[ Radiohead, House of cards ]{ I don't wanna be your friend, I just wanna be your lover
No matter how it ends, no matter how it starts
Forget about your house of cards
And I'll do mineRespiravo borotalco, briciole di alluminio, sorsi di rugiada e carezze di vento selvatico, ogni volta che passavo la bocca sul tuo corpo.
Sapevi di fiori incolti nati ai lati della strada, che si nutrono di fumo e pioggia autunnale tutta la vita - ma tendono verso il cielo, in quel modo puro e sincero che ispira i bambini a scrivere poesie. Le tue radici erano fermamente ancorate all'asfalto, la tua corolla rivolta verso l'azzurro: dai tuoi petali veniva odore di nicotina, tossico e amaro.
Non ti piacevano gli indovinelli e ti lambiccavi sugli scioglilingua, tenevi Jane Austen e Dostoevskij sullo stesso comodino e lasciavi il resto della libreria a prendere polvere - "Da piccola sognavo di scrivere un libro, sai? Non sono mai andata oltre al prologo."
Avevi questa tendenza arrendevole e per nulla originale a ricadere nell'immobilità, a languire, a tacere mentre pensavi. Non ti piaceva andare di fretta, non ti piacevano le giornate impegnate, perché per te era sempre una giornata di pioggia, faceva sempre freddo, almeno un po', quel poco che basta. "Cosa me ne faccio di un pubblico", mi dicevi in piedi in cucina, con addosso solo la tua pelle e quel sorriso che ti apriva in due il volto, creandone uno nuovo, quel sorriso in cui ci sarebbero state così bene delle fossette - ma eri un disegno lasciato a metà, una frase senza un punto. Non andavi mai bene perché non eri stata completata, non eri stata perfezionata, e cosa aspettavi a farlo, cosa aspettavi?
"Cosa me ne faccio di una casa editrice, quando ho già tutto quello che mi serve?" E te ne andavi in giro per casa a piedi nudi, cantando senza vergogna, ondeggiando i fianchi, e non saprò mai cosa cazzo voleva dire, cos'era quello che ti serviva - parlami, parlami o fatti inghiottire dai tuoi maledetti libri, dannato spettro.
Avrei voluto una mappa per la tua mente, l'avrei voluta per tante persone ma mai per nessuno quanto per te. Mi aggiravo bene sul tuo corpo, erano strade facili da imparare a memoria, come le vie di un paese di campagna: lineari e morbide, curve dolci e pendii gentili, e quella spruzzata di lentiggini sulla spalla destra, e quella piccola costellazione di nei nell'interno coscia. Leggevo la tua pelle come un libro in prosa, senza inciampare nei miei passi, senza arrovellarmi sui significati. Il tuo corpo era chiaro, non era una figura retorica. Era frasi semplici, soggetto verbo complemento, con parole basilari, facili da sillabare - non ho mai dovuto chiedermi il significato del tuo corpo, perché era lì per me, aperto, accessibile, a portata di mano.
Mi hai offerto la tua mente come la tua pelle, e l'hai fatto un giorno in cui pioveva davvero, non solo nella tua risata, e avevi segni di inchiostro sui polpastrelli, i capelli legati male, resti di impasto sotto le unghie e il forno era acceso e l'odore dei biscotti riempiva a poco a poco la casa - facevi tutto come una bambina che gioca ad imitare la mamma, come se fossimo sempre sotto Natale, e amavi l'estate ma cantavi di più d'inverno, e cosa intendevi dire, cosa intendevi dire?
Non ci ho mai capito niente di frasi in versi, non mi sono mai raccapezzato con la poesia. Perché non hai messo le tue parole in ordine per me, perché? Ci ho provato per notti intere a capire, passando le mani tra i tuoi capelli, guardando la tua biancheria spinta sul fondo del letto - avresti dovuto scrivere un paragrafo di spiegazione, come quelli sui libri di scuola, con le note a pie' di pagina e i pezzi più complicati parafrasati.
Il tuo corpo era un libro in prosa che avevo letto e riletto e riletto e imparato a memoria, in infiniti giorni di calma e tempesta e di carezze e di ti amo e di risate - ma la tua mente è un poema stupendo, pieno di parole bellissime che non riesco a comprendere.
Non riesco a comprendere.Non hai mai scritto un libro perché sapevi che avresti dovuto spiegarti, che avresti dovuto esplicare la tua metrica e descrivere le tue figure retoriche e non l'avresti fatto per niente al mondo, per nessuno al mondo.
Eri orgogliosa come un trifoglio nella crepa dell'asfalto, come un uccello sul ramo, come schiuma sulla cresta di un'onda, come una lucciola sui fiori chiusi, come Venere nel crepuscolo - avresti preferito crollare su te stessa, accartocciarti come uno dei tuoi numerosi fogli di brutta e appassire e marcire in un angolo, piuttosto che spiegare.
E così fu.Fall off the table, get swept under
Denial, denial
The infrastructure will collapse }
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Reize
Short StorySpettri nati dalla mia penna. Devo provare a liberarmene, in qualche modo.