11. Un navigatore con la bussola rotta.

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La prime tre settimane di Università furono abbastanza impegnative. Cassandra dovette spendere una buona parte dei suoi risparmi per i libri, che non erano né pochi né leggeri, e viveva la sua giornata in un universo cosmico tra Università e lavoro, senza capire cosa stesse facendo, dove stesse andando, seguendo un navigatore con la bussola rotta. Era veramente una macchina fuori controllo, e non sentiva quasi più la necessità di fermarsi a scrivere, cosa che la preoccupò molto, visto che era da anni che almeno una volta al giorno doveva sentire la carta frusciare sotto il tocco dell'inchiostro.

Non avrebbe potuto continuare con Università - lavoro, lavoro - Università ancora per molto, o sarebbe diventata un automa. Non era da lei, non era lei. Aveva scelto una facoltà umanistica proprio seguendo la convinzione che gli uomini fossero molto più che semplici macchine.

Insomma, aveva bisogno di qualcosa che la aiutasse a svagarsi.

Era questo quello a cui pensava un piovigginoso venerdì pomeriggio di metà Ottobre, mentre guardava e riguardava la foto che aveva fatto al volantino della pallavolo trovato su una bacheca dell'Università. Lo sapeva bene che una cosa in più non le avrebbe fatto altro che male, perché non sarebbe riuscita a tenere sotto controllo tutto, ma la tentazione era tanta. Aveva pensato tanto alla pallavolo in quelle settimane. Sentire il tocco della palla nelle sue mani, sentire l'odore di sudore e ghiaccio secco, il suono delle scarpe strisciate sul pavimento e delle palle che rimbalzano. Le stava mancando tutto ciò che la pallavolo sapeva farle provare e significava per lei. La sensazione di leggerezza in un salto, la voglia di dare il 150% per non far cadere la palla a terra. E sì, le mancavano anche tutti i lividi che immancabilmente si procurava, il dolore alle gambe, le dita insaccate, la fatica. Aveva voglia di tornare a giocare.

«Fallo» le suggerì Rasha, vedendo quella che ormai poteva considerare una sua amica stare male per la vita che stava conducendo. Era sempre triste, e ormai solo poche cose la sapevano divertire. Aveva sempre lo sguardo perso nel nulla, e non prendeva praticamente più parte alle conversazioni, era diventata il fantasma della Cassandra curiosa e misteriosa che aveva imparato a conoscere. «In questi giorni sei sempre più triste, e ti isoli sempre di più. Si vede che ti manca giocare. Ognuno ha il suo modo di sfogarsi d'altronde».

«Ma ho già così tanti impegni» borbottò Cassandra, scuotendo la testa. «Non riuscirei mai a...»

«Cass, tutte facciamo altro, oltre università e lavoro» le ricordò lei, sorridendole dolcemente, «abbiamo i corsi di yoga, e la palestra». Cassandra guardò il telefono, dove aveva già formato il numero che avrebbe dovuto contattare per avere informazioni sugli allenamenti. Le mancava soltanto premere il tasto verde...

È divertente come tutte le paure si riducano ad un unico gesto. Schiacciare un bottone, dare un abbraccio, dire un ti amo. Tutto si riduce ad un gesto, ma quel gesto sembra la cosa più difficile di una vita. E poi ci sono delle persone che ti danno uno schiaffo in piena faccia e ti svegliano fuori, come Rasha, che premette il pulsante per lei, con una faccia strafottente in viso.

Un giorno o l'altro...

«Pronto?» rispose una voce di ragazza. Rasha le fece segno di rispondere, mentre Cassandra guardava il telefono con gli occhi spalancati di chi aveva visto il demonio. «Pronto? C'è qualcuno?»

«Sì» esclamò, forse con troppa convinzione, fulminando con uno sguardo la sua amica, «sì...vorrei...mi piacere...insomma mi servirebbero delle informazioni sulla squadra di pallavolo».

«Certo! Vorresti iscriverti? Studi in Statale?»

«Sì...cioè sono al primo anno di Lettere...volevo sapere gli orari...ecco», si morse il labbro, dandosi della stupida per l'imbarazzo. Aveva sempre avuto qualche problema nel parlare al telefono. Nel parlare e basta, veramente.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 07, 2022 ⏰

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Pᴇʀ Aꜱᴘᴇʀᴀ Aᴅ Aꜱᴛʀᴀ |Pʀɪᴍᴀ SᴛᴇꜱᴜʀᴀDove le storie prendono vita. Scoprilo ora