1975

219 8 4
                                    


Freddo. Il mondo è un posto freddo, privo di calore. Tutti non fanno altro che urlare di continuo, se dovessi scegliere un colore per disegnare tutto ciò sarebbe un miscuglio tra il nero dei miei demoni ed il rosso del mio sangue.
Resto ferma tra le onde di questo mare in tempesta che tenta di affogarmi giorno dopo giorno,  l'acqua è fredda così come le sue mani che sfiorano la mia pelle candida. 
Le stelle mi sono sempre piaciute, stanno lì nel bel mezzo dell'oscurità e brillano,  la loro luce lampeggia, ma non si spegne.  Mi capita di guardare il cielo stellato nel bel mezzo della notte, in cerca di una stella cadente per cambiare queste giornate monotone riempite da lui. Non voglio nemmeno più andare a scuola, in quelle aule piene di bambini,  non li capisco, perchè ridono sempre?  Ridono forse di me? 
Oggi ci sono ospiti a casa, sono forse altri amici di papà che vogliono giocare con me?
Entrano in 4 dalla porta d'ingresso fatta di mogano, non dovrei spiarli dalla cima delle scale, eppure non riesco a distogliere gli occhi. Un vento debole smuove le foglie sugli alberi quasi spogli,  ho il permesso di scendere le scale? Voglio vederli di nuovo. Scendo furtivamente qualche scalino provando a non far rumore nella mia piccola vestaglia da notte, mi siedo su uno scalino ricoperto dalla morbida moquet e li osservo attraverso le sbarre del corrimano; un ammasso di ricci scuri cattura la mia attenzione e penso a quanto deve essere strano toccarli.
<Il vostro primo album verrà pubblicato a breve, avete qualche idea paricolare per questo servizio fotografico?> la voce di papà non è mai stata così gentile, mi fa quasi strano non sentirlo arrabbiato.
Un ragazzo dai capelli lunghi corvini. vestito in modo bizzarro, ha cominciato a spiegare delle idee riguardo ai vestiti e allo stile delle foto; ha un viso insolito, i suoi denti sono carini. Faccio un altro scalino per vederli meglio, ma la superficie sotto i miei piedi cigola facendo girare i 5 adulti verso di me; papà mi ucciderà. I suoi occhi mi fissano infuocati, ma le parole che escono dalle sue labbra sono gentili accompagnate da un sorriso forzato
<Piccola! Che fai già sveglia? Coraggio vieni a salutare i nostri ospiti>
Titubante scendo gli scalini sentendo il pavimento muoversi sotto le piante dei miei piedi nudi, passo dopo passo mi avvicino a loro e sento tutti gli occhi addosso, mi scrutano. Alzo timidamente lo sguardo mentre cammino ed incontro due limpidi occhi azzurri che mi osservano, papà mi fa cenno di avvicinarmi di più e mi fa salire sulle sue ginocchia sfoggiando un sorriso a 32 denti; le sue mani stringono troppo quando mi solleva, non voglio stare così vicina a lui .
<Ciao, qual è il tuo nome?> un sorriso con uno spazio tra i denti è rivolto a me da l'ultimo dei 4 clienti di papà, vorrei rispondergli,  ma non mi è permesso parlare.
<Oh dovete perdonarla, è un po' timida! Sapete come sono i bambini> stringe la presa intorno ai miei fianchi e sento i miei muscoli irrigidirsi sotto le sue dita callose.
Un tuono scuote le fondamente del mio cuore, la piogga comincia a cadere sulle strade di Londra mentre le mie piccole gambe tremano: i temporali ancora mi fanno paura.
Il ragazzo riccio mi sorride rassicurante e mi porge una mano, come fosse un principe la afferro sentendo papà schiarirsi la voce; mi conduce alla finestra e mi prende in braccio, mi sento volare stando così in alto.
<Sai, un tuono  è semplicemente il risultato di una lite tra delle nuvole> dice sorridendomi, le sue mani sono delicate mentre mi regge tra le sue braccia, la mia mano è così piccola poggiata sul suo petto
<Due nuvole stanno litigando ora e così fanno cadere dei fulmini che fanno un gran frastruono> ridacchia facendomi sorridere e sento le guance arrossire lievemente, cos'è questo lieve calore che sento nel petto?
Papà continua a parlare con gli altri 3  ragazzi che ogni tanto lanciano uno sguardo verso noi due che osserviamo la pioggia.
Passano i minuti e siamo costretti a ritornare nel gruppo, non voglio lasciare le sue braccia. Papà mi porta in cucina insieme alla band per offrirgli qualcosa da bere, rabbrividisco quando vedo le bottiglie di birra; non mi piace quando beve. Faccio dondolare le gambe appoggiata sul bancone della cucina mentre le bottiglie vengono stappate. Un suono insolito mi riempie le orecchie e alzando gli occhi noto vicino a me il ragazzo biondo con un tamburello tra le dita, mi sorride e lo muove sbattendolo poi sulla mano creando un motivetto orecchiabile. Mi porge l'oggetto
<Avanti su, provalo un po'> lo prendo piano ed insicura lo muovo facendo sorridere il ragazzo, premo le labbra insieme e lo muovo nuovamente provando a ricreare la melodia precedentemente ascoltata
<Sei proprio brava!> esclama e sorrido divertita dal suo entusiasmo.
Mi insegna qualche trucco e qualche suono da riprodurre, di nuovo quello strano calore nel petto, non capisco cosa sia.
<Tesoro basta con quel coso, fai un casino tremendo> dice papà sforzando un sorriso che mi fa venire i brividi, non sorrido più e ridò lo strumento al ragazzo che guarda perplesso papà.
Ci spostiamo al tavolo e papà mi fa sedere nuovamente sulle sue gambe, il tavolo mi arriva al petto e ci poggio le braccia e il mento, continuano a discutere di location, vestiti e soldi.
Due dita ruvide si sfregano contro l'interno della mia coscia, mi gela il sangue. Nessuno può vedere nulla, il legno scherma la visione dei 4 ospiti, sento il cuore sbattere contro la gammbia toracica come se volesse spaccarla e scappare via. Perchè si sta spingendo in me con un dito? Perchè ora? Mi sta punendo per essermi avvicinata a loro senza il suo permesso? Mi brucia, fa male. Smettila. Mi iniziano a lacrimare gli occhi e i tutti mi fissano confusi
<Che succede piccola? Non ti senti bene> mi chiede papà con finta preoccupazione, lo sa che è colpa sua.
Scuoto la testa con forza e la poggio sulla superifice liscia del tavolo. Mi fa male. Non riesco a respirare.
<Forse dovrei metterla a letto> sfila le dita da me e si alza in piedi tenendomi stretta a se.
No. Non voglio andare in camera con lui.
<Torno subito> mi porta sopra le scale mentre guardo in lacrime i 4 ragazzi seduti sulle sedie.
Entriamo in camera da letto e comincio ad iperventilare, mi poggia sul letto ed un suo colpo non tarda ad arrivare, la guancia mi brucia e sento la fibbia dei suoi pantaloni slacciarsi. Singhiozzo esausta, non voglio farlo.
<Succhia> dice ed io eseguo, è disgustoso. Specialmente quel liquido appiccicoso.
Dopo va al piano di sotto ed io resto a singhiozzare al buio con il rumore dei tuoni che riempie la stanza. Passano dei minuti, o forse delle ore, e sento la porta di mogano aprirsi: stanno andando via.  Mi avvicino alla finestra e li vedo avviarsi verso un furgoncino. Non voglio che vadano via, per la prima volta dalla morte di mamma ho sentito quel calore nel petto, quel calore che nella mia quotidianietà non esiste.
Non andate via, no, vi prego. Non lasciatemi di nuovo da sola con lui.
Corro giù dalle scale  e supero papà uscendo sotto la pioggia di corsa, grida il mio nome. Non voglio più svegliarmi la mattina con la paura delle sue mani, non voglio più sentirmi in quel modo. Sono stanca del freddo, voglio sentire quel calore, lo necessito.
Si sono girati verso di me, mi guardano attraverso la pioggia, corro verso di loro. Non mi basta più, non mi basta esistere. Sono stanca di sperare che faccia in fretta, sperare che ogni giorno il suo tocco mi faccia meno male, sono stanca del suo sorriso languido. Voglio guardare le stelle, toccare i suoi capelli riccioluti, suonare il tamburello, vedere quello spazietto tra i suoi denti, provare con lui dei nuovi vestiti. Voglio calore, voglio vita. I miei piedi nudi corrono sull'asfalto bagnato.
Ci sono quasi,
allungo una mano verso di loro,
sgranano gli occhi e son pronti a prendermi.
Il suono di un clacson irrompe come un tuono nell'aria,
il buio mi travolge.
Non sento più nulla.
Una figura si presenta davanti a me irradiata di luce
Mamma, sei tu?

Immagina: QueenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora