinanti nel petto le facevano salire una certa rabbia. Le avevano preso ciò che le era più caro e non solo, aveva perso tutto. L'unica cosa che avrebbe potuto tenere per se e dare al momento giusto a chi l'avrebbe trattata con cura, a chi la amava veramente.

Stronzate, per lei ormai  l'amore non esisteva.
Era come una fiaba per bambini, un modo per convincerli che si possa fare del bene e camuffare la crudele realtà, la cattiveria umana.
È nella natura dell'essere umano, è l'unica cosa di cui l'uomo è veramente composto.

E lei ci aveva sempre creduto, nell'amore. Pensava che fosse una cosa vera, un'emozione forte che portava a fare del bene. Ma si sbagliava.
Le immagini dell'accaduto si ripeterono per l'ennesima volta nella sua testa e ancora una volta provò la sensazione di una lama trafiggerle il petto e un masso schiacciarle il cuore.

Perché a lei? La piccola e povera Ariana aveva una vita normale prima di tutto questo, aveva la possibilità di andare all'università e continuare i suoi studi in biologia marina eppure il destino le aveva riservato una brutta sorpresa. A dire il vero non se lo meritava, era sempre stata una brava ragazza, aveva sempre creduto nelle buone azioni e tutti la consideravano con un grande cuore.

Tutto tempo sprecato, Ariana si malediceva sempre per aver creduto a tali sciocchezze.

In preda ad un attacco di rabbia affondò le unghie nella pelle del suo braccio destro fino a graffiarsi e farsi male. Non ne voleva più sapere, non voleva più vivere con quel peso sul cuore. Prese la tanica di benzina e se la versò sulla vecchia t-shirt dei guns n roses di suo padre fino ad esserne completamente zuppa. Svogliatamente passò per tutta la stanza spargendo benzina ovunque e lanciò via il contenitore ormai vuoto.

L'odore della benzina le pizzicava le narici e le faceva lacrimare leggermente gli occhi, era una sensazione nuova per lei dato che le altre volte aveva provato a farla finita in altri modi.

Si sentiva persa, ormai la vita era diventata un peso e tutte quelle medicine e antidepressivi che le rifilavano i suoi genitori erano inutili, lei non era depressa, voleva solamente smettere di andare avanti con la sua inutile vita.

Ariana si sedette sul letto bagnandone tutte le coperte con quel liquido di cui si era cosparsa vestiti.
Sospirò e pensò un'ultima volta al suo aggressore, tanto per essere sicura che non fosse un sogno.
Il suo sguardo le apparve nella mente facendole tremare le mani e per poco non fece cadere l'accendino che fino a un attimo prima teneva ben saldo nella mano destra.

Fissò il contenitore rosso come il fuoco, che le avrebbe permesso di finire ciò che colui che non voleva nominare aveva iniziato.

Con uno scatto fece ruotare la rotella posta sopra di esso e una piccola fiammella si creò illuminando di poco a faccia stanca e trasandata della piccola Ariana.

Prese un asciugamano e lo appoggiò sulla fiamma che lentamente iniziò ad ingrandirsi.
Quando tutto il tessuto prese fuoco, Ariana lo lanciò al centro della stanza scatenando un esplosione calda di fiamme colorate che riscaldò il suo piccolo corpicino.

Il fuoco iniziò a propagarsi per tutta la stanza bruciando qualsiasi cosa sulla quale era finita della benzina e Ariana non fece altro che ridere, rise ad alta voce facendo tremare le sue corde vocali.
Il calore la avvolse facendole provare una sensazione di piacevole conforto, intorno a se vide solo oggetti che fino a poco tempo prima le erano cari, bruciare.

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