E se il segreto non fosse nelle stelle, ma nel buio che le circonda??
Perché gli occhi spesso sembrano fatti per poter guardare solo la luce, e neanche quella, ad essere sinceri. Non si può guardare la luce del sole perché acceca la vista e non si può guardare nell'oscurità, perché acceca la coscienza. E ci si ritrova nel mezzo dove la visuale è limitata, quasi dettata, eppure, un po' come in tutte le cose, c'è sempre quell'insignificante elemento fuori posto, quello che fuoriesce dal confine, che guarda la luce del sole e cammina spedito nell'oscurità, trovando lì spesso tutte le risposte. Uomini, déi, creature magiche, tutti discendenti di un unico sistema di struttura assolutamente affascinate e complesso, e di un contesto. Una realtà dove la luce interstellare e l'oscurità sono i confini e non sono fatti per essere superati. E persino gli occhi di un Dio non riuscivano ad andare oltre per superare quel confine che non aveva né un'alba né un crepuscolo, ma era intrinseco nella natura stessa.
Quella notte, non c'era vento e l'aria risultava quasi inesistente, perché afosa e soffocante si può dire. L'oscurità era precipitata sulle cose, sugli alberi, sulle persone, fermando il tempo e bloccando i pensieri.
E, quella notte, Loki si sentiva troppo umano, troppo limitato per i suoi gusti e per l'ego sorprendentemente smisurato che si ritrovava, rare volte, anche malvolentieri.
Si sentiva oppresso, soffocato, con un peso sul petto. Era stanco di tutta quella perfezione, di quello sfarzo, dei palazzi lucenti che si innalzavano sulla cittadella celestiale. Era stanco di sentirsi un corpo oscuro nella luce perpetua. Ma si era ormai costruito un ruolo, creato un confine che non avrebbe mai più dovuto superare per restare credibile. A detta sua, si era costruito la prigione, forgiato le catene, scavato la fosse. Era una sensazione orribile, di quelle che, se assecondi, possono bloccarti il respiro e farti accapponare la pelle.
Pensava pure che tornare indietro sarebbe stato inutile in quanto a quale scopo sarebbe valso? Aveva un ruolo, una nomina. Non l'avrebbe mai cambiata. Non sapeva se non voleva o non poteva. Era bloccato. Aveva indossato abiti troppo stretti, che limitavano tutti i suoi movimenti, rendendoli calcolati.
E quando era solo, ogni tanto, nell'oscurità dei suoi pensieri, il principe corvino sognava, sognava di poter riuscire a trovare un equilibrio tra ciò che era e ciò che voleva essere, di poter riuscire a mostrare agli altri ciò che mostrava a sua madre Frigga a alle pochissime persone che amava e che lo amavano, spesso neanche a loro.
Non capiva perché, ma, in un modo o nell'altro, quando veniva sera e lui restava solo con i suoi pensieri, cambiava tutto. Non c'era più un contesto nel quale doversi adattare, non c'era la pressione che lo portava a fingere sempre. C'era solo lui con le sue emozioni che diventavano più vivide e più tormentevoli e non c'era alcun modo per controllarle. Ma lui odiava quella sensazione di impotenza verso sé stesso. Odiava quella sensazione...con tutto sé stesso. In quei momenti non era più lui o era proprio lui? Non lo concepiva. Era un pensiero che restava bloccato nello stomaco e si faceva sentire spesso, torturandolo minuziosamente volta per volta.
In quelle notti, il Dio era meno perspicace, meno cattivo, con meno ambizioni e più sogni. Non era il figlio di Odino, il fratello di Thor, né il principe di Asgard e tanto meno il Dio dell'inganno. Era Loki, senza più ruoli. E il suo nome sembrava perdere forma quando lo ripeteva per la ventesima volta nella sua mente, eppure, era un dato di fatto. "Sono Loki" ripeteva ogni tanto a sé stesso per svariate volte, fino a sentirsi stupido, anzi, ancor di più, fino a sentirsi irreale. La mente, in costante movimento, sembrava ruotare su sé stessa quasi come il pianeta Midgard, dimora dei mortali, senza fermarsi mai. Infatti, quella notte, come ogni notte, si addormentò con troppi pensieri e la mente troppo affollata per fare bei sogni e, quando si svegliò il giorno dopo, come sempre, era tutto sparito...
Uscì sulla grande terrazza, sbadigliando e con gli occhi ancora assonnati. La luce del sole era già visibile, ma non fastidiosa, dato che era abbastanza presto. Nell'aria non si poteva ancora udire neanche il rumore delle spade dei guerrieri che sfregavano tra di loro. Persino il cinguettio degli uccelli era delicato, come se questi, di loro iniziativa, si moderassero per non disturbare il sonno asgardiano. C'era la più totale quiete e, lì per lì, Loki si chiese se valesse davvero la pena di odiare così tanto Asgard, la sua casa, che amava tanto quanto odiava e ripudiava tanto quanto bramava.
Pensò che forse il modo migliore per trovare un equilibrio fosse quello di allontanarsi un po' dalla cittadella, o anche farlo ogni tanto. In questo modo, un rapporto di vicinanza e lontananza avrebbe alleggerito quel peso. Ma, all'epoca, a Loki non era permesso abbandonare Asgard senza un permesso speciale del padre di tutti e, qualora ci avesse provato, ci sarebbero stati gli occhi magici di Heimdall a portare spia. Abbandonò quel pensiero. Lo buttò via esattamente come i pensieri della sera prima.
ANGOLO AUTRICE:
Per questa OS ho deciso di mantenermi ancora sulla descrizione, ma, nella prossima, che è collegata a questa, ci sarà una vera e propria svolta di narrazione, con dialoghi e via dicendo. Questa serie si andrà a ricollegare ad un elemento importante della serie di Thor. Sapreste indovinare quale? Anche perché non è difficile. Non so ancora se le OS saranno separate o le collegherò, perciò, per ora, mi limiterò a scrivere il titolo con tanto di parti numerate. Staremo a vedere come si collegherà il tutto. Intanto vi ringrazio della lettura e noi ci vediamo al prossimo "capitolo". Un bacio <3
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The misunderstood
Krótkie Opowiadania"The misunderstood" è una serie di one shot dedicate all'antieroe della Marvel, Loki. Narreranno di tanti piccoli frammenti della sua vita: dall'alba della sua infanzia, al sorgere dei primi amori e delle prime sfide. La vita non è semplice e questo...