"Mi trasferisco" confessò con indifferenza la ragazza, ingoiando un pezzetto di pollo. Teneva la testa china sul vassoio dinnanzi a sè, giocando con un tovagliolino di carta. Afferrò la bottiglietta d'acqua e se la portò alla bocca, bevve metà contenuto e la posò di nuovo sul vassoio.
Silenzio. Nonostante ci fosse un gran rumore, in quella mensa, lei riusciva solo a sentire silenzio. Quel silenzio che ti fa esplodere la testa, quel silenzio che ti fa impazzire. Quel silenzio troppo rumoroso per essere definito tale. In quel preciso istante avrebbe voluto che la persona di fronte a lei le urlasse contro fino a sfondarle le orecchie, così si sarebbe sentita meglio; ma tutto c'ho che fece Luna, la sua amica, fu starsene in silenzio.
La ragazza chiuse gli occhi, ancora con lo sguardo sul vassoio, e si portò una mano stretta a pugno su uno di essi. Non doveva piangere. Se avesse pianto sarebbe stata ancora più male e non voleva. Non doveva. Fece una smorfia. Si strofinò l'occhio e spostò di poco le ciocche della lunga frangia dagli occhi. "Ti prego, Luna, dì qualcosa" la implorò spostando, finalmente, lo sguardo dal vassoio al viso della ragazza di fronte a lei. Lune se ne stava immobile, con una mano sulla bocca e la fissava con sguardo sofferente. Aveva gli occhi lucidi.
"Q-quando?" riuscì a chiedere. L'altra spostò lo sguardo sull'intera mensa. Vide tanti ragazzi che ridevano e scherzavano senza prestare attenzione a lei, che aveva un ciclone dentro. Si chiese perchè era toccata proprio a lei quella vita e non a nessuno di loro. "Probabilmente stanotte. Ho l'aereo stanotte per Sydney" rispose tornando a giocare con il tovagliolo. Lo appallottolò e lo lanciò nel piatto ancora pieno. Non aveva più fame. Sentì singhiozzare Luna e prima che potesse dire o fare qualcosa quella si era già fiondata fuori dalla mensa. Senza pensarci due volte raccolse il telefono dal tavolo e uscì anche lei.
Percorse tutto il corridoio fino ad arrivare nella zona degli armadietti, di fronte alla presidenza. La trovò seduta per terra con la schiena contro il ferro freddo di un armadietto, e la testa contro le ginocchia. La schiena tremava e tanti piccoli singhiozzi riempirono quello spazio silenzioso. Bet, così la chiamava Luna, si inginocchiò di fianco a lei e appoggiò la testa contro quella di Luna. Chiuse gli occhi e una lacrima scivolò su quella pelle piena di piccole lentiggini marroncine. Non doveva piangere ma non ce la fece ed insieme a Luna si sfogò. Non dissero niente, non parlarono, non si abbracciarono, non fecero niente.
Non fecero niente solo per il semplice motivo che quel silenzio diceva tutto.
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Distance - Luke Hemmings
Roman pour Adolescents"E ti prometto che un giorno verrò da te e ti abbraccerò per tutte quelle volte in cui avrei voluto e non ho potuto. Con affetto, il tuo Lukey."