Capitolo 1

"Troppa gente".
Era questo che pensava a gran voce Nami voltandosi con fare annoiato in tutte le direzioni.
Per quanto per lei fosse un bene, tutto ciò l'annoiava.
Fin dalla sua prima apparizione, aveva definito il tutto "falso" e mai impressione le era sembrata più esatta.
Vedeva con quanta finzione le novizie cinguettavano tra di loro dando sfoggio della misera istruzione ricevuta. Non sopportava di vedere i classici "uomini d'affari" litigare o scambiare pareri sulle aziende degli altri.
In più, tollerava ben poco le frecciatine delle dame che in ogni discorso ostentavano le loro ricchezze.
Per sua grande fortuna, aveva trovato una sedia non molto lontano dalla tavola imbandita e di minuto in minuto, si avvicinava sempre più all'angolo delle cibarie.
Era una stupida scemenza: perchè doveva attendere che qualche nobile cavaliere la servisse quando poteva farlo da sola?
Non aveva senso, ma l'etichetta le impartiva questo. Prima che qualcuno l'avesse finalmente notata, sarebbe morta di fame.
Con fare annoiato e sconsolato, osservò le favolose gonne delle dame alzarsi di passo in passo nel mezzo nella sala.
Tutti adoravano ballare. Lei no.
Tutti adoravano le feste. Ancora no.
Non l'aveva mai preso come un piacere, ma come un dovere.
Anche la ricerca di un marito poteva definirsi tale sotto un lungo quanto preciso ragionamento.
Con occhi attenti, saettò a fissare tutti gli uomini presenti nella sala, trovando si e no pochi candidati a tale onore.
Il primo, se ben ricordava, era il duca di Barattie.
Biondo, sopracciglia a ricciolo e un fastoso quanto fastidioso accento francese. Per quanto piacente, era stato additato da molte donne come un libertino, intaccando notevolmente la società di famiglia.
Sanji, seppur di bella presenza e colto, non lo vedeva al suo fianco.
Non avrebbe capito e ogni qual volta lei gli avesse girato le spalle, si sarebbe sicuramente ritrovata tradita con un altra donna.
Sbuffando, piegò il volto da una parte, cercando con occhi stanchi un altro uomo.
Il barone Portuguese D. Ace non era male invece.
Aveva sempre un bel sorriso e sebbene fosse stato adottato dal nobile Capitano Newgate, era un uomo che si era "costruito da solo" il proprio futuro.
Sfortuna volesse che aveva già gli occhi puntati su un altra donna e mai, si sarebbe sognata di spezzare un amore così vero e puro. Un matrimonio era già una tortura, senza amore sarebbe stato un vero e proprio castigo.
Il bel conte Trafalgar Law, però, nei vari ricevimenti l'aveva affascinata non poco.
Aveva un bel volto certo e il suo modo di fare era impeccabile. Molte volte si era chiesta se lui non nutrisse qualche interesse nei suoi riguardi, attratta come lei da quell'aria magnetica che emanava. Ma sfortuna volesse che quell'uomo sembrava non notarla, anzi, quasi pareva che sapesse a malapena della sua esistenza.
Non si era mai fatta illusioni su di lui, ma Law, sarebbe stato tra i tanti un ottimo partito.
Oltre a quei pochi, tra gli altri giovani nessuno aveva posizioni o ricchezze che li mettessero in rilievo, in più ognuno di loro era estremamente barboso.
Anche il parlare faceva parte del corteggiamento e solo in pochi potevano vantarsi di saper padroneggiare con indiscussa padronanza quell'arte.
Con un sospiro stanco, abbassò lo sguardo sul suo abbigliamento.
Odiava i colori vivaci, ma non poteva certo dire che quell'abito le stesse male. Aveva caldo in quell'ambiente chiuso, ma nessun uomo sano di mente poteva permettersi di non darle almeno un occhiata.
Che preferissero quelle scialbe, quanto frivole donnicciole?
Cosa avrebbero fatto loro al suo posto? Si sarebbero messe abiti striminziti e avrebbero dato sfoggio di tutta la loro (inesistente) grazia?
Si sarebbero vendute in quella maniera per una misera presenza al loro fianco?
"Si", si rispose da sola non appena adocchiò la figura di Law completamente circondata da dame e fanciulle di ogni età. Nonostante lui sorridesse cordiale, qualcosa di sinistro quanto mortale passava inosservato sul suo volto.
-Un istinto omicidio...-Si borbottò da sola Nami impettendosi con la schiena. Non poté biasimarlo e tutt'altro, lei stessa avrebbe dato di matto.
Anche se era presente alla festa da una sola oretta, non vedeva l'ora di rincasare. Ripensò alla confortante carrozza che l'attendeva all'ingresso e alla magnifica sensazione dei suoi piedi finalmente liberi da quegli stivaletti così stretti.
Desiderava fuggire da lì, subito, immediatamente.
Ma non poteva.
"Al diavolo i balli, gli inviti e l'etichetta", sbraitò mentalmente cercando di mantenere una parvenza calma e posata.
Ma poco le durò in volto non appena captò una strana sensazione nell'aria.
Era ormai abituata ad essere osservata anche se da lontano, ma mai circondata da così tante persone aveva ricevuto uno sguardo del genere. La metteva a disagio non riuscire a trovarne la fonte, ma non poteva guardarsi attorno in modo frenetico o urlare a tutti: "CHI DIAVOLO MI FISSA?".
L'etichetta le imponeva di restare calma e di accettare uno sguardo del genere.
Il suo buon senso invece le suggeriva di guardarsi attorno con cura ma non in modo azzardato.
Una volta individuato l'artefice, si sarebbe confusa tra la folla e si sarebbe spinta al sicuro...o molto probabilmente all'attacco.
Con fare scaltro, si alzò in piedi e tenendo un finto sorriso, si confuse tra le danze al centro della sala. Immediatamente, la mano di uno sconosciuto l'afferrò e seguendo la musica, la fece volteggiare per poi, cambiare a tempo il turno con un altro. Era un ottima copertura anche se rischiava di pestare un piede a qualcuno, ma così forse poteva avere più chance per individuarlo.
Nonostante la musica non finisse, così come i cavalieri che l'accompagnarono in quella danza, ancora non riusciva a trovare quell'uomo.
Si, ne era certa, era sicuramente un uomo.
Un occhiata così pressante e carica di desiderio, poteva essere solo autore di un genere maschile.
Un nuovo arrivato forse, che per la prima volta aveva posato lo sguardo sul suo meraviglioso corpo. O forse altro.
Dopo alcuni volteggi, finalmente riuscì a comprendere la direzione di quell'occhiata e si sorprese di trovarne infine la fonte.
Si appuntò mentalmente la sua posizione e appena la musica terminò, strisciò in un angolo per poterlo osservare.
Come immaginato, non lo aveva mai visto e nemmeno sembrava molto lieto di trovarsi in quell'ambiente. A differenza di lei che voleva in qualche modo, anche se per bisogno, attirare l'attenzione, lui passava, addossato a quella colonna, inosservato.
Che volesse mantenere un basso profilo o meno, il suo aspetto era decisamente singolare quanto incredibile. Il suo volto era piacente, molto più di tutti quei baldanzosi uomini presenti in sala e i suoi occhi, così neri come la pece, avevano una sfumatura rossastra. Inquietante, ma predatore.
Inoltre, quell'uomo ce l'aveva messa tutta per attirare la sua attenzione.
Valeva la pena sapere di più sul suo conto e premiarlo per quella sua insolenza.
Con un ghigno, afferrò le gonne e baldanzosa, si avvicinò all'uomo che saettava con lo sguardo tra la folla per ritrovarla.
Amava l'effetto sorpresa e avere la prima mossa a disposizione, un po' come gli scacchi.
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Al tuo fianco
Fanfiction"Tutti adoravano ballare. Lei no. Tutti adoravano le feste. Ancora no. Non l'aveva mai preso come un piacere, ma come un dovere. Anche la ricerca di un marito poteva definirsi tale sotto un lungo quanto preciso ragionamento."