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2018.11.21
10:27 PM

Lungo la -quasi completamente- silenziosa strada notturna, barcollava lentamente un ragazzo dai capelli castani, teneva una bottiglia di soju ormai vuota nella mano che sembrava non avere nemmeno le forze per stringerla e senza una meta precisa s'avventurò dentro ad un parco, del quale l'indomani probabilmente si sarebbe dimenticato la strada per raggiungerlo.

Inciampando in qualche radice, raggiunse dopo quelli che sembravano secoli, una panchina di legno illuminata dalla luce debole di un lampione, si sedette stravolto su di essa lasciando che dalle sue labbra carnose uscisse una risata, una reazione contrastante rispetto a quelli che erano i suoi pensieri in quel momento.

"Jisungie, lo so che mi odi, fai bene ad odiarmi, non so nemmeno come facessi ad amarmi, sono una persona di merda e sono felice che tu abbia deciso di allontanarti, è meglio così."

Minho borbottava fissando il fondo della seconda bottiglia che aveva trangugiato in quella sola mezz'ora passata a vagare per le strade di Seoul, di notte, ubriaco ed indifeso.
Per un momento si chiese come mai non avesse mai notato quel parco, sembrava un posto tranquillo dove poter passare le sue serate ormai solitarie.
Un posto adatto ad ubriacarsi fino a collassare.
Un posto adatto a dimenticarsi le guance di Jisung bagnate dalle lacrime che lui stesso gli aveva causato.
Un posto adatto a lasciarsi andare e smettere di fingere di star bene.

Prima che potesse ribellarsi a se stesso, i suoi occhi si fecero subito umidi, lasciando che le lacrime scorressero veloci sulle sue guance, le guardò cadere per terra e mischiarsi al fango, se lo meritava quel dolore, era colpa sua e non poteva lamentarsi.

Se il mio cuore è a pezzi è solo colpa mia.
Se lui sta male è solo colpa mia.
Vorrei poter prendere anche il suo di dolore.
Lui non ha colpe, lui non merita di star male.

Minho lanciò la bottiglia dinnanzi a sè e si alzò dalla panchina con le mani tra i capelli, rilasciando un verso strozzato a causa del nodo in gola che gli stava quasi impedendo di respirare.
Barcollò fino ad un albero che usò come appoggio e con le poche forze rimaste sferrò un pugno alla sua corteccia la quale si sgretolò ai suoi piedi, facendo anche cadere qualcosa che era nascosto in essa.
Un foglio?
Minho si accovacciò per terra, sedendosi con la schiena contro il tronco e ignorando il sangue sulla sua mano.
Raccolse il foglietto e lo aprì.

"Mi hai spezzato il cuore."

Minho si soffermò a rileggere quella frase svariate volte con un'espressione vuota, da sobrio probabilmente avrebbe riconosciuto la calligrafia di Jisung, la stessa delle centinaia di bigliettini che si erano scambiati durante le lezioni, dei biglietti d'auguri ricevuti ai suoi compleanni, delle lettere d'amore che Jisung era solito a scrivergli, non gli serviva farlo in giorni specifici, lo faceva giusto per ricordargli quanto lo amasse.
Probabilmente l'avrebbe riconosciuta, ma in un momento come quello, tutto quello che fece fu sbuffare.

"Mi dispiace per te, anche tu hai trovato un pezzo di merda come fidanzato?"

Ridacchiò un'ultima volta, tirando su con il naso e rimettendo il bigliettino dove l'aveva trovato, magari a quella persona avrebbe dato fastidio che uno sconosciuto si facesse gli farsi gli affari suoi.

Prese di nuovo posto sulla panchina, sdraiandosi a fissare il pezzetto di cielo che si intravedeva tra i rami degli alberi sopra di sè e senza rendersene conto le sue palpebre si fecero man mano più pesanti, fino a chiudersi completamente e far crollare il ragazzo in un sonno profondo, che sarebbe durato fino alla mattina successiva, facendolo di conseguenza arrivare a scuola sporco di fango, con una mano insanguinata e gli occhi gonfi.
Non era la solita immagine che Lee Minho era solito a sfoggiare tra i corridoi ma quel giorno non ci diede peso.
Forse perchè non appena entrò a scuola, la prima cosa che vide furono gli occhi di Jisung, anch'essi gonfi come i suoi, il che gli fece stringere lo stomaco.

"Che hai da guardare?"
Domandò con tono acido, sperando che il leggero balbettio sulla prima sillaba non si fosse sentito.

"Sei sporco di fango, dove sei stato?"
Nonostante ogni parola pronunciata da Minho fosse una lama infilzata nella sua carne, Jisung non era in grado di non preoccuparsi per lui.
Motivo per cui non appena vide il sangue ormai secco sulla mano del maggiore, gliela afferrò delicatamente, per poi guardarlo negli occhi, cosa che rese Minho estremamente suscettibile.

"Ti ho detto di non toccarmi!"
Le persone intorno a loro si girarono di scatto, facendo diventare quel corridoio improvvisamente silenzioso, silenzio che non durò molto, dato che sin da subito iniziarono i bisbiglii e le occhiatacce verso il minore.
Inutile dire che gli occhioni di Jisung si riempirono di lacrime e che prima che Minho potesse far qualcosa, era giá fuggito da lui in una corsa disperata, lasciandolo nuovamente solo, come si meritava.

Under That Tree - MinsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora