chapter eight

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Quando John si sveglió era solo. Le lenzuola erano fredde; evidentemente erano vuote da un bel po' mentre le coperte erano state piegate precisamente. Se non fosse stato per il suo odore impregnato nel materasso, non ci sarebbe stata alcuna prova che il detective fosse mai stato lì.
John sospiró, incapace di ignorare la fitta di delusione che gli attraversó il petto, ma subito si rassegnó al fatto che la sua assenza avrebbe dovuto essere stata più che prevedibile. Non riusciva a stare fermo più di qualche minuto senza nulla da fare e probabilmente aveva anche capito che al suo risveglio John avrebbe voluto avere una lunga conversazione su quanto era successo, per cui aveva deciso che volatilizzarsi sarebbe stata l'opzione migliore. Era solito affrontare i discorsi sentimentali come qualcosa di fastidioso ma inevitabile, per esempio lavare i piatti o pulire la casa, perché era esattamente questo che erano per lui: qualcosa che avrebbe fatto di tutto per evitare se John non glielo avesse ordinato.
Oppure c'era la possibilità che fosse semplicemente guarito abbastanza da tornare alla propria routine. Anche se probabilmente non era quello il caso, a John non piacque la perplessa delusione che provó a quel pensiero.
Era stato onesto quando aveva detto che non gli piaceva vederlo malato: ovviamente non gli piaceva, ma non poteva evitare di preoccuparsi che la loro recente intimitá sarebbe sparita insieme alla condivisione del letto indotta dalla febbre. Forse la malattia lo aveva reso temporaneamente sentimentale e aveva indurito la propria corazza non appena aveva notato che essa stava cominciando a rompersi. A pensarci, non aveva assolutamente nessuna garanzia che quel nuovo tipo di affetto fra di loro sarebbe rimasto anche nella vita quotidiana, senza la necessità del bisogno calore umano a tenerli vicini.
Nonostante quel dubbio, che gli stava facendo venire un'emicrania, John si promise che non appena lo avesse rivisto lo avrebbe tormentato fino a che non fossero riusciti a definire cosa ci fosse fra di loro. Evitare il confronto non avrebbe risolto la situazione. La sua sanità mentale dipendeva dal chiarimento, dallo stabilire i termini, anche se ció significava tornare ad una relazione platonica. "Platonico" era meglio di niente.
Per un momento consideró molto seriamente di scendere e confrontarlo subito, ma abbandonó immediatamente l'idea: stava male, aveva la testa pesante e la gola secca. Dormire lo aveva aiutato, era vero, ma era ancora malato. Quella conversazione avrebbe dovuto aspettare; e poi non sapeva dove Sherlock avesse dormito, se nel letto di John o nel proprio.
Sfortunatamente, proprio mentre si girava per tornare, il suo corpo realizzó che in effetti erano diverse ore che non andava in bagno. Sospiró pesantemente, spostando le coperte di lato, spostando le gambe sul bordo del letto e posando i piedi per terra con cautela.
Le vertigini lo costrinsero a prendersi un attimo prima di alzarsi in piedi e scendere le scale.
Evitó di proposito il salotto e passò attraverso la cucina per raggiungere il bagno. Voleva essere il meno distratto possibile quando fosse finalmente giunto il momento del confronto.
"John?" si sentì chiamare da una voce roca, proveniente da qualche parte vicino al divano.
"Bagno." rispose in tono piatto senza modificare la traiettoria.
Gli era tornata la voce, allora. Per qualche strano motivo non fu un sollievo, bensì un altro inequivocabile segno del fatto che il loro baciarsi non fosse stato altro che un atto temporaneo. Non era possibile che quell'uomo dalla voce profonda e familiare avrebbe fatto una qualsiasi delle cose scribacchiate nel quaderno.
Una volta uscito dal bagno, facendo del suo meglio per ignorare quanto il suo riflesso sembrasse assolutamente miserabile, si diresse verso il salotto.
Sherlock era sdraiato scompostamente sul divano, più pallido del solito. Si giró a guardarlo, seguendo con gli occhi chiari i movimenti delle gambe di John che lo conducevano verso la poltrona.
"Hai un aspetto terribile. Cosa diamine stai facendo qui?"
"Tu stavi dormendo. Mi annoiavo." la sua voce, per quanto fosse migliorata per il semplice fatto che ora ne aveva una, aveva un suono stridulo decisamente spiacevole da sentire.
"Di solito mi svegli quando ti annoi."
"Sei malato."
John deglutì. Non aveva altro modo di descrivere il suo comportamento se non gentile e la cosa era snervante.
"Hai mangiato qualcosa?"
Sherlock aprì la bocca per rispondere ma John lo interruppe.
"Fai cenno di sì o di no con la testa, non dovresti ancora parlare."
Sherlock scosse la testa sul cuscino fiordaliso.
"Bevuto qualcosa?"
Altra risposta negativa.
"Jesus Chr- torna a letto immediatamente."
"Non correre, ci siamo solo baciati."
John arrossì furiosamente. Apparentemente Sherlock non intendeva ignorare ciò che era successo fra di loro.
Cercó di fingere di non aver sentito quella frecciatina, ma le sue gote scarlatte lo tradivano.
"C'è della zuppa avanzata in frigo dal momento che ti sei rifiutato di magiare. Te la porterò, se vuoi, ma tu vai a letto."
"Sto bene qui, grazie."
"Sherlock..." esordì John con un sospiro.
"È meramente logico. Potresti sveni-" fu interrotto da un violento attacco di tosse: evidentemente aveva spinto la propria gola oltre il limite.
"Scusa, non ti ho sentito, ero troppo occupato ad avere ragione." commentò il dottore sarcasticamente.
Una volta che Sherlock ebbe finito di tossire, gli dedicó un'occhiata gelida prima di parlare nuovamente.
"Salgo solamente se sali anche tu."
John alzó gli occhi al cielo, desiderando di avere la forza di trascinare quell'idiota pretenzioso di sopra e legarlo al dannatissimo letto. Disgraziatamente quell'idea gli pareva estremamente allettante e dovette sforzarsi per pensare ad altro.
"E va bene, fai come vuoi. Come sempre." si arrese, dirigendosi verso la cucina.
Non aveva però realizzato che fare da mangiare non sarebbe stata l'attività migliore considerate le sue condizioni fisiche: riuscì a fare qualche passo prima di essere travolto da un'ondata di vertigini. Riuscì a malapena a raggiungere il tavolo, oscurato dai puntini bianchi che gli danzavano davanti, e ad aggrapparcisi con tutte le sue forze, fallendo però nel tenere la presa. Proprio mentre si preparava all'impatto con il pavimento, tuttavia, qualcosa -o meglio qualcuno- lo prese dai fianchi, sorreggendolo.
"Ed eri troppo occupato ad avere ragione anche per fare attenzione a dove metti i piedi?" sussurró la voce baritonale del detective nelle sue orecchie. John deglutì, sentendo il battito del proprio cuore accelerare improvvisamente, ma si rifiutò di voltarsi.
Sentiva il mento dell'amico premere sulla sua nuca e le sue dita sottili avvolte intorno ai suoi fianchi. Forse a causa della malattia o forse per qualche altro motivo, riusciva a percepire il calore di ogni dito attraverso il pigiama di cotone e gli dava i brividi.
"Sh-Sherlock" riuscì a dire con voce strozzata "Dobbiamo parlare."
Sentì il corpo tiepido dietro di lui irrigidirsi.
"Parlare." Sherlock sputó quella parola come fosse stata veleno.
"Sì, parlare." Finalmente il biondo trovó la forza di girarsi. Erano incredibilmente vicini, ma l'uomo di fronte a lui era differente, ora, freddo e distaccato.
"Non fare quella faccia, sapevi che sarebbe successo prima o poi."
"Ero ottimista sulle possibilità che decidessi di evitare questo dibattito inutile." replicó questi.
"È una situazione... delicata, Sherlock. Non possiamo semplicemente ignorarla e vedere cosa succede. E ti ho detto di smettere di parlare."
Sherlock rilasció un sospiro esageratamente esasperato.
"Ma per ora" continuó John "mi preoccuperò solo di farti mangiare e riportarti a letto. Quindi forse, uhm, niente contatto fino ad allora?"
Sherlock alzó un sopracciglio.
"Niente contatto." gli fece eco.
"Niente contatto."
"E se stai per svenire? Cosa dovrei fare, lasciarti cadere per terra?" chiese, con uno sguardo che sembrava dire "sappiamo entrambi che non lo farei".
"Allora dovrò semplicemente... non svenire."
Uno scintillio illuminò gli occhi del detective, come spesso accadeva davanti a un omicidio particolarmente ben architettato: aveva trovato una sfida.
Gli si avvicinò, riducendo la distanza che li separava fino a quando le loro labbra non arrivarono quasi a sfiorarsi. Sebbene non si stessero effettivamente toccando, John poteva sentire il calore che il corpo dell'altro emanava.
"Sei terribilmente ambizioso." ghignó il detective, la voce ridotta a poco più che un sussurro. John poteva sentire il sapore del suo respiro in bocca: sapeva di menta e di... lui. La combinazione era letale per la sua coerenza.
"Io...tu..." balbettó.
"La zuppa è pronta."
"Cosa?"
Sherlock distolse lo sguardo e di voltó verso la cucina.
"Oh-oh, certo. La zuppa. Certo."
Il moro si fece da parte lasciandolo libero di voltarsi e spengere il fuoco. Versó la zuppa in due ciotole, aggiunse i rispettivi cucchiai e guardò il coinquilino, che gli restituì lo sguardo con fermezza. John avvampó e si affrettó a estrarre due bicchieri dalla credenza e riempirli d'acqua; la vista del vetro gli riportó alla mente un ricordo quasi dimenticato.
"Aspetta, dov'è andato tutto il vetro rotto?"
Sherlock indicó il cestino.
"Hai pulito tu?"
"È stata Mrs. Hudson."
"Oh," disse John vagamente deluso: evidentemente nemmeno quello stato di malattia lo aveva reso incline a svolgere i lavori domestici. "è stata gentile."
Sherlock annuì con un cenno.
"Su, prendi la tua zuppa e bevi." continuó, passandogli una ciotola. L'altro obbedì ma gli restituì uno sguardo strano. "Dai, andiamo su." disse John con fermezza una volta che entrambe le tazze furono vuote.
Prese ció che ne era avanzato e salì le scale, attento a non farne cadere nemmeno una goccia: per quando riuscirono ad infilarsi sotto le coperte, stavano entrambi ansimando dal freddo e dalla febbre.
"È fastidioso." constató il dottore, ottenendo il consenso dell'amico espresso attraverso un cenno del capo.
"Buono?"
L'angolo della bocca di Sherlock si piegó in un sorriso stanco; finirono di mangiare in silenzio, il che fu un bene per il moro, rimasto senza voce a causa della malattia.
"Okay, allora. È ora di parlare."
"Mi hai detto di non parlare."
"Ora di ascoltare, allora. Ti farò delle domande a cui potrai rispondere con sì o con no."
"Non posso usare questo?" chiese cautamente Sherlock sollevando il taccuino.
"Io-oh. Sì, anche quello."
Sherlock diede mostra degli "occhi al cielo" più eloquenti che avesse mai visto, ma nonostante la propria esasperazione gli diede tutta la propria attenzione.
"Quindi... ci siamo baciati."
Mi fa piacere che tu l'abbia notato."
"Non fare il coglione, è importante. Come ho detto, ci siamo baciati e tu mi sei parso piuttosto... esperto, cosa che mi ha sorpreso. Quindi, dato che non sei timido come immaginavo, cosa ti aspetti da... da questo?" chiese indicando sè stesso e il coinquilino con un movimento del polso.
Sherlock sospiró prima di scrivere la propria risposta.
Non ho aspettative.
Il petto di John fu attraversato da un improvviso senso di malessere nel leggere quelle parole: non era sicuro del motivo. Non era di certo come se avesse una lista di ció che voleva nella tasca del pigiama.
"Giusto... quindi non vuoi, che so io, una relazione." per un momento fu grato che la sua voce fosse così roca per via del mal di gola, poiché almeno non sarebbe sembrato deluso quanto si sentiva "Era solo un esperimento."
Si perse nei propri pensieri per qualche secondo, tanto che Sherlock dovette bussargli sulla spalla per richiamare la sua attenzione.
Abbiamo già una relazione.
"Sì, lo so, ma io intendevo una... relazione romantica. Non vuoi una cosa del genere da me."
Basta poco per distinguere la nostra relazione da una romantica.
"Non fare l'idiota, ci sono tantissime differenze. Non ci baciamo, non facciamo sesso, non-" si interruppe quando lo vide scribacchiare velocemente qualcosa.
Ci siamo baciati, e mi sembra che ci sia stata una progressione nell'intimità fisica. Il sesso è solo uno step che non abbiamo ancora raggiunto."
John sentì il sangue affluirgli al viso e le orecchie pulsare.
Sei imbarazzato. Perché?
"Andiamo, ventiquattro ore fa eravamo coinquilini platonici! Lasciami almeno elaborare l'idea di... uhm..." non riuscendo a concludere la frase, si chiese da quando fosse diventato un tale bigotto da non riuscire neppure a pronunciare la parola "sesso" davanti al suo migliore amico.
Stiamo perdendo tempo.
"Cosa?" adesso stava davvero esagerando.
Conviviamo.
Le nostre finanze sono unite.
Passiamo la maggior parte del nostro tempo insieme.
Abbiamo interessi, stili di vita, umorismi simili.
Tu hai ripetutamente avuto fantasie sessuali su di me.
A me è occasionalmente capitata la stessa cosa.
Conclusione: l'unica differenza fra la nostra relazione ed una romantica è l'intimità fisica e dato che baciarci è stato così soddisfacente per entrambi, non vedo ragioni di esitare.
John dovette leggere il testo due volte prima di rispondere. La sua mente, per quanto stesse cercando di considerare ogni punto della lista, si concentrò su un solo argomento.
"Come- come puoi sapere che ho avuto fantasie su di te? Sono sicuro- non è possibile che tu lo possa sapere."
Sherlock appariva divertito, come se l'ingenuità di John non facesse altro, ai suoi occhi, che accrescere il suo ego.
Ho cominciato a divenire sospettoso quando ti sei mostrato geloso- chiaro sintomo di attrazione sessuale- durante le mie interazioni con Irene Adler. Non cercare di negarlo. I segni erano chiari. È raro che un membro di un'amicizia platonica conti in modo ossessivo i messaggi che l'altro riceve. Inoltre lei mi ha fatto notare il tuo interesse più volte e anche se sono certo di conoscerti meglio di lei, ha presentato dei punti a proprio favore inequivocabili.
Nonostante la sua interferenza, comunque, esibivi segni fisici piuttosto chiari in mia presenza: pupille dilatate, gote e orecchie arrossate, respiro mozzato, battito cardiaco accelerato e così via. Sei giunto immediatamente alla conclusione che ci fossimo baciati durante la nostra nottata d'inebriazione, indicando che per te non era solo un'opzione possibile ma che lo avresti fatto non appena le tue difese fossero state abbassate.
In più, il fatto che pronunci il mio nome nel sonno non aiuta la tua causa. Date queste evidenti prove, era certo dedurre che tu avessi contemplato un'attività sessuale con me almeno in una, se non in più, occasione. Non ti avrei baciato se non ne fossi stato assolutamente certo.
Un lungo silenzio cadde fra di loro.
John cominciava a percepire la fredda sensazione di essere stato umiliato attorcigliarsi sulle pareti del suo stomaco. Era davvero così ovvio? In soli due paragrafi l'amico era riuscito a rivelare come il suo più grande segreto non fosse che un'ennesima conferma delle sue abilità deduttive, privandolo di qualsiasi effetto sorpresa in cui avrebbe potuto sperare. Era completamente esposto. E, ancora peggio, non aveva idea delle vere intenzioni di Sherlock mentre lui aveva chiaramente chiari tutti i suoi sentimenti.
Tutto ció che sapeva sulla sua vita sessuale era che non era mai stato in una relazione, ma che aveva avuto le proprie esperienze.
Le possibilità che potesse nascere qualcosa fra di loro erano infinitesimali ma -e c'era un enorme ma- aveva esplicitamente ammesso di essere attratto da lui. Anzi, lo aveva scritto, cosa che per qualche motivo alla mente febbricitante del dottore appariva ancora più inequivocabile.
"Geniale come sempre, ma immagino di non essere io l'enigma qui. Mi hai ripetuto... diverse volte che ogni relazione sentimentale sarebbe una distrazione per te. E poi hai detto che io non ero una distrazione, il che significa che non sei attratto-"
John si fermó quando vide l'altro scribacchiare qualcosa sul proprio taccuino.
Sei una distrazione quando non sei con me, perché tutto ciò a cui posso pensare è che preferirei che lo fossi.
"Oh."
Prima che John potesse rigirarsi quelle parole nella testa ed elaborarle meglio, l'uomo riprese a scrivere.
È logico che la nostra relazione raggiunga il prossimo step, che in questo caso è quello sessuale. Sono piuttosto certo che tu sia l'unica persona la mondo capace di sopportarmi per un lasso di tempo più esteso e un impegno reciproco potrebbe eliminare sia la tua gelosia che la presenza delle tue inutili conquiste femminili. Inoltre mi è piaciuto molto baciarti e vorrei farlo nuovamente una volta che avrai finito la crisi circa la tua sessualità e sarai sceso a patti con l'inequivocabile logica dei miei ragionamenti.
John era vagamente consapevole del fatto che la sua bocca fosse ancora spalancata per lo stupore. Era stato in molte relazioni, lunghe e brevi, ma nessun partner lo aveva mai approcciato come stava facendo Sherlock in quel momento. Sapeva che se lo sarebbe dovuto aspettare - Sherlock non era esattamente quella che si definirebbe una persona normale - ma la sua mente febbricitante non riusciva ancora ad accettarlo.
Eppure il coinquilino lo aveva fatto sembrare assurdamente semplice, non era vero? Era stato onesto e razionale, dimostrando di aver ampiamente contemplato la possibilità di una relazione fra i due. L'unica affermazione completamente errata era che John stesse attraversando una "crisi circa la sua sessualità". Era quasi buffo. Certo, era stato strano per lui il fatto che l'unico uomo al mondo per cui provasse attrazione fosse il suo coinquilino, ma ci era sceso a patti nel momento esatto in cui le loro labbra si erano sfiorate per la prima volta. In tutte le sue relazioni passate niente era stato persino vagamente simile a quello.
No, niente crisi. John era contento di definirsi, in mancanza di un termine più adatto, Sherlock-sessuale.
"Va bene." disse semplicemente.
"Va bene?" domandó Sherlock pur senza emettere suono.
John piegó leggermente la testa di lato incontrare gli occhi stanchi dell'altro con uno sciocco sorriso di beatitudine. La cosa che aveva combattuto, temuto, nascosto e sognato era finalmente lì fuori e anche se avesse potuto non avrebbe tentato di tirarla indietro.
Il sollievo era enorme.
Sherlock sembró sorpreso dalla sua espressione di gioia, ma solo per un secondo e subito dopo una simile comparve sul suo volto. Era reale e genuina, accesa di quel familiare scintillio nelle palpebre grigie.
"Posso baciarti ora?" mormoró in tono baritonale.
La richiesta di Sherlock, così assurdamente timida, gli fece accelerare il battito cardiaco in un istante.
In tutta risposta John afferró la maglietta dell'altro, lo attiró a sè e spinse le proprie labbra contro quelle dell'altro con un unico movimento fluido.
Sherlock parve per un attimo esitante ma subito replicó il gesto avvolgendo il braccio intorno al petto dell'altro. Quando si staccó John vide a pochi centimetri da lui un sorriso appena accennato.
"Sapevo che l'avresti vista come me." sussurró.
Il biondo ricambió il sorriso, scoprendo che in quel momento non sarebbe riuscito ad essere irritato neppure se ci avesse provato.
"No che non lo sapevi. Hai solo tirato ad indovinare."
"Non tiro mai ad indovinare."
"Sì che lo fai."
"Sei svenuto."
"È stata una coincidenza!"
"Non ci sono coincidenze."
"Sherlock?"
"Cosa?"
"Sta zitto."

Spazio autrice: E anche questo capitolo è andato dopo secoli di attesa!
Penso che dovrei avvisarvi che nel prossimo (e ultimo) capitolo ci saranno contenuti a sfondo sessuale. Ho ricevuto qualche messaggio in cui venivo ringraziata di aver evitato il porno nella mia fanfiction ma temo che sia tempo di andare oltre. Niente di troppo descrittivo, comunque, tutto molto vanilla. E prometto di evitare parole come "cazzo" e "fottere" (lo prometto?Penso di sì... no, forse no. Cazzo, sono così fottutamente indecisa!).
Grazie non comincia neppure a descrivere quanto vi sono grata di tutte le visualizzazioni, i messaggi ed i commenti. Mi butterei dal tetto di un ospedale e vivrei un'esistenza solitaria e vagabonda per un paio d'anni se volesse dire che il mio amante/arci-nemico non vi spari.

The temper between Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora