Lui è Leo, l'inquilino del secondo piano. Ha ventidue anni, frequenta l'ultimo anno di lettere e ha sempre vissuto lì. Nel palazzo lo conoscono tutti come l'artista un po' burbero, il ragazzo che ha dedicato anima e corpo alla cura di una madre troppo occupata a perdersi per dimostrargli quell'amore che un figlio merita, per lasciarsi salvare. Era rimasto da solo a vivere in quella casa, soffocato dal peso dei ricordi di un'infanzia e di un'adolescenza non troppo semplice. Aveva sempre voluto andare via, ricominciare lontano da quel posto dove era sempre stato "figlio di", "quello che", quando avrebbe voluto essere semplicemente Leo. Il suo appartamento è esattamente sopra quello di Sofie, ma la sua camera non da sul mare, sul parco, quando si affaccia non vede i bambini giocare; se si affaccia dalla finestra vede il cemento, vede case ammassate su altre case, vede i posti dove ha visto per la prima volta sua madre fare cose che un figlio non vorrebbe mai vedere, l'ha vista rovinarsi con sostanze di cui non avrebbe dovuto fare uso, con uomini con cui non avrebbe dovuto passare del tempo. È stanco di quella vita, di quella casa, di tutto quel grigio. Sfogarsi nelle poesie, scrivere come, quando e perché voleva, solo quando ne aveva bisogno, non è più abbastanza. Sa che esploderà.
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Come una pagina bianca
Short StoryLeo, Sofie, un incontro casuale, due vite, una storia.