UNO

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Quella sera Tommy non voleva saperne di dormire.
Aveva già ascoltato due storie su Iron Man, il suo supereroe preferito, e le parole erano state accompagnate da tanta camomilla al miele.
Sua madre gli aveva fatto una serie di teneri grattini sulla schiena, tra le scapole e si era pure cimentata in una ninna nanna di quelle lente e soporifere. Si stava per addormentare lei stessa, dopo tutto questo!
Quasi arresa, sospirò,

- Vuoi spiegare alla mamma perché non ti vuoi addormentare? -

Una domanda forse un po' pretenziosa, fatta ad un bambino di neanche quattro anni.
Ma Tommy era sveglio.

- Ci sono "i brutti", di là, con papà -

Lei si accigliò, continuando a guardare il bambino.
I sensi del piccolo erano molto più sviluppati di quelli di qualsiasi altro infante.
Ed anche di un qualsiasi altro adulto.
La sua percezione della realtà era amplificata.
Una capacità derivata probabilmente dalla combinazione di dna speciale.
Una delle tante capacità.

Si alzò in piedi.

- Ok. Resta qui e non muoverti per nessun motivo – gli mise in mano il telefono con un numero già pronto, - chiama zio Steve, digli "dei brutti", ma parla a bassa voce. -

- Mamma, resta con me... -  la pregò, cercando di afferrarla per un braccio. Lei avvicinò il volto a quello del piccolo, quasi a strofinare i due nasi,

- Torno subito. Tu resta qui e chiama zio Steve. -

Lo baciò velocemente sulla fronte, spettinando la folta chioma corvina e lentamente sgusciò fuori dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle.
Spostandosi verso il salotto fece una veloce tappa in camera da letto, dove afferrò la sua katana. Poi, lentamente raggiunse l'altra stanza.

Sbirciò il suo interno, per valutare la situazione.
Tre uomini davanti alla porta, scassinata, probabilmente. Altri sei lungo il perimetro della sala. Tutti armati.

Scorse Bucky, al centro della stanza.

- Signor Barnes, non abbiamo interesse nei suoi confronti. Non per il momento, almeno. Necessitiamo della signorina O' Connor. Lei ce la porti qui e noi la lasceremo in pace. -

L'accento dell'uomo che parlava, di età indicativa intorno ai cinquanta, era chiaramente tedesco.
Il soldato d'inverno taceva, fissandolo con gelido e fermo disinteresse nell'obbedire.

- Signor Barnes - riprese quello, - davvero desidera vedere la sua abitazione distrutta? Stia certo che quando "noi" vogliamo qualcosa, la otteniamo sempre e comunque. -

- Fareste un torto al mio padrone di casa. Non certo a me – rispose il moro, iniziando a sgranchire il braccio in metallo.

- Le conviene restare tranquillo, Signor Barnes. Lo dico per l'incolumità delle persone a lei care – continuò l'europeo, inarcando un angolo delle labbra e facendo un cenno ad uno dei suoi sottoposti.

Quest'ultimo estrasse da sotto la giacca nera un libretto dalla copertina purtroppo famigliare a Bucky.
Un altro di quei quaderni? Possibile?
Alek sentì chiaramente l'accelerare del battito del cuore e persino l'aumentare della pressione nel sangue dell'uomo.
Il soldato digrignò i denti, cercando di controllare l'ansia.
Con il passare degli anni, quell'incubo si era assopito. Il terrore di trasformarsi in una marionetta letale nelle mani di uomini assetati di potere, non era più stato un pensiero fisso dopo il periodo in Wakanda. Aveva fatto grandi passi avanti, ritrovando un nuovo equilibrio: la sua mente era ripulita.

Ma lo era completamente?
Allungò in avanti il braccio destro, 

- Datemi quel libro. -

- Non scherziamo, signor Barnes: lei è il nostro asso nella manica per ottenere "La Cura". -

Dopo aver fissato il suo ospite con chiaro disprezzo, gli rispose con fermezza.

- Impossibile. Non è merce di scambio. Vi ripeto di darmi quel libro. -

Il tedesco scosse la testa e fece segno al sottoposto con in mano il volume di aprirlo.
Bucky si mosse nervoso per raggiungerlo: non sarebbe successo di nuovo, lo aveva giurato a se stesso!

