L' INCONTRO

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Otto Agosto.

Molta luce intorno, un senso di pace penetrante e qualcosa di diverso dalla paura mi spinse a emergere dal sonno. Aprii gli occhi. Avvertii la sua presenza
Era da qualche parte nella stanza. Avrei voluto alzarmi e incrociare finalmente il suo sguardo, ma sicura che se lo avessi fatto si sarebbe volatilizzato restai immobile e nella mia immobilità cominciai a parlare. "Sono settimane che passi a trovarmi. Non so chi sei e perché lo fai, ma sarebbe gradita una spiegazione"
Sentii il suo respiro. Un sospiro tra le ombre nella penombra. Era chiara l'intenzione, nessuna spiegazione. "Almeno permettimi di guardarti". Un altro sospiro, questa volta però non so perché lo interpretai come un sì e mi sollevai. Lentamente.
Era notte fonda dal cielo pioveva luce bianca, guardai la stanza nel chiarore debole e lo vidi. O meglio intravidi due piccoli punti luccicanti che mi fissavano da piedi letto. Volutamente nascosto, avvolta nel silenzio dei miei stessi pensieri passai diversi minuti a meditare e guardare il buio spezzato da quella brillantezza aspettando una parola un cenno che non arrivò.
" Conosci il mio viso, il ritmo del mio respiro, le pose che il corpo assume nel sonno, ma non dai a me la stessa possibilità. Non è corretto. Così parto svantaggiata". Emise un suono divertito, lasciò passare qualche minuto e mi chiese, "Non hai paura?".
"Forse dovrei, ma per quanto assurdo possa sembrare non ne ho"
"Non è poi così assurdo". Lo disse sorridendo, in un sussurro, provocandomi un tonfo al cuore.
Ci fu silenzio per parecchio tempo dopo e mentre nell'aria non si udirono altri suoni se non il mio e il suo respiro mi domandai, per quale motivo fosse riluttante a mostrarsi. Nell'istante in cui lo pensai la luminosità dei suoi occhi si restrinse, inspiegabilmente avvertii la sgradita sensazione che mi stesse in qualche modo leggendo la mente.
-Che assurdità- abbassai le palpebre per scacciare il pensiero e tornai; con lo sguardo su quella sagoma definita nei contorni indefinita nell'assenza di colore intenzionata a scoprirne i lineamenti esclamai: "Voglio vedere la tua faccia"
"Spiacente, ciò che vuoi tu non corrisponde a ciò che desidero io"
"Non sono una che cede facilmente"
"Non lo metto in dubbio, ma non puoi certo obbligarmi"
"Accenderò comunque la luce". Al gesto di avvicinare la mano all'interruttore posto sopra il comodino scivolò fuori. Via da me.
Non più vicino, lontano chissà dove, non sapendo se sarebbe tornato sentii salire dal profondo una sofferenza mai provata. Si conficcava nel cuore, lacerava le carni; di punto in bianco, piansi.
Non c'era motivo, non avevo alcuna ragione per sentirne la mancanza ma le lacrime continuavano a scendere. Lente sulle guance mi bruciavano la pelle . Pesanti sul cuore mi mancò l'aria.
"Spesso chi rinuncia
sicuro di aver perso
ha perso già in partenza"
Le parole della canzone che non mi stancavo mai di ascoltare fecero capolino nella mente ricordandomi che non ero il tipo da lasciarsi andare alla prima difficoltà e che non tutto era perduto. Asciugai con il dorso della mano i rivoli tristi , ripresi la posizione supina, prima di richiudere gli occhi "Sono qui che ti aspetto" affidai la preghiera al chiaro di luna.

****
"e anche questa notte niente; non si è fatto vedere". Mi trascinai giù dal letto senza averne alcuna voglia.
Mi vestii senza badare a cosa indossare, presi i libri,senza far colazione, raggiunsi la fermata dell'autobus, dove Eva e Alyssa mi aspettavano. Nel mezzo pensai al misterioso ragazzo.
Non sapevo quale oscuro bisogno mi spingesse a volerlo, ma desideravo senza comprendere che tornasse a farmi visita.
Dall'ultima volta erano passate tre settimane. Settimane in cui il sentirmi incompleta e la sensazione di peso sullo stomaco non mi abbandonavano un secondo.
Non avrei voluto che altri all'infuori di me si accorgessero dell'insolito e alquanto strano umore, cercai di apparire allegra e sorridente ma per quanto mi sforzassi Eva da giorni mi fissava con occhi colmi di tacita e assoluta preoccupazione. - Mi conosce, la conosco; non se ne starà zitta e in silenzio. Prima o poi mi costringerà a delle spiegazioni. – La vidi da lontano, - Ha quello sguardo. Mi sa che quel giorno sarà proprio oggi- Mi avvicinai con un sorriso smagliate mascherando lo sguardo triste dietro un paio di occhiali da sole e salii sull'autobus per ultima, sperando che Alyssa prendesse posto accanto a Eva , con un sospiro di sollievo andò esattamente così. Ma non servì a molto. Non bastò a fermarla. "Si può sapere che hai ?".
La guardai fingendo di non capire. " Ti comporti in modo strano, ridi sorridi ma non sei tu. Cosa c'è che non va?". Restai in silenzio. Strinse gli occhi.
"Non ho niente"
"Se è niente perché quegli occhiali?"
"C'è il sole"
"Fuori forse, qui no e nemmeno in mensa". La piega che stava prendendo la discussione spinse Alyssa a volgere timidamente lo sguardo al finestrino. Eva e io continuammo a guardarci senza parlare.
Era mia amica, come Alyssa e Casey ma per lei nutrivo un sentimento più profondo. Ci conoscevamo da più tempo, sapevamo quasi tutto l'uno dell'altra e condividevamo lo stesso destino: entrambe sapevamo cosa significasse crescere dentro una famiglia allargata. Senza recinzioni senza segreti, il nostro legame era speciale. Ci bastava uno sguardo per capirci. Se l'una o l'altra era triste o stranamente silenziosa non ci accontentavamo di veder tornare il sorriso, volevamo capire il perché se ne era andato. A Lei avevo sempre detto tutto. Tacere mi era difficile. Fingere mi era insopportabile.
Socchiuse ancor di più gli occhi ."Continui a guardarmi come se ti aspettassi una risposta diversa. Non ho niente, come te lo devo dire?" Guardai fuori dal finestrino, triste per quella menzogna.
"Mi stai nascondendo qualcosa, me lo sento". Scrollai la testa . "Scoprirò cos'hai".
Arrivammo a scuola poco dopo, scesi dall'autobus incurante del suo sguardo, mentre ci stavamo dirigendo in classe oltre ai suoi occhi avvertii la pressione di altri insistenti su di me. –Che sia...-La sagoma sfumata dell'angelo della notte si accese nella mia mente.
Non è possibile. Mi dissi. Ma quel morso alla bocca dello stomaco era lo stesso di quando quegli occhi, i suoi occhi misteriosi, mi guardavano; augurandomi non fosse un abbaglio di speranza ma realtà con un palpito di emozione andai in cerca.
Mi guardai intorno senza sapere cosa cercare. C'erano molte facce. Nuove e sorridenti. Alcune particolarmente accattivanti. Ma nessun sguardo era tanto penetrante da incastrarsi al mio. Stavo per rinunciare quando sentii dietro di me come un richiamo. Girai lo sguardo... La fronte sepolta sotto ricci foltissimi e occhi blu. Un blu intenso , luminoso. Era Lui, Non poteva che essere così. Un sorriso interno si aprì nei miei occhi tracciando due scie di luce agli angoli della sua bocca. Aveva un sorriso fantastico.
Mentre occhi dentro occhi l'emozione cresceva Eva e Alyssa non accorgendosi continuarono a camminare, Casey mi disse qualcosa che non capii e poco dopo anche Lei si allontanò; le aveva appena raggiunte quando prendendo la direzione opposta gli andai incontro. Ero intenzionata a scoprire chi fosse, cosa volesse, ma non appena gli fui davanti le domande si dissolsero.
L'uno difronte all'altro ci studiammo a vicenda.
-Ha capelli di una consistenza così soffice che viene voglia di accarezzarli. La pelle è priva di qualsiasi imperfezione, i lineamenti fini delicati, gli zigomi alti ma non sporgenti; è quasi senza labbra per quanto fini - Lo fissai con estrema attenzione imprimendo ogni particolare del suo viso, allo stesso modo Lui passava come dita la penetrante maestosità dei suoi occhi sul mio volto.
Fra la luminosità di quello sguardo e l'emozione di averlo dinnanzi la momentanea sensazione di appartenere a un mondo diverso si impadronì di me creando immagini di Noi in un altro spazio in un altro tempo. Come se stesse vedendo quello che vedevo io il sorriso si allargò mostrando una fila di denti bianca perfetta.
" Sei... ".
" SI! Sono Io". Una spinta mi premette sulle labbra innalzando gli angoli, la tenue ombra di due piccole imbarazzanti fossette si formò ai lati della mia bocca. Si formavano ogni volta che sorridevo. Ma solo quando ero felice le guance assumevano un'impercettibile colorazione più rosea. Nessuno la notava .- Nessuno eccetto Eva.Ma è lontana e...-
"Skyler ..". Accortasi della direzione presa dai miei piedi aveva arrestato i suoi. Con braccia incrociate al petto e un'espressione truce scoccava occhiate curiose in direzione mie e del ragazzo.
