Capitolo 2

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POV ALLYSON

Si era allungato accanto a me, cingendomi il bacino con il suo braccio tatuato. Aveva poggiato la testa sul mio petto e dopo qualche secondo chiuse gli occhi, appisolandosi. Sorrisi e incominciai ad accarezzare i suoi capelli neri come la pece, morbidi come velluto e lisci come spaghetti. Il suo viso, così pacato e quieto, mi rilassava. Ogni volta che lo guardavo, mi sentivo sempre più fortunata. Aveva solo diciannove anni e aveva deciso di starmi accanto e di crescere assieme a me due gemellini che ormai io consideravo suoi. Era un ragazzo speciale....mi faceva sentire protetta e amata, era affettuoso e romantico. Aveva tutte le potenzialità dell'uomo perfetto, perchè per me lo era. Se non fosse stato per lui, in sala operatoria avrei dato di matto, ma grazie alla sua infinita pazienza anche nei momenti più difficili, sono riuscita a calmarmi non appena parole di conforto uscirono dalla sua bocca accompagnate da leggere e dolci carezze sulla guancia. La mia mente era completamente annebbiata in quel momento. Ero talmente confusa che ricordo vagamente le voci dei dottori e il pianto dei nostri bambini. Non riuscivo a dormire. La fretta ma soprattutto l'attesa nel vedere i nostri due angioletti fungeva da caffè. Era snervante rimanere in quella camera, sdraiati su un lettino, attaccata ad una flebo....non ne potevo più. L'unica nota positiva era il ragazzo che tanto amavo accanto a me. Peccato che stesse dormendo......non avevo voglia di svegliarlo anche perchè negli ultimi giorni era talmente apprensivo nei miei confronti che, oltre a chiedermi ogni minuto come stessi, non aveva dormito manco mezz'ora per l'ansia che aveva....diceva che doveva tenersi pronto a qualsiasi evenienza improvvisa...ovviamente si riferiva ad una presunta rottura delle acque. Però mi avevano ricoverato prima del termine. Sbuffai. Non ce la facevo più. Avevo voglia di stringere i miei bambini, i miei figli....wow, non avrei mai pensato di dover dire questa parole prima di almeno ventiquattro anni. Mi suonava strano dirlo ma la sensazione era davvero bellissima. Ero diventata mamma a diciassette anni. Mi spaventava e rattristiva un po'....non avrei potuto fare le cose che facevo prima, come andare in discoteca (cosa che succedeva raramente) oppure stare fino a tardi in giro. Per quanto riguardava la scuola, avrei incominciato a frequentare corsi online per prendere almeno il diploma. Per l'Università ci avrei pensato su. Volevo godermi più possibile i miei bambini. Volevo coccolarli, curarli e giocare con loro diventando anche io la bambina di una volta. Il solo pensiero mi faceva spuntare un sorriso sulle labbra che illuminava quel viso pallido e stanco, ma nonostante questo, contento. Ed ecco che, dopo svariate ore, la porta della camera 216 si spalanca. Mi svegliai dai miei pensieri e tirai uno strattone a Jeremiah che spalancò gli occhi di colpo, dopo aver mugugnato qualcosa di incomprensibile. Entrò una signora anziana in una divisa stirata perfettamente, trainando davanti a sè, una culletta con due fagottini dentro. Mi drizzai sullo schienale del letto e già sentivo le lacrime punzecchiare le pupille. La donna sorrise. Poggiò la culla accanto al letto e poi prese uno dei due gemellini. Me lo porse. Non sapevo come prenderlo, come tenerlo. Avrei paura che qualsiasi movimento avessi fatto, il piccolo si sarebbe fatto male. Me lo poggiò sul petto e subito quel contatto pelle a pelle mi fece rabbrividire. Era piccolo, minuscolo. Aveva la testolina poco più piccola di una mano. Era ricoperta da un cappellino che gli stava alla perfezione. Tirai su con il naso ma questo non servi a nulla, poichè le lacrime cominciarono nuovamente a scendere senza sosta lungo le mie guance. Se ne stava tranquillo sul mio petto, con gli occhietti chiusi. Sentivo il suo pancino contrarsi per respirare, e le sue manine che si aggrappavano alla mia pelle come se avesse paura che io scappassi via. Sorridevo e piangevo. La donna poggiò l'altro gemellino sempre sul mio petto. Erano così piccoli che il mio petto sembrava una lago con al centro due piccole barche. Erano così perfetti e identici. Non sapevo come avrei fatto a distinguerli. Però poi notai una piccola voglia a forma di foglia sul secondo gemellino che presi in braccio. Quella sarebbe stato il simbolo che ci avrebbe aiutato nella distinzione ma soprattutto nell'attribuzione dei nomi. Guardai Jeremiah che se ne stava lì, basito e stupito, rimanendo incantato da tutta quella perfezione. <<è incredibile come due esserini così piccoli possano catturarti così tanto da portarti in un altra dimensione extraterrestre>> esclamò Jeremiah mentre il gemellino n° 1 gli stringeva il dito con la manina. Era così piccola. Misurava quanto una falange del dito del suo papà. Era così bello tenerli stretti e sentirli così vicini al tuo corpo, al tuo cuore. <<come vogliamo chiamarli?>> continuò mentre io accarezzai le schiene nude delle creaturine che stavano a contatto con il mio petto nudo. Era come se io avessi perso la parola....la ragione....tutto. Aveva ragione Jeremiah. Era davvero incredibile come quei piccoli esserini potessero catturati totalmente, anche solo guardandoli. Improvvisamente sentii il gemellino n°2 muoversi. Faceva strano sentirlo al di fuori del grembo materno, però era bello ugualmente. Ed ecco che porto le sue manine accanto al suo faccino, contrasse quest'ultimo in una smorfia indescrivibile ed ecco che poi, aprì gli occhietti. Erano scuri ma allo stesso tempo chiari, e poi, erano vispi. <<oddio.....ha aperto gli occhietti>> dissi io rimanendo completamente allibita. Alzò lo sguardo e mi guardò. Ed ecco che lo stomaco si strinse sempre di più, mentre l'emozione cresceva sempre di più. Jeremiah accarezzò il viso del suo bimbo, poi prendendolo in braccio. <<reggili la testa>> esclami io alzando spontaneamente la mano. Mi guardò e poi sorrise. <<lo so>> rispose. Ed ecco che i piccoli erano in braccio ai loro genitori. <<Eason>>. <<cosa?>> domandai io non avendo capito cosa avesse detto prima. <<Eason. E' il nome perfetto per lui>> accarezzò il piccolo che aveva in braccio. <<Eason.....è perfetto>> esclamai io pensandoci su. Ed ecco che il secondo nome mi apparve in mente. Sapevo che Jer era molto legato a suo nonno che purtroppo se ne era andato qualche mese prima della nascita dei piccoli, e così <<Ethan>> si girò con gli occhi lucidi. Mi guardò interrogativa, ma in fondo sapeva cosa avessi detto. <<è il nome perfetto per lui>> indicai il piccolo rilassato sul mio petto. <<è perfetto.....tu sei perfetta....loro sono perfetti>> lo baciai. Lo amavo. Lo amavo e basta. Ero felice. Felicissima. Da quel giorno niente più rimpianti. Niente ricordi del passato. Bisognava solo pensare al presente e a volte anche fare progetti per il futuro. Da quel giorno ricominciava la vita. Guardare sempre avanti e mai voltarsi per vedere ciò che ti sei lasciata alle spalle. 

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