Entrammo in casa entrambi arrabbiati e molto silenziosi: la cena con i nostri genitori non era andata affatto bene e avevamo finito per litigare io e Jaebum.
Lo sentii sbattere la porta della camera da letto, mentre mi chiudevo in bagno per prepararmi per andare a dormire.Me ne andai in cucina lasciandolo in camera a sbollire. Presi dal frigo una birra e mi sedetti su uno sgabello alto davanti al piano di lavoro accanto ai fornelli. Appoggiai il mento sul marmo e rimasi a contemplare le goccioline di condensa sul vetro verde della bottiglia ancora chiusa.
Sentii dei passi e capii che stava venendo anche lui in cucina. Lo sentii fermarsi proprio dietro di me; mi posò una mano sulla spalla. Mi voltai e lo vidi lì in piedi davanti a me, la mascella serrata, la fronte corrucciata, lo sguardo severo, il mento leggermente in fuori (cosa che gli succedeva sempre quando si arrabbiava) e una mano in tasca.
Fissò lo sguardo dritto nei miei occhi e le io sentii il sangue gelarmisi nelle vene: sembrava davvero furioso, forse questa volta l'avevo fatta grossa. Cominciai a sentire le lacrime salire ad offuscarmi la vista."Cosa avevi in testa?"
"I-io... mi dispiace..."
"Ti dispiace... sai dire qualcos'altro oltre a quello?"
"... scu..."
"Oh andiamo y/n falla finita! Scusa... mi dispiace... cazzo sei sempre così passiva... tira fuori un po' di carattere... sai che ti dico... basta. Non ne posso più di stare con una così monotona. E cosa cazzo ti passa per la testa di rispondere a quel modo a mia madre?!"
Cominciai a singhiozzare e lasciar scorrere le lacrime senza poterle più controllare.
"T-tua madre... tua m-madre pensa che... che io non sia all'altezza d-del suo figlio così perfetto e... e... io non sono mai all'altezza... non sono alla tua altezza... non sono all'altezza del mio..."
Gli spasmi causati dal pianto mi impedirono di andare oltre. Nascosi gli occhi tra le mani e cominciai a singhiozzare come una bambina, sotto lo sguardo gelido e impassibile del mio ragazzo.
Mi afferrò per le spalle e mi scrollò forte facendomi spalancare gli occhi per lo spavento.
Mi strinse forte una mano e mi trascinò con sé. Mi spinse sul divano e appoggiò le mani sui cuscini accanto alla mia testa."Guardami. Smettila di piangere e apri gli occhi!"
Feci come diceva.
"Ti sta bene così? Me ne posso andare e lasciarti senza che tu dica nulla?"
Rimasi in silenzio a guardarlo, ero pietrificata. Certo non volevo se ne andasse, ma avevo davvero paura in quel momento."Va bene"
Si allontanò, prese la giacca e uscì dall'appartamento. Solo allora capii che ero una stupida ragazzina e che stavo per perdere la persona più importante della mi vita. Aprii la porta e lo trovai ad aspettare l'ascensore. Grazie al cielo non se n'era ancora andato."Non andartene..." lo sussurrai con un filo di voce tanto che non mi sentì, o forse fece apposta, ed entrò nell'ascensore. Bloccai le porte della cabina infilandoci un braccio in mezzo.
"Non voglio che tu te ne vada... ti prego resta."
Non mi aspettavo reagisse così: mi afferrò il viso tra le mani e mi costrinse ad indietreggiare fino a farmi sbattere le spalle contro il muro. Mi baciò, a fondo e con foga. Fece penetrare la lingua nella mi bocca esplorandola ed intrecciandola con la mia. Morse e torturò le mie labbra mentre con una mano stringeva violentemente la mia natica sinistra.Dopo quelle che sembrarono ore mi permise finalmente di riprendere fiato.
Mise entrambe le mani sul mio fondoschiena e mi sollevò da terra; rientrammo in casa e da lì tutto cominciò a degenerare.
Mi portò fino in camera da letto, dove mi fece cadere sul letto.
Sempre con quello sguardo fermo e deciso slacciò i nastrini del mio vestito, per poi lanciarlo sul pavimento da qualche parte in quella stanza buia.