2. Giorno trenta

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Il sole sorge presto. Papà bussa alla mia porta.

-Tesoro, vieni a fare colazione?-

-No, non ho fame!-, rispondo.

Lui sembra mollare subito e va' via. Avrà sicuramente telefonato alla mamma. Credo che per un po' mi lasceranno in pace.

*****

Oggi fa più caldo del solito. Esco dalla stanza quando sono sicura che Paul e papà sono a lavoro. Vado nella sala feste e recupero un paio di bottiglie di alcolici di lusso dalla loro credenza. Mentre ritorno in camera mia noto il viso sconvolto della donna delle pulizie. La ignoro e continuo dritta per la mia strada. Probabilmente le sarà stato detto di non avvicinarsi a me e alla mia stanza. Quando starò meglio ringrazierò papà e Paul per questo.

Se starai meglio.

Mi richiudo in stanza e lascio le bottiglie sulla scrivania. Le guardo: non mi interessa che tipo di alcolico invaderà il mio corpo, l'importante è che arrivi alla testa e che mi faccia perdere di colpo la memoria. Credo che inizierò da quello più scuro.

Tiro via il tappo e appoggio le labbra sull'orlo della bottiglia. Sento quel liquido dal sapore forte bruciarmi lingua, palato, gola, petto, stomaco e poi sparire. Brucia ma non mi fermo. Bevo e sento le lacrime scivolarmi tra i capelli. Torno a respirare per un po' guardando fuori: vedo Claudio in piedi nella mia stanza che mi guarda. Bevo ancora. Bevo fino a quando la bottiglia risulta essere decisamente leggera e la stanza ondeggia un po' troppo. Cerco di mettere due passi in croce ma le gambe non mi reggono. E Claudio è ancora lì, in piedi al centro della stanza.

-Che cazzo vuoi?-, urlo con tutte le mie forze. -Perché non te ne vai?-, chiedo prima di lanciargli addosso la bottiglia ormai vuota, che gli trapassa la pancia e si schianta al suolo.

Mi getto a letto e piango. Perché deve ancora tormentarmi? Non gli è bastato rovinarmi tutta la vita vissuta finora?

*****

Qualcosa nello stomaco mi fa svegliare di colpo. Corro nell'angolo più lontano dal mio letto e vomito a terra qualunque cosa ci fosse nella mia pancia fino a quel momento. Piango. Ormai non so più nemmeno io perché lo faccio. Forse mi costringo a non dare una spiegazione a queste lacrime così da non pensarci più.

Sfilo l'ennesima sigaretta dalla borsa. Queste le ho rubate dalla scorta segreta di papà. Credo che Paul non sappia del suo vizio. Io lo aiuterò a finirle più in fretta e mi prenderò tutta la colpa in caso Paul lo venisse a sapere.

Mi fiondo sul divano e sono ancora una volta di fronte al panorama alberoso di Perth. Sì, non viviamo in centro ma in una lussuosa villa ai margini della realtà.

Il sole è alto oggi. Come di consueto il giardiniere sta potando i rami e tagliando l'erba nei prati. Fortunatamente il vetro dell'enorme finestra davanti alla quale sto fumando un intero pacchetto di sigarette è specchiato dalla parte esterna, così da impedire alla gente di guardarci dentro. Quindi nessuno sa in quali condizioni sono. Ed io mi sono abituata all'aria di questa stanza. 

Lo stomaco brontola un po' ma non ho voglia di andare di sotto. Mi avvicino alla scrivania e tiro via un'altra bottiglia. Stappo e mando giù. Il mio corpo s'è abituato e non fa più tante storie, ma ho bisogno sempre di più alcol in circolo per star bene e dimenticare.

Avvio la musica e tiro su il volume al massimo. Non voglio ascoltare i miei pensieri. Non voglio sentirmi rimproverare per questo o quello. Sto bene. Sto bene anche senza Claudio adesso. Non ho bisogno di lui come non ho bisogno di quelle stronze delle mie amiche. Nessuna di loro si è mai preoccupata di avvertirmi riguardo a niente, figuriamoci fare la spia su Alessia.

Vi odio.

Le lacrime scivolano via amare, come al solito. E mi getto tra le braccia di Morfeo per non pensarci più.

Quello stupido momento 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora