Capitolo 1

241 10 4
                                    

Era il 14 Agosto il giorno in cui, insieme alla mia fedele amica Madison, lasciai l'Inghilterra per trasferirmi a Portland, Stati Uniti. Volevamo voltare pagina, lasciare quel mondo da sognatrici e iniziare a vivere la realtà. Non mi interessava l'università, non mi è mai interessata, non c'era niente che io potessi trarre da quel tipo di studi. Per molti sembrerebbe illogico, stupido. Ma ho passato 18 anni della mia vita a sognare la musica ed è sinceramente l'unica cosa che voglio fare.
Non so se funzionerà, i miei sono molto scettici a riguardo, più mia madre che mio padre, lui è un po' come me. E' lui che mi ha nutrito anno dopo anno con tutto ciò che sapeva e che sentiva nei confronti della musica. Lui mi ha spinta a sognare in grande, a voler qualcosa di più nella vita, a rischiare e a vivere. Mi ha insegnato a scrivere e suonare. Mi ha dato qualcosa più grande di me.
Mia madre invece è un'artista, all'inizio di strada e poi è diventata un'artista a tutti gli effetti. Dipinge con leggerezza, spensieratezza e con tutta la sua anima. Da piccola andavo a praticamente tutte le sue mostre e tantissime persone circondavano me, mia mamma e mio papà. Io non vedevo altro che le sue opere, le osservavo incuriosita e con animo fiero nei confronti della donna che mi ha cresciuto.
Quando proposi il mio trasferimento, mia madre mi disse che era una follia, che l'Oregon era troppo lontano e sarebbe stato difficile. Ma immaginarmi a fare qualcos'altro che non fosse la musica sarebbe stata la scena più comica e stupida che la mia mente potesse esperimentare. Per questo si lasciò andare dopo aver sentito le mie ragioni. Mio padre invece alla notizia rise, compiaciuto del mio coraggio e orgoglioso del suo compito di papà. Mi ricordo ancora quando in aeroporto si avvicinò a me e mi sussurrò "Ne sei sicura?", gli è bastato sentirmi dire "Questo è il mio mondo papà, me lo sento" per strappargli un sorriso e fargli scendere una lacrima dagli occhi.
Passai 3 anni della mia vita, in quel di Birmingham, a lavorare in tre luoghi diversi nello stesso periodo senza fermarmi o lamentarmi, perciò i miei risparmi sarebbero serviti per pagare il primo anno dell'affitto in Oregon: è un buco di appartamento certo, ma non è male.

17 Agosto, Martedì

"Uno di questi giorni mi parte una crisi" è così che mi diede il buongiorno Madison entrando in casa, con far nervoso.

"Hey Roberta Flack, che problema c'è?" Scherzai.

"Succede che ho girato 27 negozi, bar, centri, uffici e mi hanno tutti trattato uno schifo."

"No, non ci sei utile. E poi se ne vanno senza nemmeno guardarti negli occhi. Cristo santo", scoppiai a ridere.

"Ti stai demoralizzando da sola, siamo qui da solo tre giorni, prendila con più leggerezza. Non preoccuparti, troverai, anzi troveremo, uno posto. Ci sono infiniti luoghi dove consegnare curriculum, fidati non ci lasceranno a mani vuote."

"Sempre che dal terzo giorno non si passa al decimo fino a finire poi sotto un ponte" disse sprofondando sul divano accanto a me.

"Dai distraiti, stasera usciamo con Adam"

"Adam"

"Già" dissi guardandola divertita, lasciando una scia di silenzio.

"Cosa?"

"No, niente" risposi sorridendo.

"Ti odio, so cosa pensi"

"Non ho detto niente!"

"Ma so cosa pensi, non mi piace."

"Se lo dici tu."

"Okay, un po'" ridacchiai dopo la sua affermazione.

Adam Stone era un amico con cui abbiamo fatto amicizia in Inghilterra, era a scuola con noi, siamo usciti insieme un paio di volte, poi si è trasferito a Portland ed è diventato un cameriere in un bar, mentre suo fratello minore Sam uno youtuber. Claire gli sbavava dietro dal primo secondo in cui lo vide, ma poche volte lo ammise.

Il cielo di Portland | Zach Herron, Why Don't We.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora