CAPITOLO 1

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Capitolo 1

1974

Maxi, ti chiami Maxi. Di nome e di fatto.

Ti ricordi la prima volta che sei entrato nel mio bar?

Io si, come fosse ieri.

Sei arrivato con quel gruppo di giocatori di carte del venerdì sera, dei veri casinisti, ma dei buoni clienti, diceva mio padre. Alcuni li conoscevo bene, venivano al sabato sera con moglie e figli a mangiare da noi. Tutti tra i trentacinque e i quaranta anni, ma era la prima volta che ti vedevo.

Quando entrarono, quel venerdì sera, chiassosi come sempre, alzai gli occhi da dietro il banco e la prima cosa che vidi fu la tua schiena...immensa. Avevi una semplice polo con le maniche corte ma sembrava incollata ai tuoi muscoli come una seconda pelle. I pantaloni multitasche assomigliavano a quelli dei cacciatori e stranamente parevano una taglia in più del necessario, ma è stato quando ti sei voltato che ho avuto le vertigini. La tua bocca grande, con delle labbra incredibili, morbide, con una piega che non avevo mai visto, le ho fissate incantata senza vedere niente altro finché una manata sul sedere ...

<< UEE ti sei addormentata? >>

Era il vocione di mio padre che risuonava nel bar. Diventai rossa come un pomodoro, abbassai la testa e ripresi a riempire il cestello della lavastoviglie di bicchieri sporchi, mentre dall'altra parte del banco qualcuno ridacchiava.

D'altronde chi ero io?

La Bambina. Avevo diciassette anni e a casa tutti mi chiamavano Bambina, e dai e dai,

anche i clienti finirono per chiamarmi così. <<Pietro, dì alla Bambina

di portarci le birre...>> E mia madre: <<Pietro, dì alla Bambina che sono

pronti i panini. >>

Poco più alta di un metro e cinquanta, poco più di quaranta chili, le tette poco più grandi dei brufoli che avevo in faccia... Dei capelli non parliamo, nessuno era riuscito a domarli, una massa di riccioli scuri che andavano ognuno per conto proprio e che mia madre si era rassegnata a farmeli legare dietro con un fermaglio.

Mia sorella aveva quattordici anni, era più alta, una terza di reggiseno, capelli chiari e lisci e nessuno la chiamava bambina. Aveva già un fidanzatino che l'aveva baciata. Una volta a scuola un ragazzo aveva provato a baciare anche me, solo con le labbra, ma poi vedevo che guardava le tette delle altre e così era finita lì.

Avevo smesso di illudermi che qualcuno mi avrebbe notata e così anche il mio abbigliamento si era ridotto a jeans e magliette larghe: che lo mettevo a fare il reggiseno!

Alle volte mio padre mi prendeva un po' in giro e mi diceva che assomigliavo alla nonna Carmelina, sua madre.

Ma io non mi offendevo: nonna Carmelina era un mito !! Alta una spanna, asciutta e veloce come una scheggia, quando entrava lei al bar gli anzianotti si facevano intorno per chiacchierare e lei teneva banco. Li sentivo ridere che alle volte anche papà era geloso.

Nonna Carmelina aveva avuto sei figli e diceva sempre che ci aveva messo meno tempo a farli che a cuocere l'arrosto.

<< Me lo fai un caffé? >>

Alzai la testa stupita, ero talmente immersa nei miei pensieri che non mi ero accorta che ti eri avvicinato al banco, anche con la pedana che mi alzava di venti centimetri, dovetti alzare gli occhi per guardare nei tuoi, e incontrai gli occhi più dolci del mondo. Incredibile che un uomo dal fisico di un peso massimo mi guardasse con una azzurra dolcezza che mi fece andare il cuore in aritmia.

MAXIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora