capitolo 10

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“ Forse ti dimentichi perché sei nata”.
La frase di Joseph continua a risuonare nella mia mente, ancora e ancora. Sembra un ciclo senza fine, perché da ieri cerco di dimenticarla, provo a fare altro, ma puntualmente mi torna in mente.

Cosa intende? So perché sono nata. Sono venuta al mondo per sbaglio. A quanto pare i miei genitori si sono resi conto più tardi che non sono fatti per essere genitori e, soprattutto, non sono in grado di crescere un figlio.

Sono nata, fine. Non penso ci sia un motivo preciso.
Perché ultimamente mi sembra tutto così strano? Le persone intorno a me sembrano diverse, l’atmosfera che mi circonda. Il mio sesto senso mi dice che faccio bene a diffidare di certe persone e situazioni.  Ma se non so di cosa si tratta, come faccio a risolvere i miei dubbi?

A parte la scenata di Joseph alla festa e prima di salire in macchina, non ha più aperto bocca dopo. Era parecchio stressato, lo si poteva notare benissimo. E Joseph quando è stressato vorrebbe alzarmi le mani, perché a quanto pare la mia faccia lo disturba.

Cos’è che gli ha fatto cambiare idea così all’improvviso? E perché America non rompe più come prima?
Domande senza risposta.
Batto la testa contro la scrivania e sospiro profondamente, mentre con la cosa dell’occhio sbircio verso la finestra, corrugando la fronte non appena mi soffermo con lo sguardo sugli edifici e la foschia che si fa sempre più densa.
Il tonfo della porta che sbatte mi fa trasalire talmente tanto che sono quasi sul punto di cadere dalla sedia.

«Ma ciao, tesoro.» la voce smielata di America mi fa alzare gli occhi al cielo. Per caso l’ho chiamata con il pensiero?

«Ciao anche a te, persona che non sa bussare prima di entrare.» mi giro svogliata verso di lei.

America si ferma davanti alla porta e arriccia il naso, fissandomi con intensità, come se volesse scavarmi dentro e portare in superficie un mio segreto.

Per questo mi vedo costretta a distogliere lo sguardo, senza farla dubitare di me.
«Che stai facendo?» mi chiede, avanzando lentamente verso di me e guardando fuori dalla finestra.

Sollevo le sopracciglia, sorpresa. «Niente…stavo semplicemente guardando fuori.»

«Bel tempo!» esclama, senza alcun entusiasmo.

«Già. Ti serve qualcosa?» cerco di cambiare discorso e arrivare, magari, dritto al sodo. So che vuole qualcosa da me, ha sempre fatto così.

America si passa una mano tra i suoi capelli neri come il carbone e preme le labbra – tinte di un rossetto rosa– tra di esse, pronta a prendere parola: «Sai, sei una ragazza intelligente…» oh no, non mi piace come ha iniziato il discorso.

«Grazie, da cosa l’hai capito?» uso il mio tono sarcastico che lei tanto odia, infatti non tarda a scimmiottarmi. Sorrido tra me e me e penso a cosa farebbe Reed al posto mio. Ora mi viene da ridere di più.

«E da persona intelligente, immagino tu sappia che sto per chiederti una cosa.» si siede sul mio letto, accavallando le gambe fasciate da un paio di jeans stretti.

«Arriva al punto, America.» sbuffo, incrociando le braccia al petto.
Nella mia stanza aleggia un’aria così pesante da spingermi ad aprire la finestra, perché odio il modo in cui si sofferma con lo sguardo sul mio per così tanto tempo.

America gioca con la bretella del suo top rosa cipria e la prima cosa che mi passa per la mente, la dico: «Non intendi mica farmi uno spogliarello, vero?»
In tutta risposta mi lancia un cuscino in testa.

«Idiota, certo che no! Voglio che tu mi faccia un favore.»
Ma dai?

«Dunque, sabato dovremmo andare a cena con Joseph dai Turner, e io non ci sarò.»

Con te non avrò paura Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora