II

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La domenica è l'unico giorno libero della dottoressa Jauregui. L'unico giorno in cui può dedicare del tempo a sé stessa e ad una della sue più care amiche, Allyson Brooke.
Come sempre, come ogni domenica, vanno a fare colazione insieme in uno dei bar più famosi dell'Havana. Ma questa volta Lauren sembra strana, continua a fissare l'orologio come se avesse qualcosa di meglio da fare e non passa di certo inosservato il suo comportamento.
«Hai finito di guardare l'orario? Se hai altro da fare dimmelo»
«No, mhh» risponde come se si sentisse colpevole «Devo andare in clinica, tutto qui»
«Di domenica?» la squadra l'amica
«Sì, cosa c'è di strano?»
«Laur, cosa nascondi?»
«Ma nie.. Okay» si rassegna a causa di quelle occhiatacce «Camila è tornata»
«Arriva Camila e tu scappi come sempre, no? Sai che non mi piace»
«È solo una paziente»
«È la causa del tuo divorzio! E non continuare a dire che non è vero perché tu eri completamente persa di lei»
«Persa o no, Camila è una mia paziente» afferma nuovamente, sistemandosi il cappotto «Non c'è mai stato nulla tra di noi e mai ci sarà qualcosa. Ora, se non ti dispiace, devo proprio andare»

****

La clinica dove lavora Lauren non è né al centro della città ma neanche tanto lontana. La cosa più importante è non avere contatti esterni, quindi oltre la recinzione del cortile vi è solo un immenso verde.
Parcheggia la macchina davanti al cancello e la prima cosa che vede, quando è ancora dentro, sul sedile, è la figura di Camila. La sua paziente è seduta sugli scalini in legno di un gazzebbo e strappa, in modo abbastanza nervoso, delle piccole margherite dal terreno.

Lauren si avvicina con passo sicuro, Camila fa finta di nulla e lascia che si sieda vicino a lei. Non la saluta neanche, però nei suoi movimenti qualcosa è cambiato, il corpo si è irrigidito.
«Buongiorno»
«Buongiorno» risponde secca, al contrario della dottoressa che ha sempre e comunque un tono dolce
«Come stai, Camz?»
Camz...
La chiamava così molto spesso durante le prime sedute. Sono passati tre anni da allora e non ha mai smesso si tremare al sol pensiero di quel nomignolo.
Lentamente si volta verso di lei, ha per pochi secondi il coraggio di guardarla negli occhi prima di scoppiare in lacrime. Si porta le mani sul viso, lasciandosi sfuggire gemiti strozzati. Non ci pensa due volte nel buttarsi tra le braccia di Lauren, facendosi cullare, con la testa sul suo petto.
Subito le viene in mente quella notte in cui ebbe una forte crisi, nessuno riusciva a calmarla, neanche le medicine e disperata cercava la dottoressa. Nel cuore della notte Lauren si precipitò per lei e non la lasciò neanche un istante, rimanendo sveglia, stringendola tra le sue braccia, fino all'alba, finché Camila non si addormentó. Prima di andare via, le lasciò un bacio sulla testa.

«Scu-scusa, Lauren» singhiozza «Ti ho delusa e non ho il coraggio di guardarti in faccia»
«Va tutto bene, stai tranquilla» sussurra, asciugandole il viso bagnato
Le afferra delicatamente le mani, accarezza i tagli sul dorso e sospira, sentendo gli occhi pizzicare. Non si era mai legata così ad una paziente, tanto da arrivare a piangere per lei, insieme a lei.
«Posso... Posso vedere?»
Camila annuisce e gira la testa dall'altra parte mentre la dottoressa le toglie le bende che coprono i numerosi tagli profondi. Si china a baciarle ogni cicatrice, senza trattenere le lacrime.
«No» quasi urla, liberandosi dalla presa «Tu non... Non farlo mai più»
«Camila, non è la prima volta che lo faccio»
«Ma...»
«Ehi, sono io, devi stare tranquilla» la interrompe
Annuisce e lascia che le prenda la mano, tenendola nella sua grande.
«Quella notte sentivo un peso sullo stomaco, qualcosa mi stava strozzando. Stavo avanzando verso la finestra per prendere aria e nel tragitto vidi il mio riflesso allo specchio, feci finta di nulla ma poco dopo ero lì, passo dopo passo, a fissarmi, con una rabbia, un dolore. Tirai un pugno, proprio dove era riflesso il mio viso. E mi sentii bene non appena vidi il sangue colare dalle nocche ma avevo bisogno di più, sempre più» confessa, provando forti e visibili emozioni «E-ero io quel peso, Lauren! Perché mi odio? Perché quando mi guardo allo specchio tutte le mie certezze crollano? Sento le risate di tutti, ogni presa in giro, qualsisi cosa mi abbia ferita e vedo un'altra me che ride alla mia faccia cupa. Mi sento derisa anche da me stessa, dalla mia stessa vita. Tutta la mia vita è una presa in giro! Mi odio, Lauren, mi odio con tutta me stessa e non merito di vivere, sono un fottuto spreco di tempo e non so neanche perché tu sia qui con me quando dovresti stare a casa» confessa tutto d'un fiato «Vo-voglio morire, voglio mo-morire»

Finisce con la testa sulle gambe di Lauren, la quale le accarezza, delicatamente, i lunghissimi capelli, cercando di farla calmare e ascoltando in silenzio il suo dolore che le arriva come un pugno in pieno petto.
Camila intreccia le dita con quelle della dottoressa e respira a fatica, continuando a singhiozzare. Lei era l'unica ragione per cui non affondava più giù la lametta o non prendeva le lenzuola per impiccarsi. Non sarebbe mai dovuta uscire, ma starle vicino, vederla felice con suo marito, faceva più male di quanto ne faceva a sé stessa.

Disrupted ||CAMREN||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora