Cappuccetto nero

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Una nebbiosa sera d’inverno, il nonno chiamò Cappuccetto Nero e gli disse: «Preparami la cena».

«Fattela da solo. Io esco con i miei amici».

Cappuccetto Nero mise una giacca a vento nera ed uscì sbattendo la porta. Accese la sua moto nera rombante: aveva la marmitta rotta.

Destinazione: pizzeria, per incontrarsi con gli amici.

Il nonno restò un po’ a borbottare arrabbiato. Poi decise di seguirlo con il suo vecchio trattore.

Cappuccetto Nero correva a tutta velocità. La strada era sassosa. Si sentì un gran botto e la moto cominciò a fare un rumore che avrebbe svegliato i morti: aveva perso la marmitta.

Cappuccetto, invece di fermarsi, accelerò. La moto buttava scintille e le erbe secche prendevano fuoco. Ma Cappuccetto Nero non volle fermarsi.

Per fortuna, il nonno arrivò prima che le fiamme divampassero e si fermò per spegnere l’incendio.

Pochi minuti dopo, però, il motore della moto cominciò a tossire. La moto avanzò a sbalzi per qualche decina di metri, infine si fermò.

Cappuccetto Nero si guardò intorno. Nonostante la luna piena, la nebbia e l’ombra del bosco non lasciavano vedere quasi nulla.

All’improvviso un soffio ritmico e gelido. Si voltò e sentì degli squittii venire dallo stagno vicino: i topi scappavano. L’acqua cominciò a gorgogliare. In una strana luce giallognola emerse un essere ricoperto di alghe.

Grondando acqua uscì dallo stagno e si diresse verso Cappuccetto Nero, che impallidì, iniziò a tremare per la paura e svenne.

Quando si riprese, era incatenato in un antro umido, illuminato solo da un pezzetto di candela puzzolente.

L’Uomo Alga si accese di luce giallognola e disse: «Vergogna! Non solo hai svegliato tutte le creature del bosco con la tua moto fracassona, hai anche dato fuoco alle erbe e non ti sei fermato per spegnere l’incendio. Molti esseri viventi hanno rischiato di morire. Ora sei nella mia caverna sotto lo stagno e presto sarai processato dal tribunale del bosco».

L’Uomo Alga suonò un campanello e comparve una squadra di rospi. Presero Cappuccetto e lo portarono a nuoto fino alla superficie dello stagno.

Sulla riva lo consegnarono a una pattuglia di pipistrelli che lo scortarono fino al tribunale.

Entrarono in una quercia cava: un passaggio portava ad una grande caverna sotterranea affollatissima di animali. C’erano talpe, scoiattoli, tassi, gufi, volpi, ricci, lupi, civette e tanti altri ancora.

Quando Cappuccetto Nero entrò, tutti gli animali mormorano e lo fissarono arrabbiati.

«Silenzio! – gridò il giudice, un grosso cervo, battendo uno zoccolo – La parola all’accusa»,

Apparve l’Uomo Alga e iniziò ad elencare i molti animali che avevano rischiato la vita e subito dei danni per colpa di Cappuccetto Nero. Mentre l’Uomo Alga li nominava, gli animali si mostravano al pubblico uno ad uno. La sfilata durò quasi due ore.

Cappuccetto Nero cercò di parlare per difendersi, ma il giudice lo zittì con un colpo di zoccolo in testa: che male! Gli animali risero e Cappuccetto iniziò a piangere.

Intanto, il nonno aveva trovato la moto abbandonata e, preoccupato, si mise a cercare il nipote facendo luce con una torcia elettrica. Girò a lungo senza trovarlo. Poi sentì uno strano mormorio, come un pianto umano mescolato a versi di animali. Una luce fioca usciva da un buco nel terreno. Accostò l’occhio e vide il grande cervo giudice mentre pronunciava la sentenza: «Cappuccetto Nero, il tribunale del bosco ti condanna a morte: verrai chiuso in una gabbia e lasciato morire di fame».

«Non è giusto! – urlò il nonno – Fatemi entrare».

Gli animali, stupiti, mandarono i pipistrelli per accompagnare il nonno nella sala del tribunale.

«Che cos’hai da dire?» chiese il grande cervo giudice.

«Dico che è un’ingiustizia: dov’è l’avvocato difensore? E poi, io vi conosco; ho aiutato tanti animali del bosco. Perché ora voi condannate a morte mio nipote?»

«Ha ragione – mormorano alcuni animali – Grazia!»

«Il nonno è buono, ma Cappuccetto non lo è. Merita la condanna» dissero altri animali.

«Propongo di sottoporre l’imputato ad una prova – disse un vecchio cinghiale saggio ed autorevole – Se la supererà, lo grazieremo, altrimenti morirà».

L’assemblea degli animali approvò la proposta ed il giudice stabilì la prova: Cappuccetto avrebbe dovuto liberare la metà del bosco dalla mummia millenaria ed orribile che spaventava tutti gli animali.

«Da dove arriva questa mummia e perché gli animali hanno tanta paura?» Chiese Cappuccetto con un fil di voce.

«È fuggita dal museo egizio. Ha succhiato il corpo di un guardiano, lo ha rinsecchito e lo ha messo nel suo sarcofago. Gli animali hanno paura perché quando li cattura li succhia e li lascia rinsecchiti: ha bisogno di liquidi per sentirsi viva» rispose il vecchio cinghiale.

Cappuccetto Nero sentì un gran mal di pancia per la paura e un brivido freddo lungo la schiena, ma il nonno lo rassicurò: «Cappuccetto, non ti ricordi di aver studiato la storia degli egizi? Le mummie vivono finché il loro corpo si conserva. Da qualche giorno non succhia animali: è secca secca. Potremmo farci una sola fiammata!»

In un attimo fu pronto il piano: Cappuccetto avrebbe attirato la mummia fingendo di fuggire verso la moto. Lì avrebbero sparso benzina e raccolto erba secca. Al momento buono, il nonno avrebbe acceso il fuoco.

Partirono alla ricerca della mummia. Quando Cappuccetto la vide si sentì gelare: era ancora più spaventosa di quanto avesse immaginato.

La mummia lo scorse, emise uno strano sibilo e cominciò ad inseguirlo. Cappuccetto iniziò la fuga. Scappò per quasi mezz’ora. Era ormai senza fiato e temeva ormai di esser preso quando arrivò alla moto. Il nonno fece subito divampare il fuoco. La mummia emise un urlo stridente, scoppiettò tra le fiamme e ne rimase soltanto un mucchietto di cenere scura.

Bruciò anche la moto, ma a Cappuccetto non dispiacque.

L’Uomo Alga e gli animali in festa li accompagnarono al trattore e li salutarono dicendo: «Tornate a trovarci».

All’alba, in una nebbia ancora fittissima, arrivarono a casa e si accorsero di avere fame.

Cappuccetto prese due pizze surgelate dal congelatore, le mise nel forno, stappò una bottiglia di lambrusco e mangiarono insieme.

Intanto, nel bosco, un raggio di sole illuminava le ceneri della mummia. Poi un colpo di vento le disperse. Non se ne sentì mai più parlare.

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