Capitolo Diciotto

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Quando mi alzo la mattina seguente, sto peggio di quando ero andata a dormire. Ho bisogno di zuccheri. Scendo le scale e mio padre sta sorseggiando il caffè leggendo il giornale.
«Ciao.», mi saluta senza staccare gli occhi da quello che sta leggendo.
«Ciao papà.», lo bacio sulla guancia e apro il frigo.
«C'è del caffè anche per te se vuoi.», m’informa.
«Non mi va. Ho voglia di qualcosa di dolce.», dico prendendo una confezione di succo alla pesca e versandomene un bicchiere.
«Tieni allora.», mi passa un sacchetto con delle brioche fresche. Proprio quello di cui avevo bisogno.
Ne mangio due. Non ricordo nemmeno l'ultima volta che ho messo qualcosa nello stomaco.
«Vado a sedermi in giardino.», mi porto fuori le brioche e il cartone di succo.
Mi siedo sulla poltrona di vimini e chiudo gli occhi respirando l'aria fresca della mattina. Penso di essere rimasta nella stessa posizione per un paio di ore, ho le gambe indolenzite. Devo per forza sgranchirmi un po'. Non mi vesto nemmeno, non m’importa se la gente mi vede in pigiama. È l'ultimo dei miei problemi.
Esco dal cancello e, quando sono davanti alla casa di Marco, le mie nipotine mi vengono incontro.
«Zia Emma! Zia Emma!», urlano in coro.
«Ciao piccoline.».
«Questa è per te.», dice Elisa passandomi una rosa rossa.
Devo aver smesso di respirare. Mi baciano entrambe sulla guancia e corrono in casa.
Rimango lì sola sul marciapiede con la rosa in mano. C'è un biglietto attaccato. Lo apro con mani tremanti.
 
Che cosa ci fai qui? Questo non è il tuo posto.
 
Lo fisso confusa. Che cosa vorrebbe dire?
«Il tuo posto è con me.», esclama una voce alle mie spalle.
Non può essere davvero qui, non può essere davvero lui. Il cuore comincia a battermi all’impazzata e ho come la sensazione che tra poco mi sfonderà il petto.
Mi giro e Nicholas mi sta fissando con le mani in tasca.
«Sei bellissima anche in pigiama.», viene verso di me.
«E con la bocca sporca.», aggiunge con un sorriso.
Mi pulisce l'angolo della bocca con il pollice. Mi sento avvampare dalla testa ai piedi.
«Come facevi a sapere dov'ero?», balbetto frastornata.
«Enrico mi ha detto che te ne eri andata. Mattia mi ha detto dove trovarti.», si stringe nelle spalle.
Io li strozzo entrambi.
«Perché te ne sei andata?», chiede sfiorandomi la mano.
«Non volevo rischiare di vederti con lei. Mi fa troppo male.», rispondo chiudendo gli occhi e deglutendo a fatica.
«Lei non è nessuno, credimi. Continui a ripetere che vuoi che io sia felice con lei. Perché? No, lascia stare, non voglio saperlo. Non voglio che sia la protagonista del nostro discorso, non c’entra niente. Io, però, non sopportavo che lui ti ronzasse intorno in quel modo. Abbiamo fatto una bella chiacchierata ieri sera.».
Elena non c’entra niente? Io non ci giurerei, ma sorvolo sulla questione.
«E di cosa avreste parlato?».
«Di te.».
Domanda stupida.
«Vi sarete annoiati da morire allora.», azzardo cercando di sorridere.
«Direi che non ci siamo annoiati per niente.».
«Che cosa vuoi Nicholas? Perché sei qui?», gli chiedo tornando con i piedi per terra.
«Vorrei che venissi con me Emma.».
«Venire dove?», sono piuttosto confusa. Dove vorrebbe portarmi ora?
«A Livorno.», risponde prendendomi la mano e accarezzandone dolcemente il dorso.
«E perché mai dovrei venire con te a Livorno?».
Non ha senso percorrere tutti quei chilometri solo per parlare.
«Perché è lì che è cominciato tutto.».
«Cominciato cosa?». Mi sta confondendo, la testa mi scoppia e non sto capendo niente di questo discorso. Mi sembra di essere dentro a una bolla di sapone, un piccolo tocco e scoppierò.
«È giusto che tu abbia molte domande, prometto che risponderò a tutte quando saremo lì.», mi bacia la guancia che sta andando a fuoco.
«Ti prego Emma.», mi supplica.
