Ventunesimo capitolo.

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Dafne.

Il ragazzo mi confondeva e non poco, sicuramente come io confondevo lui. Il nostro rapporto non era di certo profondo e non sapevo nemmeno come classificarlo a dirla tutta.

Non eravamo amanti, perché non volevamo e non dovevamo fare sesso.
Non eravamo amici, perché non ci confidavamo e non uscivamo assieme.
Non eravamo di certo fidanzati o cazzate simili.

L'unica cosa che a questo punto avevo capito era solo una: Marshall ormai era la mia unica famiglia.

Mi unii a fare la doccia assieme a lui e finimmo nuovamente per far sesso, anche nella doccia. A contrario di quello che mostravano i film ed i libri che avevo letto farlo nella doccia non era bello, ma incredibilmente scomodo. Non mi ero goduta nulla di quella scopata, avevo la costante paura di scivolare nella vasca e battere la testa.

Anche quella giornata passò velocemente e la sera si avvicinò presto, eravamo a cenare con quel che avevo raccattato dal frigorifero.

«Come va con il disco, Mush?» – Ero davvero curiosa di sapere come andasse ed ero anche molto curiosa di ascoltarlo, speravo con tutto il cuore che una volta finito avesse più tempo.

Non avevo la minima idea di quel che sarebbe poi successo.

Ottenni da lui solo un cenno con le spalle che non capii, alzai un sopracciglio.

«Mush, sono davvero curiosa di sapere di più su di te. Che ci piaccia o meno, ora siamo una pseudo famiglia, dovremmo sapere di più l'uno sull'altra, non credi?» – Non avrei detto di certo una di quelle cose smielate, avevo comunque una reputazione da difendere.
«Dici, baby?» – Eravamo passati nel giro di un giorno ad abbracciarci mentre piangevo, a fotterci due volte ad essere di nuovo freddi come il ghiaccio presente nella mia Coke.
«Ci facciamo una domanda a testa, cosa ne dici?» – Lo guardai con un sorriso, mi piacevano molto questo tipo di giochi.
«Queste cazzate non le ho mai fatte, ma proviamo. Inizia tu.» – Si alzò mettendo i piatti nel lavandino prima di sdraiarsi nel divano con una birra in mano, lo seguii incrociando le gambe sul divano.
«Hai fratelli o sorelle?» – Fu la prima domanda soft che mi venne in mente, il ragazzo mentre teneva gli occhi fissi sulla televisione annuì con la testa.
«Un fratellastro minore, Nathan.» – Prese un sorso di birra. «Tu?» spostò gli occhi da me alla televisione, probabilmente sapeva una parte della storia, ma questo gioco l'avevo iniziato io e di certo non mi sarei tirata indietro.
«Due fratelli più grandi, Enzo che aveva sei anni più di me e Danielle, quattro anni più di me.» – Non approfondii troppo il discorso delle loro morti, mi fermai lì e cambiai immediatamente discorso prima che il ragazzo potesse aggiungere qualsiasi cosa. L'argomento Enzo e Danielle per me era un tasto più che bollente. «Come hai iniziato la tua carriera?» – Il ragazzo per fortuna sembrava avermi capita, si limitò a rispondere alla mia domanda.
«Insieme a Proof ho fondato i Soul Intent, abbiamo pubblicato nel 1995 un singolo Fuckin' Backstabber. Non ha avuto ovviamente successo. L'anno dopo ho pubblicato come solista l'album Infinite, con lo pseudonimo di Eminem, pronuncia del mio nome d'arte precedente cioè M&M's. L'album ha venduto solamente cinquecento copie, i brani non circolarono in radio e non ebbero seguito, fu un vero fallimento e così mi sentii. Non so nemmeno del perché continuai per questa strada a dirla tutta. Dopo il flop dell'album Kim rimase incinta, di un altro però, in quell'anno tutto mi andò talmente storto che provai ad uccidermi con il Tylenol. Mi salvai, per fortuna, e riconciliai la mia carriera, ma lasciai una volta per tutte Kim.» – Ero molto presa dalla sua storia ed incuriosita, non mi sorpresi quando scoprii che aveva provato ad uccidersi, ma sentii dentro di me un senso di inquietudine. Il ragazzo prese un sorso della sua birra prima di continuare. «L'anno scorso ho fatto uscire l'album The Slim Shady EP. Dr. Dree trovò il mio demo nel garage di Jimmy Iovine, produttore musicale della Interscope Records, mi fece così, in seguito, assumere dall'etichetta e dalla sussidiaria, nonostante fossi stato sconfitto nella battaglia rap contro Otherwize a Los Angeles, sono arrivato al secondo posto.» – Potevo dire di essermi persa nel vario gergo che stava usando, ma m'interessava la sua storia. Più che altro m'interessava conoscere lui. «Nel 1997 ho fatto uscire il mio primo singolo, Just Don't Give a Fuck che è stato pubblicato in tutti gli stati uniti. Il disco dovrebbe uscire per Febbraio, rispondendo alla tua domanda di prima, mancano le ultime cose prima di finirlo davvero.»
«Non sapevo avessi già pubblicato una canzone e che fosse stata passata in tutti gli USA.» – Il tono che usai era sinceramente perplesso. Non avevo nemmeno mai sentito la sua canzone a dirla tutta. «Mi farai sentire l'album?»
«Non era una domanda a testa, ragazzina?» – Rise sotto i baffi, di risposta incrociai le braccia al petto prima di acconsentire. «Raccontami la tua storia.» – Pensai qualche istante alla sua "domanda" prima di rispondervi. Era giusto fare una domanda così? Sbuffai prima d'iniziare a parlare.

CRAZY IN LOVE • Eminem • Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora