Capitolo 01

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«Matt, svegliati!» Lo scuoto per l'ennesima volta e sospiro. Giuro che lo ammazzo. È da almeno cinque minuti che lo chiamo, ma il signorino sembra essere entrato in coma. Cerco di non farmi pervadere dal nervoso e mi ributto tra i cuscini. «Non doveva ricapitare». Mormoro afflitta, guardando il vuoto e spostandomi i capelli scuri che mi sono finiti davanti al viso.

«Come fai a rompere le palle già di prima mattina?» Mi chiede con voce impastata; quando mi volto, lo vedo darmi le spalle e coprirsi meglio con la coperta. Schiudo la bocca e inviperita lo lascio al freddo, scoprendolo. I suoi occhi verdi incontrano i miei e capisco subito che mi sta odiando.

«Rompo le palle perché sono tre giorni di fila che dormi nel mio letto!» Esclamo.

«Si può sapere che vuoi?» Me lo sta chiedendo sul serio?

«Riavere la mia camera, il mio letto e te fuori da questa casa!» Alle mie parole cerca di trattenere uno sbuffo. Mi sento il sangue al cervello. Non doveva capitare, non di nuovo, non erano questi i patti.

«Claire, è presto, torna a dormire». Sussurra chiudendo nuovamente gli occhi.

«Matthew, non è presto! Sono le sei, tra poco mio padre si alza per andare a lavoro e nel caso te ne fossi dimenticato, ce l'hai una casa. Ce l'hai presente? Una villa a due piani, un po' isolata, dove abiti con i tuoi genitori e la tua sorella gemella...» Cerco di fargli connettere il cervello, ma ottengo solo l'ennesimo sbuffo. Ci fissiamo in cagnesco per qualche attimo, ma infine si alza dal letto e tiro un respiro di sollievo.

Si potrebbe pensare che visto che ci conosciamo da una vita sappiamo tutto l'uno dell'altro. No, non è così. Sono tante le sfaccettature che non conosciamo e nemmeno vogliamo conoscere. Se dovessero mai sottopormi a un test sulle cose che odia lo supererei a pieni voti, ma se mi chiedessero altro? No, e nemmeno m'importa.

Come siamo finiti in questa situazione? A causa dei miei ormoni. Non ho saputo resistere. Devo ammettere che non ha più niente di quel bambino bassino, mingherlino, con qualche lentiggine e l'apparecchio. Ora è un bel ragazzo dai capelli mori, gli occhi verdi e un sorriso fin troppo seducente. Fare nuoto lo ha aiutato, di certo quel fisico non glielo hanno regalato. Anche se vederlo mangiare è spaventoso, non sembra mai sazio.

«Sai benissimo che i miei genitori non farebbero storie se non dovessero trovarmi a casa». Alle sue parole mi metto seduta sul letto e stringo le labbra per non insultarlo.

È vero, i suoi genitori sono degli angeli. Non sono molto severi, si fidano di lui, ma delle domande le farebbero sicuramente.

«E se ti vedessero i miei genitori? Loro sicuramente avrebbero da ridire e tua sorella chi pensi che dovrebbe sorbirsela?» Alza gli occhi al cielo alle mie domande ed esce dalla mia camera dirigendosi in bagno. Inviperita lo seguo e l'osservo fare i suoi bisogni come se non ci fosse nulla di strano.

«No, ma tranquillo, fai pure». Dico ironicamente.

«Nessuno ti ha detto di entrare». Ribatte. Incrocio le braccia al petto e cerco di captare dei rumori per casa.

«A te, però, è stato detto di uscire».

«Devo pisciare, Claire». È esasperato, non ci credo.

«Devo lavarmi per andare a scuola, Matt!»

«Fallo! È tutta roba già vista, non mi scandalizzo». Apro bocca per ribattere, ma capisco che è inutile. Tira lo sciacquone e mi guarda sorridendo.

«È inutile che sorridi, continua a fare così e questo corpo te lo sogni». Dico guardandolo con sfida.

«Lo dici tutti i giorni». Mormora avvicinandosi al lavandino.

Oltre le bugieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora