Il Signore arrabbiato il diluvio manderà

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RAIN OR SHINE CAP 2

Lo schermo del cellulare s'illuminò
"Hai dimenticato una chiavetta usb"

Kobe sbloccò il suo telefono in tutta fretta
Il mittente era un numero sconosciuto, la cui immagine profilo raffigurava un sole stilizzato

"immagino tu l'abbia aperta"
Non aveva dubbi su chi fosse.
Il biondo indugiava sulla tastiera, le mani avevano un leggero tremolio e le orecchie arrossate

"Forse.
O forse rispetto la tua privacy"

"Sarebbe la prima volta"

"Ma se non mi conosci nemmeno da un giorno"

"Sarebbe la prima volta nello sfortunato arco di tempo in cui ti sei fatto conoscere"

"Meglio.
Comunque immagino tu la rivoglia"

"Immagino tu non sia disposto a lasciarla al bar"

"Piuttosto me la tengo"
Ridacchiò. "Ci mette tanto a scrivere", pensò. O Kobe era disgrafico o Lud aveva causato l'effetto desiderato

"13GB di foto dei miei gatti. Te lo scordi."

"Allora è di gatti che parliamo! Potevi dirlo subito, l'avrei aperta senza nemmeno pensarci"

"I gatti hanno la priorità"

"Giusto. Quindi, dove ci incontriamo?"

"Bar"

"Ti è proprio piaciuto, quel bar.
E bar sia. Oggi pomeriggio?"

"Definisci pomeriggio."

"C'è caldo

"Verso le sei?"

"Sarà meglio che tu sia puntuale"

"Puntualità è il mio secondo nome"

"Allora il mio è insofferenza, vedi di essere coerente col tuo nome. Ti sei già giocato tutte le seconde possibilità ieri"

"Sarò puntuale come il ciclo di una liceale al ballo"

"Pare tu te ne intenda"

"Di balli, sì
Di liceali un po' meno"

"Bene, io di nessuno dei due. Sono a malapena un liceale, di certo non mi presento ai balli"

"Come no? Io vengo a scuola solo per quello ;)"

"Perfetto, io salto scuola per quello.
Oltre al resto"

"Mi troverò delle cassette fuori la porta di casa, Hannah Baker?"

"Ti piacerebbe esserne una "ragione"
Di ragionevole ho visto poco finora. E se venissi a scuola per altro, magari potresti imbatterti in, non so... Nietzsche o Camus. Potrebbero parlarti loro del suicidio. Non è nei miei programmi"

"Ed io crederei nell'esistenza d'un salvatore, se solo tu avessi la faccia da salvato.
Ho studiato anch'io, baby"

"E dove, ai balli? Il "baby" risparmialo per quelli"

"Ti sei svegliato col piede storto, ho capito. Ci vediamo pomeriggio"
Ludwig era offline. Di messaggi, Kobe non ne mandò più

Lud lanciò il telefono sul letto, irritato
L'avrebbe ammazzato. Cavolo, se l'avrebbe ammazzato. O se lo sarebbe sbattuto al muro o l'avrebbe ammazzato.
Non poteva sapere che Kobe non aspettava altro, in entrambi i casi.

Pomeriggio non tardò ad arrivare, e con lui Lud, raggiante al solito suo.
Trovò Kobe nello stesso tavolino del giorno precedente
«Buon pomeriggio»
Kobe non rispose. Porse però la mano, aperta verso l'alto e chiuse le dita senza parlare, come a dire "dà qua"
«Oh, hai ragione, che maniere»
Prese la mano del biondo e ne baciò il dorso
Kobe trasalì «A-Ah L-LA CHIAVETTA!» però la mano non la spostò mica
«Ah, sì, quella ce l'ho qui»
«G-grazie.»
«Eh, non c'è di che. Hai fame, hai già ordinato nulla? Ma da quanto tempo sei qui, scusa?» si sistemò al tavolo
«Da circa mezz'ora... credo. Non abito qui vicino e sono partito un po' presto, forse. E non ho ordinato niente»
«Mezz'ora?! E dove abiti, scusa, in north Dakota?» chiamò la cameriera girata di spalle. Non appena si voltò, Ludwig notò che era quella del giorno precedente
Lei si limitò a chiedere cosa volessero prendere con tono piatto, sguardo fisso sul blocco appunti
«N-no, solo che abito fuori città e mi piace camminare... Io prendo un bubble tea al mango, per favore.»
«Fammi capire, sei venuto a piedi? Per me un milkshake al cioccolato, grazie»
Kobe si avvicinò impercettibilmente al ragazzo «Tu invece... sei di queste parti?»
«Sì, anche se i miei sono danesi»
«Questo spiega molte cose. Piuttosto, credo che la cameriera ti sputerà nel milkshake, sembra si sia offesa»
Lud fece spallucce «Occhio non vede, cuore non duole, no?»
«Se lo dici tu...» poggiò il mento sul dorso di una mano, lo sguardo ovunque tranne che sul danese; in particolare lo posò sulla cameriera che preparava le loro cose, per assicurarsi che non ci sputasse davvero dentro
Passavano i secondi, la situazione iniziava a diventare imbarazzante, nessuno dei due diceva nulla.
Ludwig osservò il biondo girato di profilo. Aveva un viso particolare, era bello. Lo studiò a fondo
Le maniche larghe e nere (ma non aveva caldo?) facevano sembrare i polsi candidi ancora più sottili, e la ricrescita castana era visibile sotto il biondo decolorato dei capelli raccolti in un codino
Kobe non si muoveva. Nel senso, era innaturalmente rigido. D'un tratto Lud riuscì a percepire il suo imbarazzo, come in un fading in di disagio. Pensò che avevano passato anche troppo tempo in silenzio
«Ma quindi non vuoi proprio dirmi a cosa lavoravi ieri, con quel computer?» ruppe il ghiaccio
Kobe sospirò. Impossibile dire se di rassegnazione o sollievo «Il computer non è mio. Mia sorella l'ha riempito di virus con quei giochi per bambini online e cercavo di salvare il salvabile»
Oh, sorelle, perché non ci aveva pensato? «Per stavolta il tuo alibi regge, sei un uomo libero» fece l'occhiolino
«C-cosa vorresti dire? Senti, va bene, credi quello che vuoi.»
Doveva prendere sul serio ogni singola parola? Ludwig alzò entrambe le mani davanti al petto «Stavo... stavo scherzando, amico. Ti credo. Era una battuta»
«La mia no. Ad ogni modo, non hai di meglio da fare? Voglio dire, uno come te, d'estate, in un bar qualsiasi con un tipo qualsiasi? Ci sarà la fila là fuori»
E adesso questo da dove usciva? Provò un po' di tenerezza, quasi come riflesso incondizionato gli si pararono di fronte all'istante una schiera di frecciatine, decise però di cambiare approccio «Eppure se sono qui un motivo c'è, no?»
«Collezioni saliva di cameriera?» un sorrisetto
«Di cameriera, no...»
Kobe, che si aspettava una risposta del genere, avvampò ugualmente «P-per quanto ripugnante sia il pensiero di una collezione di saliva, apprezzo comunque tu abbia esternato tale considerazione.»
Arrivarono le loro ordinazioni, sistemate di malavoglia sul tavolo. Alzarono lo sguardo, la cameriera era un'altra ma lo sguardo stizzoso lo stesso. Tornata al bancone la videro parlare con la ragazza del numero, chissà cosa le aveva raccontato per farli odiare così tanto
«Quando fanno così, le ragazze non le sopporto. E poi questa la chiamate professionalità?» borbottò Ludwig sul suo milkshake
La stanza cadde nel silenzio più totale. E non perché né Lud nè Kobe avevano più parlato, ma perché d'un tratto tutta la sala sembrò abbassare inconsciamente il tono della voce, c'era una strana calma, un mormorio inquieto sovrastato solo dalla-
«Pioggia.» sussurrò Ludwig
«E ti pareva...»
«Questi temporali estivi sono imprevedibili. Ma tu sei a piedi, giusto?»
«Sì, vorrà dire che prenderò l'autobus. Odio quell'autobus»
Era una velata richiesta? «Potrei... potrei darti un passaggio io» conoscendolo, accetterebbe?
Kobe gli lanciò uno sguardo veloce, poi tornò ad osservare la pioggia. Era quasi possibile vedere gli ingranaggi ruotare nella sua testa mentre considerava l'idea (e le possibili conseguenze) «Hai l'auto?»
«È posteggiata qua davanti»
«E quale sarebbe?»
Ludwig sorrise, guardò fuori: da lì si riuscivano a vedere. Indicò con un dito il vetro nella parete «Indovina»
Kobe aguzzò la vista «Spero non la gialla senza targa e in doppia fila, anche se non mi stupirebbe»
«Fuochino... un po' più a destra»
Si girò verso Lud come se fosse in The Office* «Non è la decappottabile.» tanto lo sapeva ch'era quella
Ottenne un sorriso a 32 denti dal ragazzo che annuiva velocemente
Il biondo si passò una mano sulle tempie «Gesù, okay.» gesticolò con l'altra mano «Immagino sia meglio di andare a piedi in ogni caso»
Il danese fece un cenno deciso col capo «Non la sentiremo nemmeno, la pioggia.»

*capite il meme, ya dingus

Diario di Noè, data astrale 2.11.2018

Capitoli piccini per iniziare, lo so. Ma immagino che col tempo ne usciranno di più corposi a maggior distanza di tempo

 Ma immagino che col tempo ne usciranno di più corposi a maggior distanza di tempo

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Disegno by Cesario

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