『 𝔪𝔢𝔱 𝔶𝔬𝔲 』

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"Justin, facciamo qualcosa di divertente."

Lo sguardo divertito del mio amico Jackson mi rallegrò il cuore, aveva appena rotto con la sua ragazza e la sua vena divertente era scomparsa per qualche giorno. Era frustrante vedere il ragazzo più pazzo che conoscessi così spento.

Gli sorrisi e non trovando la forza di contraddirlo annuii.

"Che ne dici di andare ad un party?"

Chiese già fremendo all'idea di trovare qualche bella ragazza per rimpiazzare la sua ex. Per quanto quest'idea mi piacesse non sarei potuto andare, il giorno dopo sarei dovuto essere presentabile e lucido.

"Non posso, domani inizio a lavorare."

"Giusto, mi ero dimenticato che i tuoi ti hanno vietato di usare i loro soldi."

Già, mi avevano tagliato i fondi perchè accidentalmente avevo rotto il paraurti della mia nuova Porche. Infondo era solo un auto, perché arrabbiarsi così tanto?
Per fortuna sarebbe stato solo un tirocinio e non avrei avuto problemi con psicopatici e cose del genere.

"Dove andrai a lavorare?"

"Al centro psichiatrico di Tokyo, nonostante non sia molto lontano da qui ho affittato l'alloggio dentro alla clinica così da non dover fare troppi spostamenti."

Jackson annuì e si lasciò cadere a peso morto sul letto, prese in mano il cellulare e iniziò a scrollare velocemente la home page di instagram.

Improvvisamente si mise a sedere e mi guardò come illuminato da una nuova luce.

"Justin ho un idea! Vestiti che andiamo a prendere gli altri della compagnia."

Esclamò entusiasto. Ero abbastanza spaventato da questa sua idea improvvisa ma avevo paura di ferirlo, di essere l'ennesima persona a fargli del male. Non riuscivo mai a sopportare il pensiero di poter far male a qualcuno, mi faceva diventare pazzo solo l'idea di poter essere la causa del dolore altrui.

Mi alzai e presi dall'armadio una semplice maglietta a maniche corte beige e dei pantaloncini neri. Faceva davvero caldo per essere un giorno di settembre. Non mi presi la briga di pettinarmi e nemmeno di mettermi il profumo, corsi fuori casa seguendo il mio amico verso la sua Range Rover rosso fuoco e saltai sui sedili posteriori.

Dopo mezz'ora di strada con tutti i ragazzi in macchina che urlavano a squarcia gola ogni singolo verso delle canzoni del momento iniziò a farmi davvero male la testa.

Non riuscivo a sopportare tutto quel rumore, mi faceva esplodere le orecchie. Strinsi forte i pugni, non volevo sembrare pazzo agli occhi dei miei amici, non volevo rovinare tutto ancora una volta.

Non resistetti più e la rabbia prese il controllo del mio corpo sconnettendo il mio cervello. Tirai un calcio a sedile di fronte a me facendo sobbalzare Jackson. Non mi controllavo più, non ero io a comando del mio corpo ma la rabbia che aveva preso il sopravvento iniziando a ribollirmi nelle vene.

Come sempre gliela diedi vinta e iniziai a smettere di pensare alle conseguenze di ciò che stavo facendo. Sapevo che una volta ripreso il controllo mi sarei pentito di tutto.

"Jackson dimmi immediatamente dove stiamo andando, non reggo più di cinque minuti con questi qui che urlano. Mi stanno scoppiando le orecchie, vedete di tacere ignoranti."

Attirai gli occhi di tutti che mi guardarono sbalorditi per le parole appena uscite dalla mia bocca. Sbuffai e sperai con tutto me stesso che il mio amico non mi rispondesse scazzato o sarebbe stata la fine.

"Tranquillo Justin, siamo arrivati."

Sospirai, Jackson sapeva dei miei attacchi di rabbia improvvisi ed era l'unico a conoscere come trattarmi in certi casi. Soffrivo di queste piccole crisi fin da piccolo e con il tempo imparai a controllarle almeno un minimo.
Poi arrivò quella dannata estate.

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