4. Non può essere

44 8 0
                                    

«Pensi che mio padre mi perdonerà?» domandò Nix a Windsor, lungo la strada che li avrebbe condotti a casa.

«Ne sono convinto». Windsor gli sorrise.

«E tu? Mi perdonerai per averti tenuto lontano dalla tua famiglia per tutti questi mesi?».

«Seguirti fu una mia scelta».        

Nell'esatto istante in cui Windsor terminò la frase, una freccia si conficcò nel tronco di un albero. Tagliando l'aria con un sibilo a poca distanza dal viso del principe.

I cavalli nitrirono.

«Banditi!» esclamò Windsor arrabbiato, estraendo la sua spada dal fodero, imitato subito da Nix, mentre delle figure incappucciate di nero uscivano dalle ombre del bosco.

«Guarda... guarda» una figura si fece avanti mettendosi le mani sui fianchi. «Il principe Nix III d'Argent ci fa onore della sua presenza».

Nix puntò la sua lama in direzione dello sconosciuto. «Cosa volete da noi?».

«Mi sembra ovvio, mio principe. L'arciere non sbaglierà al prossimo tiro, non vi conviene lottare». 

«Sono troppi. Al mio tre spronate il cavallo, più veloce che potete» gli sussurrò Windsor che posava gli occhi sulle otto figure che si stavano stringendo intorno a loro.

Il principe invece cercava tra i rami dove potesse nascondersi l'arciere, sempre se ce ne fosse stato soltanto uno.  

Annuì al suo compagno.

«Uno». L'uomo che doveva essere il capo tirò fuori un coltello da dietro la schiena.

«Due». Nix cercò di stabilizzare il suo cavallo.

«Tre, ora!».

Il principe si scagliò contro il capo della banda di malfattori, abbassandosi fino a distendersi sulla schiena del cavallo per evitare di essere colpito da una pioggia di frecce.

L'uomo si chinò e si fece scudo con le braccia per evitare gli zoccoli.

Nix ritrovò l'equilibrio e strinse le briglie del suo fidato destriero, facendosi largo tra gli alberi intricati.

Perse di vista Windsor, che credeva essere dietro di lui. Provò a chiamarlo. Ma una freccia colpì il cavallo a una zampa posteriore, facendolo cadere per terra. Il principe ruzzolò malamente sul terreno, sbattendo la spalla.

Per un attimo restò con la guancia premuta sul terreno ruvido, ma poi sentì delle urla correre verso la sua direzione. Si rialzò, stringendo i denti per il dolore. Fece una carezza sulla criniera del suo cavallo, imprecando. Si mise in piedi e poi cominciò a correre.

Non si voltò mai.

Non smise di correre, anche se il dolore gli imponeva di fermarsi. Finché qualcosa non gli saltò addosso dall'alto, facendolo cadere di nuovo a terra. Rotolò con quel peso lungo un piccolo pendio, ma la sua schiena andò a sbattere contro un masso.

Si sentì strattonare la corda del ciondolo che portava al collo.

Con tutte le sue forze spinse il suo assalitore contro la roccia, sperando di fermarlo.

Aveva il fiatone.

Chi lo aveva aggredito si accasciò al suo fianco, dopo aver urtato la roccia con la testa. Nix scostò il cappuccio, rivelando un piccolo ovale femminile. Si liberò dal peso di quel corpo e lo distese sull'erba.

«Non può essere» sussurrò allarmato. La somiglianza con la donna che aveva tormentato i suoi sogni e il suo cuore era palese. Le accarezzò il collo con le dita. «No, non è lei».

Ma mentre si allontanava sentì un nodo alla gola e allo stomaco.      

Windsor non era più con lui. Pregò affinché fosse riuscito a scappare.

Era solo.

Portò la mano al fermaglio che quella ladra aveva cercato di rubargli. 

Lo strinse.

No. Non sarebbe stato solo, finché si ricordava di lei.

Il principe d'argento e la dama rossaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora