III

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È difficile ammettere ciò, per questo provo a raccontare cosa mi passa per la testa tramite la scrittura.
Non credo di stare male, forse sì, so solo che mi aiuta, mi fa sentire libera e voglio sempre di più.
Ormai far scorrere un oggetto tagliente su una qualsisi parte del mio corpo è diventata una vera e propria dipendenza, quasi giornaliera. Ultimamente ho iniziato a provare paura. Ho paura di non riuscire a tornare in superficie e rimanere per sempre in questo buco nero. Ho paura di me stessa e di quel pensiero fisso che è il suicidio. Ma io non voglio uccidere me stessa, solo quella parte cattiva, quella che ride di me quando mi vedo riflessa. Quella che mi fa sentire voci strane e i suoi demoni si impossessano di me e non riesco a respirare. Non riesco a capire chi sono. Chi sono io? Ho passato così tanto tempo a diventare chi dovrei essere che mi sono persa lungo la strada e non ho trovato la via del ritorno. Un vortice nero mi ha ripresa con sé.
Il suicidio è diventato un pensiero fisso ed inizio a sentirmi soffocare e la voglia di "disegnare" sul mio corpo, utilizzando esclusivamente il colore rosso, diventa sempre più grande.
Fa così male non poter controllare tutto ciò e automaticamente trasformare la rabbia in solitudine e la solitudine diventata un impegno. Tutto si trasforma in ansia, la quale ormai è diventata come una cugina della depressione che è obbligata a portarla alla festa. Io sono la festa e non voglio partecipare!
L'insonnia mi accoglie tra le braccia e ha il potere di far sembrare la luna una perfetta compagna. Potrei contare le pecore ma io riesco a contare solo le ragioni per restare sveglia e quindi cammino, cammino...
E tutto mi fa ricordare di essere in un oceano di felicità nel quale mi è permesso battezzarmi.

Lauren posa la lettera scritta da Camila. Alza lo sguardo e punta gli occhi lucidi su di lei che tiene il viso chinato. Troppe emozioni ci sono in gioco e sa benissimo che non ha il coraggio di affrontarle.
Il rumore dei tacchi a spillo riecheggiano sul pavimento. La dottoressa si piega sulle gambe e prende tra le sue mani il volto della paziente.
«Perché sei andata via?»
Il suo tono è come un dolce sussurro ma è anche deciso e severo. Se Camila si fosse suicidata, se Camila non fosse sopravvissuta, non se lo sarebbe mai perdonato. È tutta colpa sua. Non avrebbe dovuto dimetterla.
«Camz» insiste, nuovamente
Questa volta riesce a specchiarsi in due enormi occhi nocciola e riesce a leggere tutto il dolore. Tutte quelle parole sono lì e lei non si era mai accorta di nulla.
«Pe...Perché» biascica «Non volevo più essere tua paziente»
«Cosa significa? Potevi benissimo dirmelo invece di rischiare, no? Hai messo a rischio la tua vita per un qualcosa di stupido»
«Non era per un qualcosa di stupido!» alza la voce di qualche ottava «Non volevo farmi curare da nessun altro, nessuno avrebbe dovuto prendere il tuo posto, ma non potevo continuare così, Lauren. Non potevo continuare a...» le parole le muoiono in gola
«Parla»

Camila si alza dalla sedia e comincia a fare avanti e indietro per lo studio, passando più volte le mani sul viso.
«No, non ha più importanza ormai» taglia corto
«So benissimo cosa stai per dire»
«Sentiamo allora»
Lauren la squadra da capo e piedi, con le braccia sotto il petto, e non accenna ad aprire bocca.
«Ecco a punto» ringhia Camila «Tu non sai un bel nulla ed è meglio così»
«Io so, so fin troppo» risponde calma «Ma voglio che sia tu a dirmelo»
«Credimi, meglio...»
«Ho divorziato per te Camila. Ho mandato a puttane il mio matrimonio per te! Ero pronta a licenziarmi per te e trovare un altro centro sanitario. Ero pronta a tutto, a giocarmi qualsiasi cosa per te. Perché? Perché ti amo, ti amo, cazzo se ti amo!» ride amaramente «Ti amo da sempre, da quando sei entrata nel mio studio a diciassette anni, ora guardati, sei una donna e più incontro il tuo sguardo, più capisco che ho fatto una grandissima cazzata a lasciarti andare e non parlo solo dal punto di vista professionale!»
Dopo la confessione, che mai avrebbe creduto di dire ad alta voce, con passo sicuro, si avvicina a lei e prova ad avere un minimo contatto. Ma ciò che riceve è solo uno schiaffo.
«Ho passato anni a soffrire per te» ammette furiosa «Ed ora te ne esci con questa cosa? Ora... Certo.»
Lauren deglutisce rumorosamente, massaggiandosi, nel frattempo, la guancia dolorante.
«Pensi non abbia mai sofferto? Pensi sia una donna tutto d'un pezzo? Magari un robot privo di emozioni. Se mi avessi fatto cenno, una qualsiasi cosa, io avrei mollato tutto per te ed ora non saremmo qui! Al diavolo le terapie e le medicine, potevo salvarti con il mio amore, perché certe volte non serve altro che quello»
«Credi che ora possa cambiare qualcosa?» sospira « La mia mente continua a rompersi nello stesso punto, come una ferita mai del tutto sanata: ho paura. Paura di qualsisi cosa. Paura di avere te, paura di me, della mia vita e di tutto quello che ancora devo vivere e non faccio altro che soffrire e far soffrire. E lo sai che sto male mentalmente, conosci bene il mio profilo psicologico, il mio umore cambia troppo in fretta perché il mio cervello regga al passo. A volte sto bene, rido, parlo e all'improvviso il giorno diventa notte e non voglio avere nessuno al mio fianco e potrei farti male. Non merito il tuo amore e non merito di essere felice»

Calde lacrime rigano il candido viso della dottoressa. Per la prima volta si mostra nella sua fragilità e depone le armi. È con il cuore in mano, nuda, senza veli.
«Perdonami, Lauren, ma sono fatta di puntini neri e bianchi in un corpo grigio ed io... Io non so quale parte di me sia vera. Come faccio a farmi amare se neanche io mi conosco? Mi sento così schiacciata dalla folla in una stanza sporca. La folla è il silenzio che mi butta a terra, il silenzio del dolore e delle urla che non escono e lo sporco sono solo io. Una insignificante macchia, capisci?» insiste con voce tremante «Pe-perdonami»
«Dimmi che mi ami»
«Lauren...» piagnucola
«Tu sai amare, ti sei amata, sai come si ama e hai amato anche a me. Dimmi che non hai mai smesso, dimmelo»
«Nei miei sogni sento le tue mani su di  me. Voglio sentire il tuo calore, voglio tutti i tuoi sorrisi» confessa «Ti amo, non ho mai smesso e non potrò mai smettere»
Lauren tira su col naso, si passa le dita sotto gli occhi, prestando attenzione al trucco, e sospira leggermente, lasciando poi prende il sopravvento ad un lungo silenzio e sguardi furtivi.
«Ho fatto tanto, tanti sforzi per essere l'eroina ma credo di essere solo l'antagonista di questa storia» sussurra, stringendo le mani di Camila «Ora basta. Voglio essere la tua poesia, non più la tua poetessa. Voglio salvarti, voglio darti tutto e, per quanto difficile e complicato sarà, stare sempre al tuo fianco, risanando ogni ferita. So di poterlo fare, permettimi di farlo. O Camila, non ho più parole, ma credo che questo inizierà a sistemare le cose»
Poggia delicatamente le labbra sulle sue. Sente un mezzo sorriso da parte della più piccola ed infine due braccia che si allacciano al suo collo.
«Sai perché quando entravo qui sorridevo e dicevo di stare bene? Dove ci sei tu c'è casa. Mi sento al sicuro e chiudendo questa porta so che nessuno potrà mai farmi del male» soffia sulle labbra della dottoressa e quest'ultima accenna un sorriso
«Voglio essere il tuo presente ed il tuo futu...»
Camila le morde il labbro inferiore, interrompendola.
«Sei già tutto ciò di cui ho bisogno per sopravvivere»

FINE.

Disrupted ||CAMREN||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora