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Il mio schifosissimo diciassettesimo compleanno.
Vedevo le mie "sorelle" avanzare verso di me con quella torta, rub ata da chissà quale negozio.
Eravamo così poveri che la stessa candelina, ora posizionata sulla mia torta, due settimane fa era su quella per Ben.
Tutti intronarono la classica canzone di auguri. Un coro a dir poco smorto, senza passione o sentimenti.
Spensi la candelina e l'unica cosa che mi passò per la mente fu "la mia vita fa schifo".
Ed era vero.
Vivevo in una casa davvero poco ospitale in un ghetto malfamato, con altre sette persone, una delle quali era il fratello (non di sangue) per il quale avevo una cotta da almeno tre anni.
L'unico problema? Lui andava con tutte meno che con me.
Sette fratelli, tutti abbandonati alla loro sorte dai due anziani genitori che ci avevano adottati.
Prima eravamo arrivati io e Ben, dopo poco Sana e Momo e, successivamente, l'ultimo pacchetto, completo di ben tre pargoletti: Tyler, Josh e Chan.
Per vivere ci adattavamo alla legge che vige nella giungla: la sopravvivenza.
Rubare era per noi un'arte ormai sviluppata divinamente, poi c'erano i più intraprendenti che spacciavano (alcuni avevano anche il pallino per gli omicidi), mentre una parte minore, ma comunque abbastanza consistente, lavorava in qualche super mercato o simile.
Io facevo parte della prima categoria. Rubare e mentire mi venivano discretamente bene.
Il resto della mia famiglia rientrava nelle prime due cerchie.
Ma aver sette bocche da sfamare non è davvero semplice.
Eravamo una famiglia di male assortiti, quei reietti in fondo alla stanza, che non possono far altro che iniziare ad andare d'accordo tra loro, e cercare alla bene meglio di uscire da quella brutta situazione.
Non era stato facile all'inizio.
Sette bambini soli, abbandonati sul ciglio di una strada, dopo che le uniche persone che avevano avuto il coraggio di provarci erano morte.
Eravamo scappati prima che i servizi sociali avessero potuto prendere qualsiasi tipo di decisione. Da allora eravamo scomparsi nell'ombra. La notizia, all'inizio, aveva fatto scalpore, sette bambini scomparsi, ci davano solo per dispersi. Dopo qualche mese tutto svanì e, probabilmente, ci dichiararono morti.
Tornai a guardare ogni singolo componente della mia famiglia.
I loro sorrisi erano ampi, ma la loro felicità interiore era morta e sepolta.
Continuavamo a ripeterci "siamo felici, siamo insieme e quindi felici".
La verità? Probabilmente ognuno di noi avrebbe preferito essere morto in quel momento.
Ogni anno che passavo in quel ghetto mi rendevo conto che non era vita quella.
Festeggiavamo un anno di sopravvivenza, non di vita.
《Hai espresso un desiderio?》
Mai sorella, Sana, mi guardò sorridendo.
《Certo》mentii.
Non avevo mai conosciuto bene il mondo esterno, la mia vita era lì dentro, cos'avrei mai potuto desiderare? Una vita nuova? Avevo perso le speranze e poi non sarei mai riuscita a viverla, troppo diversa da ciò a cui ero abituata.
《Allora mangiamo》
Ben prese la torta ed iniziò a tagliarla.
Non so dire quando iniziai ad accorgermi di avere una cotta per lui, so solo che provai in tutti i modi a fermarla, ma era davvero impossibile.
C'erano poche regole nella nostra "famiglia", e il non innamorarsi dei propri fratelli era al primo posto. Lo so, potrebbe sembrare semplice da rispettare, dopotutto la nostra vita era tale e quale a quella di una vera famiglia, passavamo tutto il tempo fra di noi, sviluppare un amore per tuo fratello era davvero malsano. Però per noi era diverso, suppongo. Eravamo sette persone che vivevano sotto lo stesso tetto, che cercano di proteggersi l'un l'altro. Ma forse la parola famiglia non si limita solo a quello.
Momo e Tyler avevano avuto, molto tempo prima, una specie di relazione, che aveva quasi portato la famiglia sull'orlo della disgregazione. È da quel momento che abbiamo imposto questa regola.
Con Ben era diverso.
Non sentivo quel bisogno carnale che a volte ha l'amore, lo guardavo e pensavo solo che fosse la persona più carina che io avessi mai visto in tutta la mia vita. Lo volevo al mio fianco per il resto dei miei giorni.
Accarezzargli il viso, toccargli i capelli, sussurargli quanto fosse carino e ripetergli, costantemente, quanto lo amassi.
Questo era per me Ben Hardy.
La cosa più bella della mia vita.
E nonostante io non sia la persona più affettuosa del mondo, e davvero odio le persone sdolcinate, e quelli erano gli unici pensieri che mi giravano per la testa ogni volta che lo vedevo.

Yup il primo capitolo...
Nulla di che, fatemi sapere cosa ne pensate

Doing All Right||Ben HardyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora