La Mietitura

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~due anni dopo, il giorno della Mietitura~

Quella notte i miei sogni furono popolati da incubi di ogni tipo.

Ogni volta mi svegliavo di soprassalto, tutta sudata con i capelli appicicati alla fronte, per poi ricadere in un nuovo sogno, peggiore di quello precedente.

Aspettavo da tanto quel momento.

Finalmente avrei potuto dimostrare quello che valevo.

Ed ora che era finalmente arrivato, la paura prese il sopravvento.

I giorni precedenti io Cato ci allenammo come non mai. Eravamo diventati davvero forti, una vera squadra.

Peccato che negli Hunger Games non ci sia posto per le squadre.

Ed era anche questo a spaventarmi.

Cato siera reso conto che da qualche tempo qualcosa dentro di me era cambiato, che non ero piú la guerriera spietata che ero sempre stata.

Ma io sapevo che era solo una fase passeggera. Era l'ansia per la Mietitura, l'inconsapevolezza di come sarebbero stati gli altri tributi. Io ero forte.

Sapevo che potevo vincere.

Ma la domanda era... Volevo vincere?

La mattina, quando mi svegliai, il sole era appena sorto e si rifletteva sulla neve che aveva ormai ricoperto ogni cosa, formando un manto bianco, che accarezzava delicato i rami degli alberi e i tetti delle case.

Mi alzai dal letto e trovai il vetro della finestra spaccato, ridotto in mille pezzi, e per terra, una pietra con un foglietto di carta attaccato.

Ammetto che in un primo momento rimasi perplessa davanti a quella scena, ma poi mi dissi che non era niente di cui preoccuparsi e raccolsi la pietra.

Sfilai delicatamente il bigliettino, sciupato dal gelo e dalla neve che aveva sbiadito un po' l'inchiostro.

"Troviamoci nel bosco alle sette in punto.

Solito posto.

Non fare tardi.

Cato"

Riconobbi subito la calligrafia grossolana e il tratto pesante. Non che a scuola spiassi quello che scriveva, solo che lui spesso mi lanciava, letteralmente, messaggi di questo genere.

Fissai l'orologio.

Le sei e mezza.

Ora, la mia decisione era piú che ovvia, cosí senza fare troppo rumore, indossai i primi vestiti che trovai nell'armadio, presi il cappotto con il pelo e senza nemmeno far colazione uscii di casa.

Un vento gelido mi investii senza preavviso e rimpiansi di non essermi messa qualcosa di piú pesante.

Il canto degli uccelli e il gorgoglio del fiume erano gli unici suoni che mi accompagnavano.

Tutto taceva, tutti dormivano. Persino i pacificatori quel giorno si concessero alcune ore in piú di sonno. Perché no? Tanto la mietitura cominciava alle due di pomeriggio. Prima di essa, solo dei pazzi si sarebbero avventurati fuori.

Bhe, quei pazzi eravamo noi.

Camminai per almeno venti minuti prima di arrivare a destinazione.

Il "Solito Posto" era una piccola radura, sperduta nel bel mezzo del bosco, con il ruscello che creava una piccola cascata e un masso grande abbastanza da fare da tavolo per dei picnic, era posizionato in centro. Sembrava fatto apposta.

Si, avete capito bene.

Ogni tanto ci rifugiavamo lí, quando ne avevamo abbastanza degli allenamenti, per nasconderci dal mondo intero.

I veri sfortunati amanti dei 74° Hunger GamesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora