Prima Goccia

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Il cacciatore di nuvole camminava stanco verso l'orizzonte. Una bigia serata come quella, nella periferia di un paesino che veniva ricordato solo dai suoi abitanti, era ciò che più si confaceva a un perdente come lui. Le strade quella sera erano totalmente vuote, ma per lui non faceva differenza: avanzava col suo solito cappotto bluastro fradicio e tutto consumato, che non cambiava da chissà quanti anni, al centro della strada che divideva la zona industriale dalla campagna. Paradossalmente egli non si trovava a casa in nessuno dei due luoghi. Il cacciatore si sentiva a suo agio solo con le nuvole, non più presenti quella sera nel cielo ormai terso. Eppure aveva piovuto poco prima. Più d'ogni altra cosa, però, egli amava la pioggia, il dolce frutto delle sue amate nubi, per questo non poteva dirsi totalmente insoddisfatto della giornata. L'aveste visto appena un'ora prima anche voi l'avreste capito, da come camminava lentamente per godersi ogni singola goccia sulla pelle e il conseguente brivido in tutto il corpo, da come di tanto in tanto apriva leggermente la bocca ed alzava il capo per assaggiarne timidamente qualcuna, o da come si fermava sotto ogni albero per ascoltare il "concerto" ticchettante che gli si parava davanti. Ancora assorto, quasi ammaliato, da questi pensieri e sensazioni nemmeno si rese conto di esser finito con la scarpa bucata dentro una pozzanghera. Arretró pian piano col piede sinistro, smuovendo e distorcendo la luce dei lampioni che si rifletteva nell'acqua. Per un istante ebbe persino il coraggio di guardare la sua immagine nella pozza ancora ondeggiante, non lo faceva da mesi. Era proprio come si ricordava: era una faccia molto magra e scavata nella quale era evidentissimo un naso a patata che quasi stonava col resto del volto, con degli occhi piccoli e incavati in delle profonde occhiaie, con una barba e dei capelli castani lunghi e selvaggi, questi ultimi in particolare, non venivano più tagliati da parecchio tempo; non c'era più nessuno a farlo. Del resto la madre e il padre del cacciatore erano scomparsi da tempo, lasciandolo in balia di un mondo che non aveva mai imparato ad affrontare, non da solo. Da solo, sì. Per un attimo ricordó il motivo della sua solitudine, mentre l'oscurità lentamente si impadroniva sempre più del cielo. Il motivo era il lavoro che aveva scelto di fare. Oppure, viceversa, aveva scelto di fare quel lavoro proprio per quel motivo? Effettivamente non si ricordava con certezza, del resto erano passati trent'anni da allora. In cuor suo sapeva solo che fare il cacciatore di nuvole comportava l'essere soli.

Cronache di un Cacciatore di NuvoleWhere stories live. Discover now