Non avevo la minima voglia di studiare. Non riuscivo a capire il senso di studiare la storia, la geografia, ancora meno la matematica e la geometria.Trovavo interessante invece l'italiano e l'inglese. Eh già, andavo matta per l'inglese. E non me la cavavo neanche così tanto male. Infatti riuscivo a prendere buoni voti anche lì, e inoltre era divertente suggerire sbagliato ai miei compagni. Loro non si fidavano di me e dei miei suggerimenti, ma gli dicevo cose del tipo "se non ripeti così ti sfascio la capoccia" e quindi, intimoriti, ripetevano insulti alla professoressa in inglese. Ovviamente loro non sapevano cosa voleva dire quello che gli suggerivo.
Andavo a scuola con più piacere sapendo che mi sarei divertita a far mettere nei casini i miei compagnetti. Era quasi più divertente che picchiarli...quasi.
Un giorno però successe una cosa che non mi sarei mai aspettata neanche io: un mio compagno, secchione per giunta, si ribellò al mio volere. Ma la cosa peggiore fu che disse alla maestra che lo avevo minacciato di rompergli la gamba se non avesse detto quello che gli avevo suggerito. L'insegnate si infuriò da morire. Mi mandò, nuovamente, dal preside ma questa volta, col fatto che fu una minaccia enorme e pesante, mi sospesero. E la cosa grave fu che mi mandarono a scuola nonostante questo.
Di sicuro non poteva passarla liscia quel guastafeste. Uscii dall'aula del preside insieme a mia madre e guardai il mio compagno. Stava per arrivare la sua ora. Infatti quando arrivò l'orario dell'uscita mi assicurai di non avere mia madre attorno e andai verso quel piccolo bastardo, ma quando vide che gli stavo andando incontro cominciò a correre come non aveva mai fatto prima. Era difficile raggiungerlo perfino per me, ma non fu impossibile, infatti appena lo raggiunsi lo presi per la maglietta e gli tirai tantissimi pugni e calci sullo stomaco e ancora più schiaffi sul viso. Lo massacrai come poche persone. Diciamo che fu il mio miglior capovalovoro. Vedere come stava piegato in due a terra con tutta la faccia rossa e viola mi rendeva felice. Lo guardai dritto negli occhi e gli feci un perfetto ghigno malefico e mentre mi allontanai urlai un bellissimo "che sia da lezione per tutti" ai presenti.
Forse quella volta esagerai. Infatti finì in ospedale, e non tornò mai più in classe, e neanche nella scuola. Tranquilli, non è morto, decise semplicemente di cambiare scuola per non rischiare di incontrarmi nuovamente.
Finì la settimana di sospensione, e decisi che avrei fatto meglio a darmi una regolata, quindi promisi a me stessa che sarei stata più gentile con gli altri. Ma per quanto mi sforzassi non ci riuscivo. Era più forte di me trattare male la gente, soprattutto i miei coetanei. Gli altri bambini si divertivano a giocare a nascondino, acchiapparella, a saltare la corda, mentre io mi divertivo a vedere gli altri soffrire quando cadevano e piangevano. Era divertente vedere come riuscivano a farsi male da soli senza mettermi nei guai. Però ammetto che era un po' pesante quella situazione, perché bene o male anche se gli altri si facevano male stavano in compagnia, cioè non giocavano da soli, mentre io invece stavo spesso seduta su una panchina davanti ai miei compagni a ridere ogni volta che cadevano. Ma sola. L'unico momento in cui interagivo di più con gli altri compagni era quando gli facevo lo sgambetto e finivano a faccia per terra.
Dopo una serie di volte che notai di essere sola, per la prima volta quando tornai a casa scoppiai a piangere. Si, anche io ho pianto. Solo in quel momento mi resi conto che la mia situazione era più grave di quel che pensassi. Ma la cosa peggiore fu quando mi resi conto che stavo piangendo perché ero sola. Cioè sin da quando imparavo i primi passi non ho mai pianto perché cadevo, o anche quando mi sono lanciata dal l'altalena e mi sono quasi rotta l'osso del collo, o quando mi hanno punto due calabroni uno di seguito all'altro. Non ho mai pianto per questo. E non avrei assolutamente mai pensato di piangere per la compagnia. Quando mi resi conto di questo decisi di fare un cambiamento drastico alla mia persona. Eh si. Decisi che sarei diventata più socievole con gli altri, avrei menato di meno i compagni e soprattutto solo se mi avessero dato fastidio e non più per divertimento personale.
Ovviamente questo cambiamento di vita ebbe la durata di due settimane. Per quelle due settimane riuscii a non picchiare mai nessuno, tranne uno schiaffo ad una bambina che ha osato dirmi che ero brutta. Riuscii a legare un pochino con qualche bambino della mia classe, perché con le ragazze non mi ci trovavo dal momento in cui parlavano solo ed esclusivamente di Hello Kitty e capelli o quale fermaglio avrebbero messo il giorno seguente. Non era argomento mio. Infatti ogni ricreazione finalmente giocavo con qualcuno. Si, giocavo a calcio con i miei compagni. Scoprii questa piccola passione almeno. Poi dopo due settimane scoppiai in una rabbia tremenda e ricominciai a menare chiunque ma raddoppiando le botte. Avevo un problema grave. Le maestre allora data la gravissima situazione decisero di convocare mia madre e le proposero di farmi fare qualche attività extrascolastica in modo che potessi controllare questo problema. Allora mia madre mi iscrisse a calcetto. Forse in questo modo avrei trovato distrazioni e un modo per sfogarmi.
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Manu
Short StoryQuesta è la storia di Manuela. Gia all'etá di tre anni la sua vita comincia a cambiare, e questo libro parlerá da allora.