2. Ascolta il tuo istinto.

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L'unica passione che in Cassandra poteva eguagliare la scrittura, era la pallavolo. In principio si trattava solo di un modo per non perdere le poche relazioni che Cassandra aveva instaurato durante gli anni di scuola elementare, ma poi diventò l'unico modo che le permetteva di staccare da tutto, l'unico momento in cui le parole non le giravano sconclusionate in testa, ma prendevano una forma precisa. Un monologo interiore riempito di passaggi, schiacciate, coperture, muri, rincorse e battute. Quando Cassandra giocava a pallavolo non aveva altro per la testa che la mossa successiva da compiere.

Non era particolarmente alta né particolarmente forte, ma alla palla non interessava. Quando arrivava tra le mani di Cassandra le differenze di altezza e potenza si annullavano, e l'unica cosa che contava era l'istinto. L'istinto di fare un passo in avanti o uno indietro, di prendere la tempistica per la rincorsa d'attacco, o di schiacciare nel modo adeguato per schivare il muro avversario. Tutto si riduceva all'istinto.

Osho, un maestro spirituale indiano, diceva: "Ascolta il tuo istinto, ascolta il tuo corpo, il tuo cuore, la tua intelligenza. Dipende da te, vai dove ti porta la tua spontaneità e non sbaglierai mai."

Era un consiglio molto duro, visto che l'istinto di Cassandra e la sua ragione portavano in direzioni una opposta all'altra. Odiava prendere decisioni, era una ragazza che si lasciava trascinare via in balia dell'ansia. Vagliava ogni possibilità e andava in crisi anche solo per scegliere un tipo di pizza o un gusto di gelato, però alla fine...quello che vinceva era sempre quello che l'aveva colpita di più.

L'ultima palla della partita d'allenamento si stava dirigendo verso di lei. Si preparò per ricevere. Schiena curva, braccia stese, gambe aperte e piegate. Avrebbe mandato quella palla all'alzatrice. Doveva farlo. Era il suo compito, e poi tutte le sue compagne la stavano guardando, pronte a comportarsi di conseguenza alla sua ricezione. Non poteva deluderle. O per lo meno non avrebbe sopportato di essere presa in giro, di nuovo. La battuta si schiantò sulle sue braccia come un blocco di cemento, e volò verso le tribune prima di lasciare il segno contro la parte ammuffita del muro della palestra. Impossibile da recuperare.

L'allenatore mise la parola fine alla loro agonia. Era l'inizio di settembre, ma l'estate non voleva lasciare posto alle fresche temperature autunnali, stringendo tutte in una morsa di afa che le faceva sudare fino allo scioglimento. Cassandra recuperò la bottiglietta d'acqua dal tavolo e il borsone, e si avviò velocemente verso gli spogliatoi, col fiatone e le gambe rese molli dalla fatica, distrutta sia mentalmente che fisicamente.

«Ridicola» stava dicendo Elisa, una sua compagna dalle gambe lunghe e il collo da giraffa, chiacchierando con una sua amica. Erano proprio davanti a lei e le bloccavano il passaggio verso gli spogliatoi. Erano girate di spalle, e i loro capelli legati in lunghe code non sembravano in uno stato così pietoso quanto lo erano quelli di Cassandra. «Non riesce a tirare su una palla neanche per scherzo». Risero tra loro, ignare che il motivo del loro divertimento fosse a portata d'orecchio.

Cassandra non ne aveva dubbi: su tutte le ricezioni che aveva fatto, quelle ragazze erano riuscite a soffermarsi su una delle poche che aveva sbagliato, rovinando la sua performance. Era incredibile come una persona riesca ad essere cieca davanti al quadro completo, soffermandosi su un punto solo per ridere alle spalle degli altri. Aprì la bocca per replicare, ma poi si diede uno schiaffo mentale, costringendosi a stare al suo posto. Non importava. Non era importante. Il loro giudizio non le interessava, i loro commenti le scivolavano addosso come acqua.

Dopotutto...di lì a pochi giorni non le avrebbe più riviste.

Le bastava solo una conferma.


Sυcceѕѕe coѕì, all'ιмprovvιѕo.
ѕι alzò e decιѕe.
doveva caмвιare тυттo.

10 Settembre 2018. 22.34

Maledizione.

Mancavano pochi giorni e le iscrizioni sarebbero terminate. Se davvero Cassandra voleva andare in Università doveva agire subito, senza esitazioni. Le bastava solo una conferma.

Stava iniziando a rassegnarsi a passare la vita dietro un bancone.

«Com'è che dovevo dire?» chiese tra sé e sé, poi mise stupidamente la mano a mo' di cornetta vicino all'orecchio e fece una brutta imitazione della madre. «Pasticceria Argenteri, buongiorno, vuole ordinare qualcosa? No signora, le torte per il funerale di suo marito non le facciamo, no signora, non possiamo disegnare un dito medio sulla torta». Si passò le mani sulla faccia stravolta. Non sarebbe rimasta in quel buco polveroso. Non apparteneva a quel posto. E poi, solo il pensiero di stare seduta dietro una scrivania per non si sa quante ore al giorno la mandava fuori di testa.

Il suono di una notifica riempì l'aria. Quale dolce rumore. Sul telefono di Cassandra, sul quale le uniche notifiche per il momento erano sempre state quelle delle vite recuperate di Candy Crush, era comparso un messaggio.

Il messaggio era di una certa Alice, e recitava: "è confermato, da settimana prossima a Milano ci sarà una studentessa di Lettere in più!".

Appena Cassandra lo lesse cadde giù dal letto, un enorme sorriso che le illuminava il viso.

Alice frequentava il terzo anno di Architettura alla Statale di Milano. Alice era pugliese, ma si era trasferita a Milano in un appartamento con un paio di coinquiline. Alice e le sue coinquiline cercavano un'altra persona per dividere l'affitto. Quell'altra persona avrebbe potuto essere Cassandra.

La piccola ragazza non aveva mai visto Alice faccia a faccia, ma l'aveva conosciuta su una pagina di Facebook mentre raccoglieva informazioni sugli alloggi universitari di Milano. Non sapeva da dove le fosse uscita tutta quella intraprendenza, ma se suo fratello era riuscito a trasferirsi, non vedeva perché non potesse farlo anche lei. Non voleva rimanere a Torino, non voleva iniziare a lavorare. Aveva ancora molto da studiare, aveva ancora molto da imparare, aveva ancora molto da scrivere. Aveva ancora la sua vita da scrivere.

Non voleva lavorare, voleva studiare Lettere.

L'idea probabilmente l'aveva sempre avuta, ma se ne rese conto solamente durante l'ultimo anno delle superiori.

La professoressa d'inglese di Cassandra aveva chiesto, un giorno a fine lezione, ai propri alunni quale percorso avrebbero seguito una volta finito il liceo. C'era chi aveva risposto Medicina, chi Dietistica, chi voleva diventare economista o ingegnere. C'era perfino chi perseguiva il sogno di bambino di diventare astronauta o calciatore.

«E tu, Cassandra?» le aveva chiesto ad un tratto, notando che la ragazza era rimasta in silenzio ad osservare la superficie graffiata del banco. Conosceva bene quella ragazza, sapeva che si sarebbe inventata qualcosa di strampalato come era suo solito. Non si aspettava altro che una delle solite bizzarre risposte che aveva sempre dato.

«I-io...» aveva balbettato Cassandra, torturando le maniche del maglioncino, «mi piacerebbe diventare una scrittrice». La classe era scoppiata a ridere. Lei non capiva cosa ci fosse di male, in fin dei conti era un lavoro come un altro. Non sarebbe stata la stessa cosa dire panettiere o fruttivendola? Lei voleva diventare una scrittrice, nient'altro.

Aveva provato ad accennarlo ai suoi genitori, ma avevano fatto finta di non sentirla, come al solito. Per loro non esisteva altro che la pasticceria.

Con la testardaggine che la rappresentava, e anche con una grande dose di pazzia che non credeva di avere, aveva fatto tutto da sé. Aveva cercato informazioni sull'università Statale di Milano, che presentava il percorso di Lettere più famoso d'Italia. Si era informata sui corsi e sugli orari delle lezioni. E aveva conosciuto Alice.

Certo, avrebbe dovuto trovarsi un lavoro, ma in fin dei conti anche Alice ne aveva uno, e le aveva rassicurato che era una cosa fattibile, se davvero era il suo sogno.

E sì.

Lo era.

Letteralmente, frequentare la facoltà di Lettere aveva iniziato piano piano a intrufolarsi nei sogni di Cassandra, fino a diventare IL sogno.

Accese velocemente il computer e si iscrisse al corso di Lettere Classiche, ringraziando il cielo che non ci fosse un test d'ammissione, perchè la sua ansia avrebbe lavorato contro di lei. 

Magari aveva agito d'istinto, ma l'istinto non aveva forse sempre ragione?

Pᴇʀ Aꜱᴘᴇʀᴀ Aᴅ Aꜱᴛʀᴀ |Pʀɪᴍᴀ SᴛᴇꜱᴜʀᴀDove le storie prendono vita. Scoprilo ora