Geminidi - La notte dove tutto si può chiedere

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Oggi devono esserci le stelle cadenti, devono esserci proiettili argentei che solcavano il cielo,che promettono di far avverare i desideri, simboli della speranza che è sempre l'ultima ad andarsene.

E io come una bambina sono rimasta tutta la notte avvolta in un fagotto di giacche e coperte, con il naso all'insù, con gli occhi di chi sogna di andare altrove, di trovare la sua strada, di far avverare almeno uno dei tanti sogni che riempiono il cuore fin da bambini.

La mia testa persa ad ascoltare le mie canzoni preferite, in un altro mondo in cui posso stare solo io. Un mondo segreto e nascosto, dove io non sono sempre a piangermi addosso ma vivo, sono una guerriera che corre libera nel bosco a cavallo,alla ricerca di un cervo con la freccia già incoccata, l'arco già teso. Nel mio mondo non c'è spazio per la cattiveria, non c'è spazio per chi parla male, per chi è cattivo. Nel mio mondo non c'è odio, non c'è razzismo, non ci sono mai state guerre; nel mio mondo ci sono solo io, e conto solo io. Combatto per me stessa e per sopravvivere, alienata da sentimenti ed emozioni, vivo d'istanti e d'attimi. Vivo per sentire il profumo della criniera del mio cavallo scossa dal vento, lo scricchiolare delle foglie secche sotto ai miei piedi, per sentire la neve che si appoggia a terra e riempie tutto del nulla. Il mio posto segreto che posso esplorare solo nei miei sogni, un posto che per nessuno esiste, e in cui nessuno è ammesso.

Oggi devono esserci le stelle cadenti, e qualche desiderio da esprimere lo ho anche io. Vorrei passare un altro natale con mia nonna, vorrei che stesse meglio e mi riconoscesse, vorrei tornare a quando ero bambina e cucinavamo lo strudel insieme. Ricordi nonna? Ricordi quando andavo io a raccogliere le fragole nel fosso perché tu non riuscivi? Ricordi quando andavamo alla ferrovia a salutare i treni? Nonna, ti ricordi? Ti ricordi di me?

Vorrei ancora una volta galoppare insieme a Revlon, il mio grande gigante gentile. Ma lui non può. Non c'è nulla da fare se non lasciargli la sua meritatissima pensione. Ma ogni volta che lo vedo il mio cuore piange, perché si ricorda di quanto bello fosse stare sulla sua groppa. Delle sue zampe poderose che aggredivano il terreno, che avanzavano fino al limite, e lo superavano se io lo chiedevo. Il mio cuore piange perché tu sei sempre stato un bastardo, che non vuole coccole o carezze. Ma a me hai dato più di chiunque altro anche solo guardandomi. Anche se non sei mai stato un cavallo affettuoso, mi stavi vicino quando arrivavo da te in lacrime, perché tutto mi era caduto addosso,un'altra volta.

Vorrei che mio padre fosse felice. Non dico mediamente felice, ma felice felice. Ha sempre dato tutto per me e dalla vita ha ricevuto solo delusioni. Spero solo di non farne anch'io parte. Non so se papà leggerà mai questo scritto, ma se per caso tu lo stessi leggendo, sappi che sei il mio eroe. E non ti serve un'armatura, o combattere i cattivi. Ti ho visto in ginocchio così tante volte, e altrettante ti ho visto rialzarti, spolverandoti le spalle dai pesi che reggevi e che hai spostato. Vorrei che tu fossi sereno, felice e senza preoccupazioni papà, e combatterò per darti questo, perché lo meriti.

Oggi devono esserci le stelle cadenti, e migliaia di persone sono dei fagotti felici come me a guardare il cielo, a desiderare amore, fortuna, felicità per sé e per gli altri. Migliaia e migliaia di desideri espressi in tutto il mondo, affidati a quegli astri infuocati alla fine dell'orizzonte. Chissà che fine faranno, chissà se quei desideri diverranno realtà. C'è qualcosa tipo la pentola alla fine dell'arcobaleno dove vengono raccolti? Forse è proprio dietro i colli che vedo dalla terrazza di casa. Chissà che forma ha un desiderio. Ci avete mai pensato? Come sono fatti? Sono rotondi, quadrati o triangolari? Hanno un colore, un profumo? Si possono mangiare?

Oggi devono esserci le stelle cadenti, e io voglio sentire solo il suono del silenzio. Voglio sentire le orecchie pulsare e il mio stesso cuore battere. Voglio non essere più in grado di sentire questa voce nella testa. Questa coscienza malfidata che nella vita mi ha fatto solo del male, mi ha portato a scelte sbagliate, a perdere amici, a perdere il senno, e a non poterlo più recuperare. Voglio fermare i pensieri. Fatemi scappare, scappare da questa vita che mi sta stretta!

Oggi devono esserci le stelle cadenti, e io desidero la forza che ha la mia sorellina. Così piccola e forte da abbandonare la metà della famiglia che l'ha fatta soffrire. Desidero il suo spirito, che la fa alzare ogni mattina con la forza di ricominciare, di andare a scuola con mezz'ora di anticipo, stando seduta fuori al freddo, solo per parlare con le sue amiche. Lei che ha mille talenti e si nasconde. Dovreste vederla quando disegna: i capelli raccolti in una matassa bionda e disordinata, la musica talmente alta da poterla sentire dall'altro lato della stanza, concentrata in ogni singolo tratto di grafite che lascia sulla carta. Quando sbaglia non di deprime, né si arrabbia. Cancella e ricomincia da capo. Ha riempito interi quaderni di prove, mani, occhi, pose. Quando li sfoglio, vedo i suoi progressi e vedo in quei disegni la determinazione nel voler riuscire, di volercela fare. È la mia guida anche se è così giovane, dovrei imparare molto da lei.

Oggi devono esserci le stelle cadenti, e appena ho alzato gli occhi al cielo ho iniziato a piangere. Senza motivo, senza certezze. Solo lacrime che rigavano le mie guance e lasciavano solchi ghiacciati sulla mia pelle. E ho iniziato a precipitare nel mio vuoto. Mi sono già sentita così, quando mi deridevano a scuola, ogni ora, ogni giorno, per nove anni. Quando sono tornata a casa con un occhio nero, però no mamma, non è nulla. Quando mi sono sentita così sbagliata che ho pensato di uccidermi, perché non vedevo nulla di buono per me nel futuro. Mi sono nascosta nella mia pelle, riaprendomi ogni volta le ferite perché il dolore mi faceva sentire bene. Ero drogata della mia stessa sofferenza e lo sono tutt'ora. Ancora oggi penso al coraggio che mi è mancato, a quella che doveva essere la mia soluzione definitiva. Ancora oggi, mi sento trascinare nel mio buco, nell'oscurità che mi è tanto amica, che mi protegge e mi accarezza. E ogni volta che chiama io rispondo, e torno a sputare veleno tutt'intorno a me, per proteggermi dico io. O per proteggere gli altri da me? Forse entrambe le cose. Forse nessuna delle due. Forse perché per me è sempre stato più semplice essere la vittima e il carnefice, facendomi odiare e lamentandomi degli altri. E ogni sera tornavo a casa, litigando con mia madre perché non c'è, non c'è mai stata, perché lei è una madre single con due figlie e deve portare a casa la pagnotta. Prendevo a pugni il muro finché le nocche non mi sanguinavano, finché le spalle erano in grado di assorbire il colpo. L'univa via di fuga per la gabbia che mi sono creata è scrivere, battere sulla tastiera scrivendo melodie che nessuno mai ascolterà per come sono state scritte, dove la gente metterà le mani, tagliando qui e aggiungendo lì, così sono più orecchiabili.

Ma sapete una cosa? Stasera quel pianista non ha suonato se non per lui, perché guardando il cielo con speranza, si è sentito ancora una volta al di fuori dal mondo. Non compreso. Non amato. Dimenticato. Tradito da se stesso. Ha chiamato la speranza ma non c'è stata risposta. Anche lei alla fine è morta.


Oggi dovevano esserci le stelle cadenti e io non ne ho vista nemmeno una.

L'anno con le stelleWhere stories live. Discover now