Si sentiva quando entrava il gruppo di Kim Namjoon, a scuola, perché perfino l'aria sembrava immobilizzarsi, impaurita, in attesa che quei cinque ragazzi, che avevano il potere di aprirsi un varco tra gli studenti che, pur di non intralciarli, si appiattivano contro gli armadietti o i muri, passassero e, solo una volta sulla loro scia, tutto tornava alla normalità.
Loro non badavano più di tanto a questo rituale, ogni tanto ridacchiavano nel vedere qualche studente di prima impallidire e tremare, ma i loro occhi non cercavano nessuno in particolare, perché era nelle aule, nei bagni, nelle palestre che facevano valere la loro supremazia. Tutti tranne Park Jimin; il suo sguardo cercava sempre quello di uno studente dell'ultimo anno che, per colpa sua, era diventato la loro preda preferita, e ogni volta che non lo trovava al primo tentativo, provava sentimenti contrastanti: una terribile paura che Min Yoongi avesse fatto qualcosa di stupido, ed una rabbia verso se stesso, perché ormai di quello sfigato non doveva importargli più nulla.
Non si erano conosciuti a scuola, no. A scuola era vietato avvicinarsi a quel ragazzo, a meno che non si volesse essere picchiati quanto e forse più di lui. Yoongi era comunque stata la prima persona che Jimin, trasferitosi da Busan, avesse conosciuto. Nel negozio di musica vicino a casa sua, quella casa che dopo tre anni ancora gli sembrava estranea, e Yoongi era solo un ragazzo malinconico che suonava stramaledettamene bene il pianoforte. Gli era sembrato così bello e misterioso, fin dal primo istante.
E forse misterioso lo sarebbe rimasto, almeno agli occhi di tutta la scuola, se Jimin, alla ricerca di un modo disperato per entrare nelle grazie di Namjoon, non avesse spifferato a quest'ultimo tutti i segreti che il maggiore gli aveva confidato.
Ed era proprio da lui che il capo di quel piccolo gruppetto si stava dirigendo, mentre gli studenti che per sfortuna avevano l'armadietto vicino a quello di Yoongi si allontanavo in fretta, lasciando il corvino da solo, come ormai era abituato.
Lui aveva avuto solo Jimin, nei suoi diciott'anni di vita, e non aveva mai incolpato il minore di essersene andato e di trattarlo in quel modo. L'unica cosa che trovava in apparenza divertente, o che almeno fino a un po' di tempo prima riusciva ad accendere un sentimento nel suo animo, era che in qualche strano modo, loro due stavano ancora insieme, perché Jimin non aveva mai rotto con lui, lo aveva abbandonato e si adoperava affinché la sua vita fosse orribile, ma non aveva mai avuto il coraggio di parlargli, e da parte sua il maggiore non sarebbe mai andato a disturbarlo, ora che si era costruito un'identità di rilievo.
«Preparati al peggio, frocio.» disse Namjoon, la mente già proiettata alle ore di ginnastica che la sua classe e quella di Yoongi avevano in comune.
Quest'ultimo non replicò, non osò neanche alzare lo sguardo, memore delle botte ricevute da Jungkook e Taehyung l'ultima volta che aveva provato a tenere la testa alzata. A causa del suo corpo estremamente fragile, ennesimo motivo del disgusto che il padre provava per lui, se fosse stato picchiato in modo troppo violento sarebbe finito in ospedale.
Jimin ne era a conoscenza, ed era un punto su cui i primi tempi aveva provato ad insistere; per questo aveva preso parte a quei pestaggi una volta soltanto, e per questo aveva avvertito un brivido lungo la schiena, che lo fece infuriare più del fatto che non era ancora riuscito a incrociare gli occhi di Yoongi. Ma, al posto di prendere le difese di quel ragazzo che gli aveva fatto toccare il cielo con un dito, il minore lo spinse contro il muro, comportandosi di fronte agli altri come se, in fin dei conti, di quel frocio non dovesse proprio importargliene niente. Non era così, e Jimin lo sapeva, purtroppo, perché Yoongi era stato il suo primo bacio, la sua prima cotta, il primo di molte cose, tra cui anche il primo ragazzo che avesse mai picchiato.
Era una di quelle cose che lo avrebbero perseguitato per sempre, che quando meno se lo aspettava ritornavano in mente, distraendolo dalle lezioni, facendogli perdere le partite alla play e, qualche volta, anche il sonno. Perché non avrebbe mai dimenticato la vista del sangue del maggiore sulle proprie mani, la consapevolezza di star ferendo quel corpo che avrebbe solo voluto accarezzare, di cui amava segretamente ogni centimetro. Non avrebbe mai dimenticato gli occhi in cui tanto spesso si era visto riflesso come una persona migliore, e che quel giorno non aveva ancora incrociato, pieni di paura, dolore e rassegnazione, perché Yoongi non era stupido, aveva capito fin dal primo istante che un ragazzo ambizioso come Jimin non si sarebbe fatto sfuggire la possibilità di entrare nel gruppo di Namjoon, e non aveva opposto resistenza a quella ridicola prova d'iniziazione che lo vedeva vestire gli ormai consueti panni di vittima, perché lui non avrebbe mai alzato un dito contro il suo Jiminie, quel ragazzo che adesso si era allontanato con i suoi amici, permettendogli finalmente di respirare.
STAI LEGGENDO
Notes - {Yoonmin}
Fanfiction«... Perché ormai Yoongi stava sopravvivendo da troppo tempo, e si era stufato di quella condizione, ma non aveva niente, ad eccezione di qualche foglio ed una miriade di parole in mente, per potersi sfogare, sempre che sfogo potesse definirsi l'ins...