«Okay.», farfuglio.
«Ti cambi o vieni vestita così?», chiede regalandomi il suo meraviglioso sorriso che mi è mancato da morire.
«Pensavo di mettermi gli zoccoli di mio papà e abbinarli con questo pigiama all'ultima moda.», rispondo ruotando su me stessa per farmi ammirare.
«Se a te va bene.», commenta ridendo.
«Meglio di no. Ti va di conoscere i miei genitori?», mi guardo le punte dei piedi, in completo imbarazzo.
«Ne sarei onorato.», intreccia le sue dita alle mie e cerca il mio sguardo.
Il cuore mi batte all'impazzata e credo che anche lui riesca a sentirlo. Mi sfiora le labbra con le sue e mi sembra di toccare il cielo con un dito, mi mancava essere baciata da lui.
I miei sono seduti sotto il gazebo, stanno entrambi leggendo delle riviste e non ci sentono arrivare. Nicholas è in fianco a me e tiene una mano sulla mia schiena. Quando si accorgono di noi, rimangono sorpresi.
«Mamma, papà, lui è Nicholas.», sto arrossendo notevolmente.
Mio padre lo guarda confuso, non sembra per niente felice di conoscerlo. Mia madre l'aveva già visto al supermercato, ma le presentazioni non erano mai state fatte.
«È un piacere conoscervi.», dice lui cortesemente con un sorriso sincero stampato in viso.
Che silenzio imbarazzante.
«Scusa, pensavo sarebbe andata meglio.», sussurro nel panico più totale.
«La farai soffrire di nuovo?», chiede mio padre a un tratto.
«Non accadrà mai più, glielo prometto. Non ho alcuna intenzione di far soffrire nuovamente Emma, ho già combinato abbastanza pasticci.», ammette.
«Sarà meglio per te.», lo minaccia poco velatamente.
«Papà!», lo ammonisco.
«Che c'è?», sbotta agitando le mani davanti a sé.
«Ti sembra il modo di rispondere?».
«Non ti voglio più vedere nello stato in cui eri ieri quando sei arrivata.», si giustifica alzandosi dalla poltrona di vimini. «Voglio assicurarmi che la mia bambina stia bene.».
«Starò bene papà.», tuono esasperata.
«L'hai già detto altre volte e guarda com’è andata a finire.», cammina su e giù gesticolando come un pazzo.
«Bepi, stai calmo.», lo prega mia madre preoccupata.
«Prometto che mi prenderò cura di Emma, se lei me lo permetterà. Tengo davvero molto a sua figlia.», gli dice Nicholas.
«Non voglio più vederla tornare a casa in lacrime.», sembra rivolgersi più a se stesso che a Nicholas.
Lo abbraccio forte.
«Prometto che non succederà più papà, non permetterò più a nessuno di farmi del male. Fidati di me.», mormoro al suo orecchio.
«Mi fido di te.», borbotta. «Non mi fido di lui.».
«Lo so, provaci, ti prego. Vado a cambiarmi. Vedete di non litigare mentre sono via.», li indico tutti con il dito.
Salgo le scale di corsa, non voglio lasciarli soli troppo a lungo. Immagino già la scena da film dell'orrore con sangue ovunque. Scaccio quell'immagine dalla testa. Mi metto la prima cosa che trovo in una delle borse: il vestito che indossavo al mio compleanno. Prendo con me dei ricambi e lo spazzolino, stavolta non mi trova impreparata. In tutto ci metto quindici minuti, spero non siano stati troppi.
«Eccomi.», li raggiungo sotto il gazebo.
Nicholas mi guarda sorridendo.
«Ha detto che ti porta a Livorno.», m’informa mia madre. «State attenti, mi raccomando.».
«Certo mamma.», la rassicuro avvolgendola in un abbraccio.
«Promesso?», mormora mio padre all'orecchio.
Annuisco.
«Vai allora e non fare sciocchezze.».
Quando saliamo in macchina, comincio a essere di nuovo nervosa. Respiro a fondo e cerco di calmarmi.
«Stai bene?», mi chiede accigliato.
«Sto solo cercando di controllare l'ansia.», dico chiudendo gli occhi e prendendo dei respiri profondi.
«Se non te la senti, possiamo rimanere qui.».
«Tu parti, poi mi passa.», abbozzo un sorriso.
Almeno lo spero tanto. Sto ancora cercando di dare un senso alla scelta di andare a Livorno? Di sicuro ne ha per lui, sennò dubito l'avrebbe mai fatto.
Parliamo poco durante il viaggio. Avrei rischiato di riempirlo di domande e mi ha già detto che avrebbe risposto solo al nostro arrivo. È un viaggio interminabile e la mia ansia non è passata un granché. Ci fermiamo un paio di volte durante il viaggio per mangiare e andare al bagno.
Quando arriviamo, mi viene voglia di baciare il suolo. Credevo non saremmo più arrivati.
Ora, però, voglio sapere.
«Perché qui a Livorno?», gli chiedo quando sta per aprire il portone del palazzo.
Mi sorride e mi prende per mano. Mi accompagna per le scale e apre la porta dell'appartamento. Mi fa segno di entrare, ma non dice niente.
Quando varco la soglia, ci sono rose rosse sparpagliate ovunque, ognuna con un bigliettino attaccato. Rimango a fissarle come una stupida.
«Perché Livorno? Perché è qui che mi sono innamorato di te.».
Ho sentito davvero bene? Mi giro e lo guardo negli occhi. Non è tutto un sogno, vero?
«È qui che ho dormito al tuo fianco per la prima volta, è qui che ti ho dato il primo bacio, è qui che mi sono reso conto che era qualcosa di più di una semplice attrazione.».
Mi attira a sé e mi accarezza il viso con il dorso della mano, le mie gambe fanno fatica a sorreggermi.
«Ogni rosa ha un biglietto attaccato. Devi leggerli tutti per scoprire il contenuto di quello finale che ho qui io.», mi mostra una rosa rossa che ha tra le dita. «Te la senti?».
«Mi ci vorrà una vita!», sbotto guardandomi in giro, sono davvero tantissimi.
«Mettici tutto il tempo che vuoi. È la mia nuova classifica, se ti stessi chiedendo cosa ci possa essere scritto.», mi spiega.
In effetti, me lo stavo chiedendo. Come ha potuto organizzare tutto questo se non si è mai allontanato da casa per via del funerale della nonna? Prima o poi lo scoprirò.
«Leggili a voce alta se ti va.», mi dice con un sorriso, annusando la rosa che ha in mano.
Ne afferro uno a caso sopra al tavolo.
«Amo il tuo sorriso.», lo guardo con la fronte aggrottata.
«Quando sorridi, ti si formano delle fossette agli angoli della bocca che ti rendono incredibilmente sexy.».
Mi sento avvampare e il calore mi arriva fino alle punte delle orecchie. Prendo un altro biglietto.
«Amo quella piccola voglia che hai dietro l'orecchio destro.».
Metto una mano lì dove dovrebbe essere, stupita.
«Come hai fatto ad averla notata?», chiedo incredula.
«Conosco ogni centimetro del tuo corpo.», risponde facendomi arrossire ancora di più.
«Nessuno si era mai accorto di quella voglia.», commento con un filo di voce.
«Quindi nessuno ti ha mai fatto notare che, se la guardi bene, sembra un piccolo cuore?», mi sorride.
Scuoto la testa.
«Sono felice di essere stato io il primo a farlo e spero di essere anche l’ultimo. Aprine un altro.», mi sprona.
Mi stanno venendo le scalmane, tutta quest’attesa mi sta uccidendo. Afferro una rosa dal divano e apro il biglietto.
«Amo guardarti dormire.», mi gratto la fronte, nervosa.
«Ti ho osservato dormire per ore, senza mai stancarmi. Fai dei rumorini con la bocca, non so se ne fossi a conoscenza.».
Scuoto di nuovo la testa, non riesco più a formulare niente di sensato, il mio cervello è completamente nel pallone.
«Quando ti sposto i capelli dagli occhi, tu accenni un sorriso e ti stringi forte a me, come se avessi paura di perdermi. Lo fai inconsciamente, senza nemmeno svegliarti. Credo di essermi innamorato di te la prima volta che è capitato.», ammette guardandomi dritto negli occhi.
Distolgo lo sguardo e prendo un altro biglietto, stavolta accanto alla finestra.
«Ottima scelta.», esclama con un sorriso stupendo.
«È banale se dico che amo tutto di te?», leggo con voce tremante, bloccandomi sull’ultima parte del messaggio.
Vieni subito qui e baciami. Non riesco più a stare così lontano da te!
Mi viene da piangere, gli occhi pizzicano e le lacrime vorrebbero scendere, ma le ricaccio indietro.
«Che cosa stai aspettando?», domanda in ansia.
«Voglio leggere l'ultimo biglietto prima.», allungo la mano per farmelo passare.
«Vieni a prenderlo.», lo sventola in aria.
Mi avvicino a lui e mi mette una mano su un fianco, attirandomi a sé. Mi mette il biglietto sotto il naso e glielo strappo di mano. Lo apro e non c'è scritto niente, completamente bianco. Lo guardo inarcando un sopracciglio. Non mi starà mica prendendo in giro?
«Volevo dirti di persona quello che dovrebbe esserci scritto.», mi bacia vicino alla bocca.
«E cosa dovrebbe esserci scritto?», ripeto con voce fievole, completamente stordita.
Mi guarda in un modo strano, mi tremano le gambe e il cuore sta battendo ogni record di battiti al secondo.
«Ti amo Emma, ti amo più della mia stessa vita.», sussurra stringendomi ancora più forte tra le sue braccia.
La sua bocca è così vicina alla mia, che sento il suo respiro accelerare, riesco a sentire il battito del suo cuore.
«Sei in ritardo.», gli faccio notare senza staccare gli occhi dalla sua bocca.
«Scusami, non era mia intenzione.», sfiora le mie labbra con le sue.
«Sei scusato.», azzero la poca distanza e approfondisco il bacio.
«Mi sei mancata da morire amore mio.», mi prende in braccio e mi porta in camera.
Facciamo l'amore a lungo, lentamente, godendoci ogni istante. È stato straordinario, molto meglio delle scorse volte.
«Ti amo Nicholas.», dico baciandogli la punta del naso.
Lui è ancora sopra di me e mi accarezza il viso con dolcezza.
«Ti amo anch'io e non mi stancherò mai di dirtelo. Ti amo, ti amo, ti amo.», mi bacia avidamente, come se non potesse mai averne abbastanza di me.
Rimaniamo stretti l'uno all'altra per non so quanto tempo, la mia testa è appoggiata al suo petto e gioca con una ciocca dei miei capelli.
«Vieni a vivere con me Emma.», sono le prime parole pronunciate dopo attimi di silenzio.
Mi alzo su un gomito per guardarlo in volto.
«Voglio addormentarmi al tuo fianco ogni sera e svegliarmi tutte le mattine con il tuo sorriso. Ti voglio nella mia vita. Voglio condividere tutto con te.».
Mi ha davvero chiesto di andare a vivere con lui? È impazzito o cosa?
«Non voglio più stare senza di te Emma.».
Nemmeno io voglio vivere senza di lui, ma mi sembra un po’ presto per parlare di convivenza e poi deve farsi perdonare un sacco di cose. Non può avere tutto quello che vuole quando lo desidera, deve sudare un po’ anche lui.
«Prometto che ci penserò su.», gli concedo alla fine.
«Vuol dire molto per me, prenditi tutto il tempo che vuoi per decidere. La mia proposta rimarrà invariata a tempo indeterminato.», mi sorride felice.
«Posso farti una domanda?», gli chiedo.
«Certo.».
«Che fine hai fatto fare a Elena?».
Questo dubbio mi assilla da un po’, ma non avevo ancora avuto il coraggio di chiederglielo, forse perché avevo paura della risposta che avrebbe potuto darmi.
Lui ride e risponde: «Meglio che tu non lo sappia, sennò dovrei ucciderti!».
«Scemo!», gli do un pugno sul braccio. «Ma ti amo lo stesso.».
Mi abbandono nuovamente con la testa sul suo petto, lui mi accarezza un braccio con i polpastrelli.
«Saresti venuto al parco?», domando dopo un po'.
«Non sarei mancato per nulla al mondo.», mi solleva il mento con due dita perché io possa guardarlo negli occhi. «Non avrei mai voluto farti soffrire ancora Emma…».
Lo zittisco appoggiandogli un dito sulle labbra.
«Non fa niente, è tutto passato.», lo rassicuro.
Gli poso un lieve bacio sulla bocca.
«Posso farti una domanda io?», chiede dopo un attimo di esitazione.
«Tutto quello che vuoi.», gli dico con un sorriso.
«Mi avresti aspettato, se non fossi stato pronto?».
I suoi occhi tradiscono il nervosismo, l’ansia, la paura di una risposta poco piacevole. Io, però, sono sicura di quello che devo dirgli.
Faccio finta di pensarci un attimo e poi rispondo: «Ti avrei aspettato tutta la vita.».
 

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