-Se si avvicina...-Non osai pensare a cosa sarebbe potuto uscire dalla sua bocca.
" Ti chiamano". Accennò un breve incantevole sorriso in direzione di Eva, la reazione uno sguardo stretto e ostile.
"Ho l'impressione che mi prenderebbe volentieri a calci".
"E' molto protettiva, ma non morde". Tornò con gli occhi su di me, unì il sorriso al mio. Studi in questa scuola?, stavo per chiedere, quando mi sentii tirare per la manica della felpa. Era Eva.
"Ci farai fare tardi a lezione". La guardai e non seppi nascondere l'interesse che quel ragazzo aveva suscitato.
"Acquarello sulle guance...". Sorrise, guardò il ragazzo e senza darmi la possibilità di salutare mi trascinò via ridendo. Poco dopo, quando fummo abbastanza lontani per non essere ascoltate fermò di colpo i piedi.
"E quello chi è?"
"Non ne ho la più pallida idea". Non convinta mi scrutò di sottecchi. "Se conoscessi uno così lo sapresti"
"No, se è la causa del tuo strano umore".
"Non so chi sia, te lo giuro". Alzò gli occhi al di sopra delle mie spalle. Un' espressione del tipo, lo scopriremo presto, mi fece tornare di scatto su di Lui, in quell'attimo breve e intenso incontrando i suoi occhi arrossii.
"Per non sapere chi è arrossisci un po' troppo facilmente". Mi girai dall'altra parte e con passo svelto mi affrettai a raggiungere le altre. In classe, per le successive quattro ore non feci che pensare a Lui e al suo sguardo leggero su di me.
Al suono della campanella per evitare Eva schizzai via, mentre stavo raggiungendo l'armadietto per poco non mi scontrai con il professore di astronomia. "Stia più attenta Signorina". Mi rimproverò con tono incerto spingendo indietro gli occhiali scivolati sul naso.
Era un bravo professore, ma talmente timido e impacciato che bastava guardarlo anche solo per pochi istanti dritto negli occhi per vedere il suo volto cambiare colore. Tutti lo sapevano e tutti per non metterlo in imbarazzo evitavano di fissarlo. Io non ci riuscivo mai. Era più forte di me. "Mi scusi". Pur cercando di non posare gli occhi nei suoi involontariamente li centrai, in pochi attimi il disagio fu evidente. Era di un rosso così vivace che gli occhi verdi brillavano come lampadine. Mi fu quasi impossibile trattenermi dal ridere.
"Non si corre per i corridoi, è scritto dappertutto". Abbassai la testa la tenni bassa e mentre mi rimproverava, in cuor mio pregavo, Non ridere. Per favore non ridere.
"Si poteva far anche male,lo sa?". Con la coda dell'occhio vidi Eva scrollare la testa e Alyssa con Casey mordersi le labbra . Un piccolo riso mi spuntò sulla bocca.
"Non dirò niente alla preside, ma stia più attenta". Dopo non so quanto mi lasciò libera di andare, voltato l'angolo per il rossore e la figuraccia scoppiai a ridere.
Di spalle," che suono meraviglioso". Non una voce qualunque pronunciò quelle parole, ma Lui. Mi voltai di scatto. Il sorriso .Gli occhi...La mia reazione non poteva che assomigliare a quella del professore.
"Mi piace quando ridi". Si avvicinò sino a portarsi davanti a me. Un sorriso imbarazzato mi tese le labbra.
"E mi piace questa". Sollevò un dito e lo pose sulle labbra. Sentii un brivido attraversarmi per intero; dalla punta dei piedi ai capelli ero un fremito. E se ne accorse, perché dentro al suo sguardo vidi un chiaro nitido sberluccicare di soddisfazione.
"Che dici se ti accompagno a casa?". Non ebbi un attimo di esitazione ad accettare "Dico si, ma c'è un problema: non mi accompagno mai a sconosciuti"
"Mmmm, questo è un grande problema". Si passò una mano sul mento, negli occhi aleggiò un riso divertito.
"Dovresti almeno dirmi come ti chiami".
"Potrei...Dovrei...Nash". Mi tese la mano. "Il mio lo conosci". Risposi stringendola. Il blu penetrante si infilò nel mio, guardandolo fissamente dritto negli occhi mi sorpresi di quanto simili fossero le nostre iridi. "Abbiamo lo stesso colore ".
"Quasi. Il tuo ha una sfumatura di viola in più". Mi fece notare con un sorriso.
Il modo e l'intensità in cui lo disse... faticai per non arrossire nuovamente.

Misteriosamente,tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora