🌹Capitolo 13🌹

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Una rosa insanguinata

Un lampo illuminò la notte, facendo penetrare la sua luce attraverso le dimore del regno.

Solo un ombra di due ragazzi faceva capolino sui muri e per le strade; questa figura lasciava dietro di sé diverse lacrime e gocce di sangue.

Le nuvole, invece, stanche di trattenere ulteriormente le loro lacrime per gli eroi di quella notte, iniziarono a far cadere miliardi di cristalli liquidi che bagnavano i tetti e i volti, già ricoperti dai fiumi scaturiti dagli occhi celesti della ragazza.

Dopo quella battaglia, le sue energie erano al minimo, riusciva a malapena a stare in piedi, ma il suo codice d'onore non le avrebbe mai permesso di lasciare il suo compagno morire in un vicolo tra le periferie del regno.

Si era alzata, e cercando di non sforzare troppo la gamba ferita, si caricò su di sé il suo compagno d'armi e si diresse il più velocemente possibile verso il suo castello, non sapeva ancora cosa fare, o come avrebbe fatto a spiegare a Tikki tutto ciò, nel caso fosse entrata in camera sua.

Un altro tuono. Quest'ultimo colse di sorpresa la corvina che mancò l'appoggio di una trave e sbilanciò il peso sulla gamba ferita.

Il dolore percorse tutta la schiena e le fece storcere il volto, facendola cadere.

Era quasi sul punto di lasciarsi andare, di adagiarsi sul terreno insieme al gatto, poi vide la mano del compagno, che si reggeva al mantello rosso. Si decise. Si rialzò e ripartì per il suo cammino. Il suo compagno si fidava ciecamente di lei, non poteva abbandonarlo.

La pioggia era aumentata talmente tanto che non permetteva di vedere le montagne che cingevano la valle dei regni.

Gli stivali della ragazza toccarono il pavimento della sua stanza deserta. Adagiò il corpo del ragazzo sul suo letto e le lenzuola si bagnarono immediatamente di acqua e sangue, e questo preoccupò ulteriormente la ragazza, come avere fatto a spiegarlo alle cameriere?

Scacciò quel pensiero dalla sua mente, ora si doveva occupare solo di lui.

Si tolse il mantello e gli abiti da Ladybug e lì pose dentro alla cassettiera davanti al letto, si mise la sua camicia da notte: uno abito in raso glicine con i ricami in macramè rosa.

Uscì dalla stanza e andò a prendere gli antidoti e tutto l'occorrente nel suo studio, tornò in camera e chiuse la porta a chiave.

Prese una sedia e l'accostò al letto, riempì la ciotola con l'acqua della brocca e ci mise dentro delle stoffe. Si sedette, mise la ciotola sul letto e gli antidoti e le erbe curative sulle sue cosce. Scostò un po' i capelli del biondo e ci mise sopra la benda imbevuta nell'acqua, mise un cuscino sotto le gambe per alzare i piedi e far riavviare la circolazione.

Slacciò le fibbie che tenevano la parte superiore dell'armatura con quella inferiore e la pose di fianco al letto.

La ferita aveva macchiato tutta la camicia e la lama aveva lacerato le fibre di cotone che formavano l'indumento del ragazzo. Sbottonò la camicia e l'aprì lasciando scoperto il torso dell'eroe. Sulle guance della ragazza comparve un leggero rossore, era la prima volta che vedeva il suo compagno in quel modo. Spostò lo sguardo sulla ferita e iniziò la medicazione.

Ripulì la pelle dal sangue e dal veleno ancora sparso sulla cicatrice. Spezzettò le erbe e le miscelò agli antidoti creando una crema semiliquida. Prese le bende e cercò di togliere più veleno possibile dalla ferita. Bagnò una spugna con l'acqua calda e cercò di disinfettare a fondo la pelle. Prese un tovagliolo, lo pose alla base dell taglio e ci rovesciò sopra l'antidoto, ci mise uno pezzo di stoffa bagnata.

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