PROLOGO

13 1 0
                                    

- Non c'è nemmeno una cosa che ami alla follia? Una cosa senza la quale non potresti vivere, una cosa che ti fa stare bene come non mai?

C'era. C'era qualcosa che mi faceva stare bene. In realtà, la lista ne comprendeva ben quattro. Ma io decisi di omettere le prime tre.

- La pioggia - risposi senza esitazione, ma con un tono di voce spento, atono, flebile come la fiamma di una candela che sta per essere spenta dal vento.

Il mio interlocutore mi squadrò con curiosità. Rispondevo sempre così a quella domanda.
"Cosa ami di più?". "La pioggia."
E mi guardavano esterrefatti, come se fosse la cosa più strana del mondo. Eppure, per me era normalissimo. Tendiamo ad amare solo ciò che è bello, ciò che piace a tutti. Ma a me, questo assolutismo di pensiero, questa discriminazione verso ciò che è più raro, dava fastidio. Così amavo la pioggia.
Ma non era solo per quella sana ribellione che animava ogni mia azione. Io la amavo davvero, la pioggia. Ma nessuno riusciva a capirlo.

- Perché?

Eccola, la fatidica domanda. Eccola, l'enigmatica risposta.

- È una sensazione strana.

- In che senso?

- È... è come se... Non lo so descrivere. È solo strano - replicai.

E davvero non riuscivo a descriverlo. Come puoi riuscire a descrivere un'emozione? Come puoi trasformare in parole una sensazione? Come puoi riprodurre i brividi, il caldo in fondo al petto, il cuore che batte all'impazzata? Come si fa?

- Non l'hai mai provato, forse. - continuai. - Non l'hai mai ascoltata?

Mi fece 'no' con la testa.

- Quando picchietta contro i vetri, è tutto una musica. Che sia una pioggerellina leggera o un temporale scrosciante, ha il potere di infondermi una calma senza pari. La ascolto, la pioggia.

Mi credeva pazza. Lo leggevo nei suoi occhi. Nei suoi bei occhi scuri, neri come la notte più profonda. Neri come quella sera in cui avevo iniziato ad amare la pioggia.

- Quando piove, esplode il caos. Il mondo esplode, ma ciò riesce a quietarmi. È come se, quando il resto del mondo è nel putiferio, i miei pensieri si ordinassero. Riesco a udirli a uno a uno. Mentre la gente sbraita perché non può fare la passeggiata per le vie del centro oppure impreca per il traffico intenso, io mi sento in pace. L'implosione continua che avverto dentro di me non esiste più. E quando esci in strada, allora la senti davvero.

- Certo - mi interruppe. - Ti bagna.

Ridacchiai. Non capiva. Non avrebbe mai capito. Perché lui non aveva visto ciò che avevo visto io. Non aveva fatto ciò che avevo fatto io.

- Sì, è vero. Ma hai mai provato a restare lì? Il volto verso il cielo plumbeo, le gocce di pioggia gelida che percorrono le curve del tuo viso e della tua mascella. Senti la pioggia che entra nella pelle, avverti il suo sapore sulla bocca. Respiri quell'odore forte e agre, l'odore della terra, magari arsa dal sole per mesi interi, che ora si rigenera. Sei bagnato fradicio, i capelli ti si appiccicano sulla fronte, hai persino le mutande fradice e l'acqua nelle scarpe ti congela le dita dei piedi. Ma rimani ancora lì.

Lo ricordavo bene, quando ero rimasta. Quando avevo aspettato che qualcuno venisse a salvarmi, a portarmi via da lì. A dirmi che tutto era stato solo un sogno. Ma in realtà non lo era stato.

- Perché dovrei rimanere lì come un cretino a prendermi qualche raffreddore?

- Per quello che senti dopo. I rumori si fermano: i clacson che udivi in lontananza non esistono più, nè il ruggire del vento tra gli alberi. Ma, in quel momento, assapori qualcos'altro. In quel momento, la pioggia ti purifica. Lava tutti i tuoi peccati. E sei finalmente libero.

Of Storm And SilenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora