1. La Miller Investigation

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Le indagini li avevano portati in un parcheggio sul ciglio della strada, nel cuore della notte, vicino a un club di fronte al porto di Philadelphia. Harry, il sospettato, era lì dentro da circa mezz'ora.

I genitori del ragazzo si erano presentati alla Miller Investigation la settimana precedente molto preoccupati: sospettavano che stesse frequentando dei malviventi e avevano paura che potesse mettersi nei guai. Perciò si erano affidati all'agenzia investigativa di Brian Miller, di cui Lara era l'assistente.

Erano a bordo della Fiat 500 nera della ragazza ormai da troppo tempo, impazienti di vedere uscire il diciassettenne.

«Ho deciso, entro a dare un'occhiata. Resta qui, blocca le portiere e se qualcuno si avvicina contattami subito sul cercapersone» ordinò Brian, prima di scendere dall'auto.

«Tranquillo, ho anche il taser.» Sorrise sventolando l'oggetto tra le mani.

Non appena l'uomo si allontanò fece come le aveva detto.

Sbuffò quando lo vide oltrepassare l'ingresso a rilento. Non sapeva quanto ancora sarebbe dovuta restare lì ad aspettare che succedesse qualcosa.

Per distrarsi lasciò vagare lo sguardo oltre il finestrino: la carreggiata era poco illuminata e non circolava nessuno; alla sua destra sorgeva l'enorme edificio rosso dell'area spedizioni del porto. Non c'era mai stata durante la notte, era così deserta e silenziosa rispetto alle ore diurne.

Non mi piace per niente qui! Pensò Lara, scossa da un brivido lungo la schiena.

Decise di tornare a concentrarsi sul lavoro e a scrutare la porta del club sulla sua sinistra. Si aspettava di scorgere al più presto l'investigatore o il giovane ragazzo, ma i minuti passavano e di Brian e Harry neanche l'ombra.

Sulle gambe aveva il fascicolo del caso, lo aprì e sfogliò le pagine stampate al computer con qualche sua annotazione a mano. Prese l'ultima facciata bianca e iniziò ad appuntare orari e spostamenti fin lì effettuati. Inoltre, le lunghe attese e la noia, le facevano venire fame, frugò nella borsa in cerca di qualcosa da sgranocchiare e trovò un pacchetto di cracker.

A un tratto il suo spuntino fu interrotto dagli schiamazzi provenienti da un gruppetto di ragazzi che stava uscendo dal locale, tra loro riconobbe la folta chioma ramata del loro sospettato. Si scrollò le briciole e si mise composta sul sedile, drizzò le orecchie e aprì bene gli occhi. Erano una decina, li squadrò uno a uno per quanto riuscì nella penombra. Quei tizi non le ispiravano fiducia: due di loro si spintonavano ridacchiando mentre altri si guardavano attorno circospetti.

«Accidenti, dove si è cacciato Brian?» parlò a vuoto incerta su come comportarsi.

Fissò il gruppo di nuovo: anche l'abbigliamento, un mix tra lo stile punk e metal, non lasciava ben sperare. Conosceva il detto "l'abito non fa il monaco", ma non era certamente quello il caso.

Accantonò la bustina dei cracker e il fascicolo sul cruscotto, dopodiché si affrettò a frugare nella borsa di Brian, posta sul tappetino del passeggero, piena di strumenti del mestiere. Senza mai sganciare gli occhi da Harry, Lara afferrò decisa il binocolo con fotocamera digitale integrata. Impostò la visione notturna e la modalità video per non perdersi nulla, quindi seguì i ragazzi con lo sguardo: si erano avvicinati al cancello d'entrata dell'aera spedizioni del porto, sotto un lampione. La gomma della lente era ben appiccicata al contorno delle palpebre, la vista notturna tendeva al verde-bluastro, ma le figure si distinguevano nitide. Ne poteva scorgere alcuni dettagli: una catena allacciata alla cintura, un anello al naso come quelli che si mettono alle mucche, poteva intravedere perfino i tatuaggi sulla mano del più spavaldo in testa agli altri, grazie allo zoom professionale.

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