Tutti gli uomini caricarono le armi che avevano tra le mani, puntandole verso di lui.
Il soldato d'inverno osservò i vari puntini di luce rossa divisi tra la sua testa ed il suo petto. Sbuffò, pronto a scattare contro il capo, ma improvvisamente il volumetto  prese fuoco dal nulla, sbriciolandosi immediatamente in mille petali di cenere, sotto lo sguardo sbigottito dei presenti.
Non di tutti. Bucky voltò appena il capo, alla ricerca della "colpevole".
Poi, sfruttando lo stupore degli ospiti indesiderati, si mosse, iniziando a colpirne uno dopo l'altro. Fermò i proiettili che gli spararono contro con il braccio in vibranio e li atterrò tutti. Tranne uno, che, alle sue spalle, gli puntò la bocca di un mitra proprio al centro della testa.

- Bastardo! L'ordine per te era "vivo o morto"... aaagghhh... -

Bucky sentì un tonfo e quando si voltò scoprì Alek che gli stava sorridendo, con  ancora stretto tra le mani il manico della katana, con il quale aveva colpito il malcapitato.

- Non dovevi esporti! – ringhiò lui, contrariato,

- Prego, non c'è di che – rispose lei soffiandosi via dal volto una ciocca di capelli rosso fuoco e dirigendosi verso la porta, dove si fermò - Ti senti bene, Bucky? -, domandò giunta sulla soglia, agganciando le sue iridi verdi a quelle azzurre di lui,

Lui la fissò a sua volta per qualche momento, fermandosi in quelle due pozze color smeraldo, per calmarsi. 

- La pianti di fare cromoterapia nei miei occhi? Rispondimi, piuttosto! -

L'uomo non potè non inarcare un angolo delle labbra.
Udirono in quel momento un rumore provenire dalle scale, al di fuori dell'appartamento. 

- Ne arrivano altri... -, comprese lei.

- Leviamoci di torno. – sentenziò il moro, spostando senza fatica il pianoforte nero, che si trovava nel salotto, davanti alla porta d'entrata.

Alek era già scattata nella cameretta di Tommy.
Un secondo dopo entrò anche il soldato d'inverno.
Il bambino lo accolse sorridendo, con già il suo zainetto sulle spalle,
- Dove andiamo, papà? -
Bucky ed Alek si scambiarono uno sguardo d'intesa.
- Direi in un bellissimo hotel, dove questa sera avrai il permesso di mangiare una coppa gigante di gelato al cioccolato, Tommy. – ripose l'uomo, abbassandosi a terra, per guardarlo negli occhi e prendendolo poi subito tra le braccia, 

- Con la panna montata? – domandò l'infante con lo sguardo sognante,

- Certo, e con una pioggia di codette color arcobaleno. – concluse la donna, afferrando uno zaino che doveva essere stato preparato molto prima, per le evenienze - Ora però attaccati a papà: dobbiamo saltare fuori dalla tua finestra. -

- Se ci fosse Iron Man potremmo VOLARE fuori dalla finestra! – rispose con entusiasmo Tommy, sollevando le piccole braccia verso l'alto.

I due adulti su scambiarono un fugace sguardo eloquente, evitando di fare commenti.
Furono veloci.
Quando la porta d'entrata venne distrutta, l'appartamento era ormai vuoto.
In strada, Bucky indossò un berretto, legò i capelli dietro la nuca in uno scompigliato codino e coprì il volto con un paio di occhiali da sole.
Alek si era infilata la lunga chioma color fuoco dentro ad un voluminoso berretto in morbida lana ed alzò la sciarpa, dello stesso tessuto, fin sopra il naso.
Entrambi stringevano una mano a testa del piccolo Tommy, che rideva gioioso incurante del pericolo scampato.
Presero un taxi.
Poi la metro.
Si mossero continuamente, fino ad essere lontani almeno una ventina di chilometri dalla loro stessa abitazione.



Un saluto a chi è arrivato alla fine di questo primo capitolo!

Grazie! :-D




Di seguito, ecco il disclaimer:

La maggior parte dei personaggi che popoleranno il mio racconto, non appartengono a me  e non sono frutto della mia fantasia ma sono proprietà dell'universo Marvel. 

Ve ne saranno anche altri, invece, creati da me, durante lo svolgersi della vicenda.





A NEW LIFE  ★ Marvel  Fanfiction ☆ Bucky Barnes ☆ Winter Soldier ☆ White Wolf ★Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora