U N O.

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Un ottimo modo per iniziare la giornata non è alzarsi col piede giusto, neanche fare una ricca colazione: è uscire di casa di fretta, cadere agli ultimi scalini che hai fatto di fretta, salirli di nuovo perché ti sei resa conto tardi di aver dimenticato il cellulare sul tavolino, lo stesso sul quale hai imprecato perché la sveglia non è suonata quando doveva -o meglio, perché la sera prima hai dimenticato di impostarla- e infine ritrovarsi nel bel mezzo di una tempesta della quale il meteo non aveva neanche menzionato. Ciliegina sulla torta? Ho dimenticato l'ombrello, oltre alla mia testa sul cuscino. Cammino rapidamente tra le strade di Roma cercando di ripararmi dalla pioggia stando sotto i balconi dei palazzi, sbuffo guardando l'orario sul cellulare e impreco mentalmente quando vedo di essere in ritardo per la mia lezione universitaria di Criminologia. Passo le mani in viso e mi fermo, lascio cadere le braccia a peso morto lungo i miei fianchi, è troppo tardi, è inutile continuare a correre e non posso neanche tornare indietro, mi guardo intorno cercando un posto caldo dove restare fin quando la pioggia non smette e sorrido all'istante quando vedo un bar non lontano da me. Faccio una piccola corsa per raggiungerlo e quando ci entro lascio un sospiro di sollievo dalla mia bocca, mi siedo al primo tavolo vuoto che vedo e mi rilasso sulla sedia. Riprendo il telefono tra le mani e chiamo Alessia che mi starà sicuramente aspettando in classe mentre mi tiene un posto libero, non appena risponderà sono sicura che mi ammazzerà, odia quando sono in ritardo e ancora di più quando non mi presente in università o ad un'uscita. Dopo i 3 squilli -tipici suoi, non risponde mai prima o dopo quest'ultimi- sento la sua voce. "Dimmi che sei fuori alla classe e che ti sei fermata a prendere uno snack, Aurora." si, me l'aspettavo.
"Alessia, non odiarmi..." cerco di mettermi in difesa da subito, ma me lo impedisce e non mi fa continuare, "Cazzo, questa è la volta buona che ti ammazzo!" Si, me lo merito. Chiudo gli occhi e sorrido divertita, "Lo dici sempre, ma sono ancora viva!" La sento sospirare, "Sono troppo buona con te, in ogni caso, scrivimi perché non sei venuta che non posso più parlare a telefono, sta arrivando il professore." Sbuffa, sorrido e le dico di sentirci più tardi, dopo aver staccato la chiamata faccio come mi ha detto e le mando il messaggio dei motivi per la mia assenza. Poso il cellulare e alzo la mano per attirare l'attenzione di un cameriere, quest'ultimo mi da un'occhiata rapida mentre annota ciò che sta ordinando un signore, annuisce a qualcosa che gli ha detto e si congeda per venire da me. Mentre era lì mi sono permessa di osservarlo un po', incuriosita dalla sua figura, annoiata ed innervosita per la giornata iniziata male. Anche se sono seduta posso dedurre da subito che non è molto alto, é magro e nonostante il cappello vedo che i suoi capelli sono neri e lunghi. Si ferma avanti a me prende il block-notes ed una penna che ferma su quest'ultimo. "Si?" i suoi occhi castani si fermano nei miei con decisione, sembra annoiato anche lui, probabilmente il suo motivo per esserlo sarà il lavoro. Accenno un sorriso, "È possibile avere un cappuccino?", il ragazzo ricambia il sorriso per poi toglierlo dal viso ancor prima di metterlo su, come se si fosse reso conto di aver fatto una cosa che non avrebbe dovuto fare. "Certo, vuole altro?" dice con la stessa decisione e freddezza che avevo visto nei suoi occhi prima, scuoto la testa e sorrido ancora. Per chi non mi conosce potrebbe pensare che io ci stia provando con i miei sorrisi, a dire la verità, lo faccio perché penso possano rendere le persone a cui lo rivolgo più serene anche se per qualche secondo. Il ragazzo mi rivolge un ultimo sguardo e va dietro al balcone per lasciarci la piccola pagina del block-notes che ha appena strappato, richiama l'attenzione di un altro ragazzo che si avvicina a leggere le ordinazioni. Poggio la testa sul palmo della mia mano mentre continuo ad osservarlo, mentirei dicendo che non ha attirato la mia attenzione. Giro la mia testa di scatto verso la finestra quando il ragazzo lo fa nella mia direzione. Maledizione a me e alle mie guance che arrossiscono per qualsiasi cosa. Metto le cuffiette, ciò che faccio sempre quando mi sento a disagio, e faccio partire della musica dalla riproduzione casuale. Entro su Whatsapp e noto solo ora la risposta di Alessia. Ha scritto che questa sera verrà da me, per passarmi gli appunti e per parlare di quanto 'io sia una sfigata', parole sue. Sorrido e spengo il cellulare, in qualche modo trovo il coraggio di alzare lo sguardo che va a finire, senza che io lo voglia, su di lui di nuovo, ma sta volta è concentrato su quello che porta sul vassoio. Si dirige prima dall'uomo da cui si era fermato prima che lo richiamassi e poi da me, che per non guardarlo ho spostato la mia attenzione sulla tazza dove c'è il mio amato cappuccino. Tolgo una cuffietta "Ecco a te..." lascia la frase incompleta, come se stesse aspettando che la finisca io, "Aurora." dico subito, così tanto che non mi ha capito e mi osserva tra il divertito e il confuso. Sento le mie guance andare ancora a fuoco per l'imbarazzo, ripeto il mio nome con più calma e lui di risposta fa una piccola risata. Starà sicuramente pensando anche lui, come la mia amica, che sono una sfigata e non hanno tutti i torti. Mentre appoggia la tazza avanti a me dice semplicemente:"William."
Mi lascia un ultimo sguardo per poi tornare a servire altre persone. Ripeto mentalmente il suo nome mentre giro dello zucchero nel cappuccino come se stessi pregando, sospiro e faccio due sorsi, guardo fuori la vetrata, la pioggia si sta calmando, non posso dire lo stesso del mio cuore. Penso di odiarlo già.

P I O V E / / N A Y TDove le storie prendono vita. Scoprilo ora