capitolo 6

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Ascolto il continuo ticchettio dell'orologio che ho al polso e mi inumidisco le labbra per la millesima volta, indecisa su cosa fare. Picchietto le unghie contro il lavandino e mi osservo allo specchio. Certe volte vorrei davvero farmi gli affari miei, ma so essere anche una grande impicciona. Non è una caratteristica che amo particolarmente di me, ma non posso farci niente. È questa maledetta voglia di sapere di più che mi spinge a curiosare nella vita altrui.

Insomma, chi non l'ha mai fatto almeno una volta nella vita? Però sono davvero poche le volte in cui tendo a farmi gli affari degli altri. Anzi, molto spesso odio chi cerca di farsi i cavoli miei, quindi da una parte capisco il fastidio. Il punto è che questa volta si tratta di America.

Nonostante il suo carattere acido e distaccato, mi interesso a lei certe volte. Non perché penso sia davvero mia sorella, ma perché viviamo nella stessa casa, siamo state cresciute dalla stessa famiglia. Ho imparato a conoscerla, più o meno.

So quando mente e so che spesso nasconde delle intenzioni malvage dietro a quel suo sorriso che sfoggia la maggior parte del tempo. E io non potrei dirle niente, perché sarebbero sempre le stesse frasi, sentite e risentite. Si è abituata lei quanto mi ci sono abituata io.

Ci detestiamo, è un'antipatia che non riesco a spiegare a parole. Semplicemente lei non sopporta me e io non sopporto lei. In molti pensano che ci sia davvero un legame di sangue tra di noi. Soltanto perché litighiamo spesso e ci capita di rispondere male anche davanti agli altri, pensano che si tratti soltanto di uno stupido litigio tra sorelle.

So che l'amore fraterno a volte è strano, perché dal dirvi ti voglio bene potreste passare all'ammazzarvi senza problemi.

Clara ci rimproverava sempre, e come al solito, quasi la maggior parte delle volte, la colpa ricadeva su di me. Accidenti se fa schifo essere vista come la pecora nera della famiglia!

America ha sempre usato la carta della brava ragazza.
Quando si apriva una discussione tra noi due, Clara spuntava sempre nel momento sbagliato e puntualmente America iniziava a piagnucolare davanti a lei, mentre a me guardava con occhi pieni di soddisfazione. Ha sempre saputo che l'avrebbe fatta franca.

Forse è per questo motivo che con Joseph le cose peggiorano sempre di più. Lui non si è mai impegnato fino in fondo a capire con chi vive davvero sotto lo stesso tetto.

E proprio perché sono io quella che non riesce mai a combinarne una buona – secondo lui –, decido di finire di prepararmi per uscire con Reed.
Esco dal bagno e vado nella mia stanza, alzando subito lo sguardo verso il soffitto. Continuo a sentire sempre un suono strano, e sta iniziando ad essere anche inquietante. Forse è il sistema d'allarme che inizia a dare fastidio. Mi chiedo se anche nella stanza di America si senta allo stesso modo.

Mi infilo gli stivali neri, che mi arrivano al ginocchio, e poi indosso la mia giacca di pelle, che si abbina al resto del look. Mando un messaggio a Reed e gli dico di tenersi pronto, poi infilo il cellulare nella tasca dei jeans e mi passo le dita tra i capelli. Sento un rumore provenire dal corridoio e mi appiattisco contro la porta per ascoltare meglio. Una porta si chiude e aspetto che il rumore dei passi si faccia più lontano, dopodiché apro piano la porta.

Esco in modo furtivo dalla mia stanza e vedo America scendere velocemente le scale. Per fortuna i miei stivali non hanno il tacco e mi permettono di muovermi meglio e senza far troppo baccano. Aspetto che lei arrivi alla porta d'ingresso per poter scendere finalmente le scale.

Appena la sua macchina si allontana, esco fuori e corro verso il cancello, con il cellulare in mano intenta a scrivere un messaggio a Reed, ma nel momento in cui il cancello si chiude, un'auto si ferma bruscamente davanti a me e sollevo piano lo sguardo. Ma questa è la macchina di Reed!

Con te non avrò paura Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora