||one-shot||

4.4K 149 105
                                    

Keith aveva appena iniziato a spogliarsi della tuta da paladino, che gli stava scomodamente incollata addosso a causa di un sottile strato di sudore, quando la notò.
Poco sopra l'anca, là dove finivano i pantaloni, sulla pelle pallida, vi era una macchia più scura. Avrebbe potuto credere che si trattasse di sporco, o magari di sangue, o di un leggero ematoma, se non fosse stato per il colore, una tonalità di viola troppo intensa per ognuna di queste opzioni.
Dovette trattenere un grido mentre si affannava a ricoprirsi, il respiro improvvisamente rotto.
Questo non è possibile. Cosa dovrebbe significare? Cos'è?
Ma soprattutto, e questa era la domanda che più lo tormentava, non poteva fare a meno di chiedersi se dirlo o meno e se dirlo si sarebbe rivelata la scelta corretta, oppure un errore madornale. Probabilmente Allura e Coran avrebbero saputo meglio di lui come comportarsi, eppure qualcosa gli mormorava che potesse essere la mossa sbagliata. Il timore sussurrava al suo orecchio, aveva paura di cosa gli sarebbe stato rivelato.
O meglio, di cosa gli sarebbe stato confermato, visto che oramai nutriva da tempo sospetti piuttosto inquietanti sulle proprie reali origini; da quella volta in cui aveva avuto accesso alla tecnologia galra semplicemente col tocco di una mano, in cui il suo corpo aveva reagito in maniera così insolita alla quintessenza, da quando aveva scoperto cosa significasse il pugnale che da sempre portava con sè, dono della madre, da quando Zarkon stesso gli aveva detto che il suo modo di combattere era istintivamente vicino a quello di un soldato galra. Cose stupide, aveva tentato di convincersi, insensate. L'avevano semplicemente fatto arrabbiare, e in principio pensava che la sua reazione fosse dovuta all'odio che provava nei confronti dell'Impero, che doveva provare, ma in verità quest'odio non era poi così consistente nè consolidato, non era nemmeno sicuro di odiare l'Impero in sè. Insomma, era innegabile che i galra contro cui combattevano fossero violenti, spietati e assetati di sangue e potere, ma era possibile che fosse così un'intera razza? Senza nessuna eccezione? Gli sembrava impossibile, non poteva essere altrimenti.
Dunque si era reso conto di una cosa: la sua rabbia non era causata dall'odio, bensì dalla paura.
E questa era causata dal fatto che non fosse in grado di negare nessuno degli eventi che, almeno nella sua mente, parevano accusarlo. Perché la tecnologia galra aveva risposto al suo corpo, perché la sua pelle era divenuta viola a contatto con la quintessenza, perché portava sempre con sè un pugnale che apparteneva alle lame di marmora, perché combatteva come faceva, se non essendo galra lui stesso?
E ora quella macchia.
Devo considerarla una conferma? Avevo davvero ragione? Come può essere possibile? PERCHÉ?!
Il panico gli strinse le gambe, salendo viscido fino allo stomaco, annegandogli il respiro, soffocando ogni sua capacità di pensiero logico e razionale. I suoi amici cosa avrebbero fatto se avessero saputo? L'avrebbero ucciso? Abbandonato?
Non voleva rimanere di nuovo solo, non voleva che le uniche persone a cui teneva e che, almeno per il momento, tenevano a lui, lo lasciassero, come avevano fatto i suoi genitori e tutti coloro ai quali avesse mai tentato di avvicinarsi, eccetto loro, che si erano creati autonomamente un posto dentro di lui. Non voleva trovarsi di nuovo costretto in un angolo, a fingere che tutto andasse bene così com'era, quando in verità stava morendo dentro ogni secondo di più.
Crollò a terra, soffocandosi in gola un grido angosciato, e così facendo finì inevitabilmente per attirare l'attenzione degli altri due ragazzi su di sè.
Lance si precipitò da lui, gli occhi azzurri che brillavano preoccupati, e gli strinse una mano su un braccio -Keith! Keith! Cos'hai? Cosa c'è? Stai male? KEITH!- stava gridando, come se il ragazzo in questione, così vicino a lui, potesse non sentirlo, sembrava davvero spaventato... il corvino lo spinse via con forza, stringendosi ossessivamente la maglia tra le mani, quasi nauseato all'idea che potesse alzarsi, anche per sbaglio, e rivelare il suo segreto -NON MI TOCCARE!- si alzò di scatto e corse via dalla stanza, urtando il povero Hunk mentre cercava di fermarlo, terminando poi la propria corsa chiuso in camera, come avrebbe fatto un bambino spaventato all'idea di venire sgridato dai genitori.
Solo che Keith non era un bambino, e il suo misfatto non era rappresentato da un vaso rotto o da vestiti sporcati nonostante i richiami, bensì da un apparentemente quasi imbattibile impero universale contro cui Voltron lottava giornalmente.
E le sue "persone" non erano i genitori, che non aveva oramai da anni, ma la sua nuova famiglia, e la paura che nutriva non era di venire sgridato, ma di venir considerato un traditore, che lo odiassero, che pensassero fosse il suo volere, che lo abbandonassero.
Aveva i brividi, brividi freddi.
Quella sera a tavola ci fu un posto vuoto, e tale rimase per molte altre sere.
Mangiava quando gli altri avevano già finito, o prima ancora che cominciassero, si allenava mentre tutti dormivano, evitava accuratamente di incontrare chiunque, stando alla larga da qualsiasi posto che generalmente venisse frequentato. Fece addirittura andare gli altri in missione da soli, senza di lui, senza Voltron, senza un leader. Ma in fondo che razza di leader avrebbe mai potuto essere un ragazzino di soli diciotto anni spaventato a morte da sè stesso? E andava anche ammesso che avesse a pieno il diritto di essere spaventato. Era lui colui il quale aveva scoperto di possedere discendenze aliene, e non di alieni qualsiasi, cosa che l'avrebbe sicuramente sconvolto, però non lasciato così distrutto, ma di nientemeno che i nemici giurati dell'universo, con cui si battevano continuamente. Gli stessi mostri che avevano rapito e torturato Shiro, che avevano distrutto Altea e sterminato i suoi abitanti, distruggendo la vita di quella stessa principessa che ora era una dei paladini, una sua compagna, e che spesso aveva salvato la vita a tutti loro.
Era troppo confuso, troppo impaurito, per essere un leader.
Keith divenne un fantasma.
***
-Allora, vogliamo parlare di Keith o...?- la voce di Lance risuonò incredibilmente scocciata durante la cena del sedicesimo giorno dopo quel giorno, quando, senza alcun apparente motivo, un certo paladino aveva deciso che non avere nulla a che fare con nessuno di loro fosse qualcosa da sperimentare assolutamente.
-Insomma, okay. Keith è un lupo solitario, è un po' scontroso e tende a non passare esattamente tutto il suo tempo con noi, ma questo...questo è strano persino per lui okay? Sono sedici giorni che ci evita. Sedici.- qualcuno sospirò, tutti tenevano lo sguardo basso; avevano da poco perso Shiro, non volevano perdere anche Keith.
-La porta della sua stanza è sempre bloccata, ha anche personalizzato la serratura perché si apra solo a lui...ho provato a parlargli comunque, ma non mi ha risposto..- si limitò a dire Hunk, profondamente ferito da quel..rifiuto, che l'amico stava riservando a tutti loro, senza nessuna spiegazione, che loro sapessero -E ha isolato dal sistema le telecamere. Un lavoro mal fatto, ma ho colto il messaggio e sto rispettando la sua..privacy.- osservò Pidge, storcendo il naso -Lance ha ragione. Questa situazione va risolta, sono sicura che nel momento del bisogno ci aiuterà, nonostante questa strana.. situazione. È ancora uno di noi, è leale, ed è un amico.. tuttavia sarebbe molto meglio se il nostro rapporto si ricucisse.- Coran interruppe Allura con il suo solito entusiasmo -COSA CHE sarebbe indubbiamente più facile se parlasse con noi. Cosa che non fa.- gridò con lusuale tono esuberante, nonostante lui stesso non fosse affatto divertito da quello che accadeva.
La discussione non si concluse in nulla, non sfociò in nulla, semplicemente cadde. Lasciando come unica traccia di sè un silenzio pesante, che alleggiava velenoso nell'aria, e che non si sarebbe alleggerito finché tutto non si fosse risolto, condizione in quel momento decisamente inattuabile.
Finito di mangiare, Lance si alzò e se ne andò deciso.
Quella cosa doveva finire.
***
toc toc
Il suono di nocche ostinate che battevano su di una superficie dura. Keith guardò la porta, sforzandosi di ignorare quel leggero bussare che persisteva da ormai due ore.
Oh Lance, perché non te ne vai e basta? Ti prego, ti supplico.. vattene.. lasciami solo.
Posò lo sguardo sulle proprie mani. Dopo solo così pochi giorni la pelle era completamente viola, le unghie sembravano starsi allungando e indurendo in artigli. Cazzo.
Da quel giorno la situazione era completamente degenerata, se prima aveva vaghi dubbi, ora non c'era più spazio per le incertezze. Era un galra.
E stava diventando sempre più evidente.
Da quando quel giorno era stato esposto alla quintessenza di uno degli esperimenti di Haggar il nuovo colore si era diffuso su entrambe le mani e buona parte di avambracci e braccia, anche il lato sinistro di torace e ventre era cambiato, e la tinta scura iniziava a scivolare giù per una gamba, strisciandogli addosso infida come ciò che stava a significare. Per sua fortuna poteva ancora nasconderlo indossando dei normali vestiti e guanti interi, invece dei soliti che lasciavano le dita scoperte, ma quanto ci sarebbe voluto perché non fosse più possibile?
Alla fine si decise ad aprire la porta. Non sapeva di preciso perché, Lance aveva smesso di bussare da almeno un'ora, ma da qualche parte infondo al proprio animo avrebbe davvero tanto voluto che così non fosse stato, cosa che in ogni caso non avrebbe mai ammesso ad alta voce. Almeno quel suono costante, per quanto fastidioso, gli forniva una conferma del fatto che a qualcuno importasse di lui.
Ebbe una sorpresa. Lance c'era ancora, appoggiato al muro affianco alla sua porta, addormentato.
Era notte ormai, non che nello spazio ci fossero notte e giorno, ma per comune accordo stavano comunque mantenendo dei ritmi di vita basati su quello terrestre, il che significava che le luci e le temperature del castello si modificavano leggermente durante il corso di una giornata, raffreddandosi durante quella che si poteva considerare notte come avrebbero normalmente fatto su un pianeta. Pertanto, nel vedere il corpo magro di Lance vestito solo di una maglietta, "deve avere freddo" fu la prima cosa che pensò Keith. Così rientrò e prese una coperta dal proprio letto, per poi avvolgerla addosso al ragazzo con estrema attenzione, visto che voleva evitare si svegliasse.
Purtroppo non funzionò bene come aveva sperato, difatti, Lance aprì gli occhi, lasciando come al solito il corvino incantano.
Per sua fortuna, Keith era sempre stato piuttosto bravo a nascondere i propri sentimenti, e si era da tempo abituato alla stretta che gli serrava lo stomaco ogni qualvolta Lance lo guardasse negli occhi, ma non riusciva ancora ad ignorarla totalmente.
-K-Keith..?- sembrava stupito, e il ragazzo in questione stava letteralmente per buttarsi dentro la stanza, voleva evitare di essere costretto a parlargli, quando una mano gli prese la caviglia, facendolo cadere a terra per la mossa inaspettata.
-NO. NO STRONZO! Tu non ti rinchiudi di nuovo là dentro!- gli gridò contro l'ex paladino blu, bloccandolo per terra col proprio peso.
Erano incredibilmente vicini, pensò Keith, riusciva a sentire il corpo snello di Lance premere sul proprio, anche se ovviamente quello non c'entrava nulla, e, pur ammettendo che non fosse affatto il momento adatto per pensare a quel genere di cose, non riuscì in alcun modo ad impedire che almeno una parte della propria mente vi si soffermasse.
-Lance...- sussurrò piano, abbandonando ogni resistenza. Non riusciva a sostenere il suo sguardo. Quegli occhi blu che tanto gli piacevano sembravano accusarlo, attribuendogli colpe che effettivamente aveva. Girò la testa di lato.
-Mi lasci?-
La domanda spezzò il silenzio solo dopo alcuni minuti, durante i quali Keith non fece altro che evitare lo sguardo insistente di Lance il quale, dal canto suo, sembrava deciso a non lasciarlo andare affatto.
-Lance, prometto che non scapperò. Io non scapperei mai da te.- sarebbe dovuta suonare un po' come una presa in giro, un modo vagamente stronzo di dire "Non mi fai paura, figuriamoci se mi ridurrei mai a scappare da te!", ma la voce che finì per utilizzare era troppo debole per quello, sembrava molto più triste. Le dita calde di Lance gli lasciarono esitanti i polsi, coperti dalla stoffa dei guanti. Il corvino si sedette dove prima dormiva l'altro, sospirando.
-È un nuovo stile? Keith vi evito tutti Kogane?- non gli diede risposta, e prese a tremare quando Lance si sedette accanto a lui.
-Carini i guanti.- anche questa volta al cubano venne spiattellato in faccia un bel silenzio ostinato.
Lance lo odiava quando si comportava in questo modo, lo odiava davvero, come faceva a non rendersi conto di quanto fosse doloroso per i suoi compagni sapere che probabilmente stava soffrendo e non poter fare nulla?
Prese la coperta da terra e la utilizzò per avvolgere entrambi, costringendo Keith ad avvicinarglisi almeno un poco, cosa che l'altro, straordinariamente, fece piuttosto di buon grado.
-Senti Keith, lo sappiamo che sei un po'... scorbutico.. ma.. questo, Keith.. questo è veramente troppo okay?- lo guardò, osservandolo triste mentre teneva il viso voltato in modo da non doverlo guardare.
-Lance...tu perché combatti?- aveva bisogno di saperlo. Aveva bisogno di sapere se Lance avrebbe detto "perché odio i galra", come la sua mente non faceva altro che ripetergli, se sarebbe riuscito a odiare anche lui.
-Oh. Stai avendo dei ripensamenti?- era evidente che scherzasse, la risata covava nella sua voce, ma Keith lo ignorò, voleva una risposta, e la voleva subito, per quanto dolore potesse procurargli.
-Niente ripensamenti quindi? Beh.. perché combatto... Per le belle ragazze, ovviamente, e per le parate! E perché è fighissimo!- Keith non si aspettava nulla di diverso come inizio, ma quella che voleva era la parte più seria, e Lance lo aveva capito -E poi.. per la Terra. È il mio mondo, il nostro mondo. Non posso lasciare che un terrificante imperatore alieno metta le mani su casa mia. E per la Garrison. In quel posto ci ho vissuto, è grazie a loro se siamo qui! Indirettamente, certo, però... è grazie a loro se sono qui.- fece una pausa dopo quell'ultima affermazione, che in qualche modo era parsa molto più intima, e anche Lance sembrò più triste -Per la mia famiglia. I miei fratelli, Veronica, mamma, papà, abuelita..tutti loro. Non voglio che muoiano o che diventino schiavi dei galra, non posso permetterlo. E per voi altri. Siete i miei compagni, siete una famiglia.- Keith lo guardò, trovandolo sorridente, eppure non era un sorriso dei suoi soliti, non era pienamente sincero, aveva un qualcosa di distante che poco apparteneva al Lance che d'abitudine stava con loro -I galra la pagheranno per quello che hanno fatto, e quando saranno tutti andati con il loro impero avremo la più grande parata di sempre!-.
Tipico di Lance.
-Tu credi che tutti i galra siano malvagi?-
Keith si ritrovò a tremare non più solo dentro, aveva paura della risposta, conosceva già la risposta, e ne sarebbe stato condannato, lo sentiva.
-Tu no? Hai visto come operano. Insomma... l'Impero è senza dubbio pieno di gente cattiva, ma anche Marmora.. abbandonare i compagni in favore della missione? Terrificante. E molto, molto galra. Dev'essere qualcosa che hanno nel sangue.-
Ecco, sei contento adesso Keith? Ora che sei sicuro di come reagiranno? Se addirittura Lance parla così... Ti manderanno via Keith, sarai solo. Di nuovo. O magari ti uccideranno. Sei un mostro Keith.
Il ragazzo scoppiò a piangere, come un bambino, tremando e singhiozzando, le lacrime che gli inondavano il viso, appannandogli la vista e mozzandogli il fiato. Sentì le braccia di Lance stringerglisi attorno, il suo tono sia sorpreso che preoccupato mentre gli chiedeva cosa non andasse.
Si accoccolò su di lui, stringendo il tessuto della maglietta fra le dita e singhiozzando contro la sua spalla, rimanendo aggrappato a lui mentre le carezze e il calore che Lance gli riservava non facevano altro che renderlo più triste, consapevole del fatto che avrebbe dovuto a breve dire addio a tutto ciò.
A quell'affetto. Alla sua nuova famiglia. A Lance.
E pianse, pianse fino a non avere più lacrime, calmandosi solo dopo un tempo indefinito, almeno un'ora.
L'altro non l'aveva lasciato nemmeno un attimo, l'aveva tenuto stretto a sè, nonostante tutto. Come se non ci fosse stato nulla di più importante, si sorprese a pensare Keith.
E faceva male.
-Keith...hei Keith.- il cubano gli prese il viso fra le mani e lo sollevò, mettendo in mostra gli occhi arrossati e il viso provato.
Erano vicini, erano molto, molto vicini. Molto più di quanto non fossero mai stati. Quegli occhi blu solitamente ridanciani ora erano serissimi, profondi come gli abissi oceanici, e guardavano lui. E Keith vi si incantò, fissando Lance come se non l'avesse mai visto, senza quel velo di distaccamento che usava sempre, questa volta lo guardò davvero.
Fu la prima volta che vide per davvero Lance, la prima in cui si rese conto di quanto si nascondesse dietro ad una battuta sempre pronta e ad un sorriso perennemente smagliante, in cui riuscì a pensare davvero a Lance come ad una persona piena, sincera, in cui Keith lasciò che qualcuno iniziasse a vedere oltre alle mura di cui lui stesso si era circondato.
Senza quasi rendersene conto lasciò che Lance si avvicinasse ancora, lentamente, abbastanza da sentire il suo respiro caldo accarezzargli le labbra.
Poi Lance lo baciò.
Fu una cosa inaspettatamente naturale, come se fosse già successo innumerevoli volte. Il cubano abbassò il viso e Keith lo sollevò, premendo delicatamente le labbra sulle sue. Tremava.
Le mani di Lance scesero sui suoi fianchi mentre gli stringeva le braccia al collo, approfondendo quel contatto intimo che aveva a lungo desiderato; si lasciò scivolare a terra, permettendo a Lance di stargli sopra, di dirigere il gioco. Non voleva altro che lui.
Keith avrebbe continuato ancora, sarebbe anche andato oltre, avrebbe oltrepassato qualsiasi limite, ma almeno uno di loro due pareva essere ancora dotato di capacità di ragionamento, perché Lance interruppe quello scambio appassionato, senza smettere di stringerlo a sè.
***
Erano passate altre due settimane da quella notte, più di un mese da quel giorno.
Keith era tornato improvvisamente a stare con gli altri, anche se spesso si comportava come se fosse lontano, come se qualcosa occupasse la sua mente, e il suo rapporto con Lance si era approfondito ed era cresciuto.
Lo amava.
Non che non lo sapesse già prima, ma la cosa si era fatta molto più concreta. Eppure non gli aveva detto nulla.
Progettava di andarsene, nonostante tutto, era convinto che sarebbe stata la scelta giusta. Aveva bisogno di allontanarsi da tutte quelle persone che sarebbe indubbiamente finito col ferire, bisogno di essere nuovamente una persona qualsiasi, uno fra tanti, qualcuno che gli altri nemmeno guardassero più di una volta.
E non perché essere un paladino non gli piacesse, oh no, Keith amava essere un paladino, guidare il proprio leone, salvare le persone, e tuttavia sentiva di non meritarlo, sentiva che un compito tanto gratificante, di così grande importanza, non fosse adatto ad una persona come lui.
Perché lui era tutto meno che degno di essere un paladino, era tutto meno che degno di amare Lance.
Per questo stava progettando di unirsi alle Lame di Marmora, lì sarebbe stato esattamente come chiunque altro, l'avrebbero valutato solo per le sue capacità, non per come era fatto o per il modo in cui si comportava.
E così, Keith progettava di abbandonare la propria famiglia.
Anche nonostante l'espansione del suo cambiamento si fosse, se non fermata, almeno rallentata.
Anche nonostante Lance sembrasse ricambiare i suoi sentimenti.
Ma non poteva semplicemente abbandonare i propri compagni a loro stessi, non senza che potessero formare Voltron, pertanto, finché non avesse trovato la maniera di sostituirsi, la squadra l'avrebbe avuto con sè.
La soluzione giunse in un tempo straordinariamente breve.
Shiro tornò, la loro collaborazione con le Lame di Marmora si fece più stabile.
Fu semplice giungere alla conclusione che avrebbe davvero lasciato Voltron per Marmora.
I suoi compagni non sapevano che era riuscito ad attivare il pugnale, così come le Lame non sapevano spiegarsi come fosse possibile, visto che lui era umano.
E Keith stava per fornire entrambe le risposte.
***
-COSA?!- l'urlo risuonò sul ponte del castello, ad un'unica voce -Mi unisco alle Lame.- ripeté semplicemente. Aveva deciso che "Mi unisco alle Lame" suonasse meglio di "Abbandono voltron".
-Keith, cosa..come faremo? Senza il Leone Nero non...-
-Shiro è tornato. È qui. E così lo è anche il suo legame con il Leone, dovrà solo risvegliarlo. Io ero in rimpiazzo, è lui il paladino, e Black lo sa. Tutti voi lo sapete.-
La protesta si fece discussione, la discussione si fece litigio, i toni si alzarono sempre di più, molte furono le obiezioni, ma lui si era preparato in maniera impeccabile, non c'era modo che potessero avere ragione di lui. Parlarono tutti, tutti tranne Lance.
Lui si limitò a guardarlo da dov'era seduto, sofferente, gli occhi lucidi.
Mi dispiace Lance, non posso restare.
-Voglio parlare con lui.- la sua voce tremava mentre si rivolgeva agli altri, e questo era grave, perché la voce di Lance non tremava mai. Quella voce magnifica che Keith avrebbe riconosciuto ovunque era sempre, sempre, un oceano di tonalità differenti, poteva passare dall'argento cristallino al nero più cupo, dalla gioia alla tristezza, dalla sua normale esuberanza all'ira, ma mai, mai fino ad allora, Keith aveva sentito quel tremolio.
Per un attimo, si chiese se andarsene fosse davvero quello che voleva.
Poi Lance lo prese per un braccio, trascinandolo poco distante.
-Cos'è questa storia Keith? Voltron non è abbastanza per te? Allura, Shiro, Pidge, Hunk, io..noi contiamo tutti su di te. Non...perché Keith, perché? Io non sono abbastanza per te? Se ho fatto qualcosa di sbagliato, basta dirmelo...io non..se credi di dover rinunciare a Red solo per me, non..- Lance sembrava arrabbiato, ma era sull'orlo delle lacrime. Il ragazzo che amava aveva appena annunciato che si sarebbe unito ad un gruppo di ribelli che abbandonano i propri compagni, galra, preferendoli a quello che già aveva. Stava per anteporre degli sconosciuti alla sua famiglia, per come la vedeva lui.
-Keith ti prego, noi abbiamo bisogno di te. Io ho bisogno di te.- la voce di Lance si spezzò definitivamente, rivelando infine il pianto, pesante, e il corvino non fece altro che scuotere la testa, per poi iniziare a camminare verso la porta.
-Io ti amo Keith!- il ragazzo si immobilizzò, la mano stretta sulla cornice della porta per quella che sarebbe dovuta essere l'ultima volta. Ti amo. Non gliel'aveva mai detto prima. Avrebbe davvero voluto che non l'avesse fatto.
-Va bene.- sussurrò -Resto.-.
E uscì dalla sala.
***
Che strano. Non pensavo che si sarebbe fatto convincere semplicemente dalla mia dichiarazione. Keith... pensavo davvero se ne sarebbe andato e basta, sbattendomi la porta in faccia.
Era questo che pensava Lance mentre si dirigeva verso la propria camera. A quanto avesse trovato insolito il modo arrendevole con cui l'altro sembrava avesse desistito. Era molto insolito.
Esitò di fronte alla porta del ragazzo che amava, lasciando scivolare lo sguardo là dove si erano baciati per la prima volta.
Bussò con delicatezza sulla superficie metallica, aspettando impazientemente che l'altro andasse ad aprire, impazienza che venne soddisfatta piuttosto in fretta a dir la verità, visto che la porta si aprì quasi immediatamente, rivelando un Keith decisamente spiazzante.
Doveva aver da poco finito di allenarsi, visto che era madido di sudore, e questo avrebbe dovuto far pensare Lance, perché Keith si allenava sempre con qualcosa in testa, ma non voleva pensare a nulla che non fosse Keith; la maglia, già attillata di suo, gli si era appiccicata addosso, lasciando ben poco all'immaginazione, e qualche gocciolina di sudore gli scivolava sul collo. I capelli lunghi completamente arruffati gli si incollavano sulla fronte. Aveva ancora il respiro rotto dalla fatica.
Wow.
-Oh, Lance...ciao.- sussurrò l'altro, leggermente a disagio sotto lo sguardo fin troppo attento che gli stava venendo riservato.
-Io non...non mi aspettavo di trovarti così, scusa. Vado via.- il cubano si girò, imbarazzato per la propria reazione, nel rendersi conto di essersi praticamente incantato a fissare quel corpo atletico che gli stava di fronte -...hei Lance.- seguì una breve pausa, in cui il corvino si dimostrò seriamente combattuto, come se stesse decidendo delle sorti di una vita -T-ti va di aspettare un attimo? Faccio una doccia veloce e..e...- Keith abbassò lo sguardo -Voglio stare con te.- sussurrò.
Il viso di Lance si fece completamente rosso, immaginandolo intento a farsi la doccia -V-va bene.- poi Keith gli chiuse la porta in faccia.
E va bene, aspettiamo.
***
Keith odiava farsi la doccia, da quel giorno. Lo costringeva a guardare quello che stava diventando, e lo disgustava profondamente, lasciandogli uno spiacevole senso di nausea. Prima sarebbe stato capace di passare ore sotto alla doccia, e avendone la possibilità l'aveva fatto, di tanto in tanto, ma nell'ultimo periodo era diventato incredibilmente veloce a lavarsi.
Ci mise cinque minuti, altri cinque per rivestirsi completamente e mettersi un asciugamano in testa, volendo evitare di gocciolare per tutta la stanza, poi andò ad aprire a Lance.
Lo trovò appoggiato alla parete, come suo solito -Hey sharpshooter, vieni dentro?- ridacchiò nel vederlo sussultare, preso di sorpresa, e andò a sedersi sul letto.
Lance era adorabile, quando faceva così, sembrava un bambino, gli occhi sgranati e le guance delicatamente rosse -Ah e...Lance? Chiudi la porta. A chiave.- il viso di Lance si imporporò nuovamente mentre obbediva, la situazione era strana.
Keith si rannicchiò sul lenzuolo, guardando l'ex paladino blu a disagio nella sua stanza con un'attenzione in cui riusciva a malapena a velare il proprio desiderio.
Lo voglio. Solo per questa notte, almeno una volta, voglio amarlo davvero, a fondo. Voglio essere completamente suo. Almeno una volta.
-Lance...- abbassò lo sguardo, aspettando che si avvicinasse, sicuro che l'avrebbe fatto, lo conosceva; e così fu, in un attimo sentì il materasso abbassarsi accanto a lui e le dita calde di Lance cercarono le sue, stringendole da sopra il guanto.
-Sai, me la immaginavo diversa la mia dichiarazione. Non così...tragica, ecco. Ma avevo davvero paura. E ora..beh, ora tutti sanno di noi.- E così immaginavi di dichiararti, eh Lance?, Keith non potè fare a meno di ridacchiare -Idiota, tutti sapevano già di noi. Era evidente.- e Lance sospirò, come se sentisse che c'era qualcosa di strano -Sì, immagino di sì.. Keith, perché siamo qui? Insomma, non vuoi parlarmi vero? Perché se Keith Kogane volesse parlarmi mi preoccuperei. Quello che parla sono io, maledizione a te. Quanto vorrei sapere cosa ti passa per la testa certe volte...- Keith appoggiò il viso sulla sua spalla, sedendoglisi in braccio.
Voleva sentirlo addosso, voleva che l'unica persona che avesse mai amato in quel modo lo stringesse a sè, lo coccolasse, lo amasse. Voleva concedersi, prima di andarsene, di sognare un'ultima volta una vita con Lance, anche se sapeva quanto ciò sarebbe risultato inutilmente masochista.
-Lance. Ho..ho bisogno di te.- sussurrò piano, la voce tremante -Hei, io sono qui. Sarò sempre qui per te Keith.- Keith si staccò, alzando gli occhi sui suoi, le guance appena rosate dall'imbarazzo -Questo è molto carino, ma non.. non è quello che intendevo. Ho.. bisogno di amarti.- il rossore si fece decisamente intenso sul volto di entrambi.
||
-Oh.- disse semplicemente Lance, capendo, nonostante non si aspettasse nulla di simile, cosa stava cercando di dirgli l'altro, restando con gli occhi larghi per la sorpresa, le labbra socchiuse -Immagino..che si possa fare.- sussurrò piano, prendendo il viso del corvino fra le mani e chinandosi a baciarlo, ansimando mentre Keith lo toccava come mai aveva fatto prima di allora, con un bisogno inusuale intrappolato in quei gesti così intimi, ma che si rivelava essere gratificante.
Quel corpo pallido così vicino, separato da a malapena qualche centimetro, mentre una mano gli scendeva fino alla patta dei pantaloni, accarezzandolo lentamente mentre premeva le labbra sulle sue, poi gli scostò i boxer e prese in mano quella che ormai era un'erezione, iniziando a toccarlo lentamente, gli occhi chiusi per quello che pareva essere imbarazzo.
Lance gemette a quel contatto, ma non accennò nemmeno per un attimo a ritrarsi, beandosi di quelle carezze passionali e della bocca che cercava disperatamente la sua.
Posò una mano in basso sulla schiena di Keith, prendendo ad accarezzarlo mentre il ritmo della mano che si muoveva attorno al suo membro aumentava, strappandogli qualche gemito di desiderio, ora il corvino lo guardava, quasi tremando.
-Keith...- mugolò -Va tutto bene, ok? ah.. I-insomma, io mi prenderò cura di te.- l'altro sussultò -Oh Lance...- Lance gli sorrise, quel sorriso splendente di cui si era innamorato -Lascia che io mi prenda cura di te, per questa volta. Lasciami libero di amarti.- e Keith annuì, non voleva altro.
Strinse le dita tra i capelli di Lance e lo tirò contro di sè, trascinandolo con trasporto in un bacio passionale e bagnato, ricco del desidero di entrambi e guidato dalla lussuria del momento.
Keith si spinse contro l'altro, facendo sfregare i loro bacini in un modo che convinse definitivamente Lance di aver fatto la scelta giusta decidendo di entrare in quella stanza.
Prese il moro all'altezza del fondoschiena e lo sistemò per bene contro di sè, stringendogli le natiche.
Bloccò Keith contro al materasso, stringendolo tra esso ed il proprio corpo, il tutto mentre muoveva le labbra sulle sue come aveva desiderato fare per lungo tempo. Non si erano mai baciati così a fondo prima.
A staccarsi per primo fu Keith, rimasto senza fiato, e Lance decise di sfruttare quella pausa per dedicarsi ad una porzione di morbida pelle sul collo del ragazzo, di cui si occupò accuratamente, lasciandovi un bel segno rosso e strappando sonori gemiti al più minuto, che in risposta prese a oscillare i fianchi, erezione contro erezione, ancora coperti dai vestiti.
Si sostenne con un gomito mentre la mano libera scendeva ad accarezzarlo da sopra i pantaloni -Ti piace vero?- sussurrò al suo orecchio mentre l'altra mano affondava decisa tra i capelli ancora bagnati dietro la nuca e li tirava, facendo gettare indietro la testa a Keith, che si ritrovò con la bocca spalancata in un ansito implorante, che da solo sarebbe anche potuto bastare per far venire Lance.
-A-aspetta- riuscì ad implorarlo quando capì che aveva intenzione di togliergli la maglia, riuscendo per un pelo ad impedirgli di vederlo -Mi imbarazza sapere che mi fissi. L-luci spente.- la stanza reagì alla sua voce, precipitando entrambi nel buio.
Scusa Lance, anche io vorrei davvero che tu mi potessi guardare...ma se vogliamo continuare è necessario. Non ti piacerebbe quel che vedresti.
Incredibilmente, il cubano non si lamentò, cercando di essere comprensivo nei confronti del ragazzo che amava. Supponendo che Keith fosse timido, anche se non lo era mai prima.
Gli sfilò la maglia e i pantaloni, gettandoli da qualche parte, lasciando così il corvino con solo boxer e guanti addosso, dettaglio che fece sorridere l'altro.
-Dimmi quello che vuoi Keith, voglio.. voglio sentirti.- sussurrò mentre si chinava sul suo petto, lambendo dolcemente un capezzolo, le mani che nell'oscurità stringevano i fianchi del corpo sotto di lui, così familiare da non avere effettivamente bisogno di vedersi per trovare la posizione giusta. Potè sentire Keith che iniziava a tremare dal piacere -T-te l'ho già detto Lance...io voglio te. Facciamolo ti prego, mhn..ho bisogno di averti dentro di me.-.
No, si disse quello, le guance rosse, Keith non è affatto timido, dev'esserci qualcos'altro. Ma sul momento non pensò di preoccuparsene.
Lance riavvicinò il viso al suo, accarezzandogli delicatamente le labbra con un dito, voleva, per una volta, provare ad aver ragione di Keith, fargli fare quello che lui voleva, invece di quello che Keith stesso voleva, ovviamente non sarebbe mai andato davvero contro ai desideri del corvino, ma sperava, almeno per una volta, di potersi illudere di aver il controllo di quel ragazzo che riusciva sempre a mandarlo fuori di testa.
Per questo si allontanò quando l'altro si protese per baciarlo -Sei troppo impaziente.- il cubano si svestì con lentezza straziante, sfilando le scarpe e la maglietta prima di riavvicinarsi -Sei così sporco a volte Keith...la tua bocca macchiata da queste parole così audaci...mh, dovresti imparare a fare il bravo, saresti molto più carino.- ma alla fine Keith non l'avrebbe lasciato scegliere troppo nemmeno questa volta. Con una delle sue mosse da ninja, come si divertiva a definirle Lance, lo girò sotto di sè, per poi abbassarsi e iniziare a percorrere con la lingua un immaginario sentiero fatto di umidi baci che dal collo scivolava fino al bassoventre, succhiando e mordendo lembi di pelle in gesti carichi di desiderio, che strappavano a Lance gemiti altrettanto bramosi.
-Sai Lance, dovresti conoscermi. Io non farò mai il bravo.- sussurrò con un tono di voce che si addiceva molto ad una competizione verbale delle solite, molto meno a quella situazione, come se si stesse divertendo a prendersi gioco dell'altro, mentre gli sfilava i pantaloni e i boxer con un movimento rapido, avendo così a disposizione una splendida visuale dell'erezione pulsante e bagnata di Lance, visto che sì, lui ci vedeva al buio. Doveva essere una di quelle cose da galra.
Gli leccò piano la punta, sfiorandolo appena per un assaggio -Ti ho desiderato così tante volte...ho desiderato così tante volte poter fare questo.- prese a muovere la mano sulla sua erezione -Mi sono toccato immaginando di prendermi cura di te.- sussurrò, dandogli un bacio sulla cappella -Immaginando di farmi fottere da te...- era evidente che si stesse divertendo nell'utilizzare parole così esplicite, e il cubano gli avrebbe anche risposto, ma qualsiasi parola avesse avuto intenzione di pronunciare gli rimase incastrata in gola, visto che Keith scelse esattamente quel momento per accoglierlo nella propria bocca.
Lasciò che fosse Lance a dettare il ritmo, prendendogli una mano e sistemandosela dietro la testa; inizialmente fu una cosa relativamente calma, succhiava una parte dell'erezione e si occupava della base con una mano, poi Lance si lasciò coinvolgere, spingendolo a prendere a fondo tutta la sua lunghezza, ad un ritmo sempre più rapido e spezzato -K-keith sto per...ah...venire.- mugolò infine, invitandolo a staccarsi. In tutta risposta il corvino lo prese ancora più a fondo, stringendogli le mani sulle cosce e strizzando gli occhi per lo sforzo eccessivo, e, quando Lance si riversò dentro la sua gola, ingoiò tutto, tossendo un paio di volte nello staccarsi.
-Sei... Keith, tu sei davvero incredibile.- in qualche modo non suonava come un elogio, suonava più come "sei senza pudore", o qualcosa di simile, ma come negare? Keith ridacchiò, rialzandosi -Però ti è piaciuto.- non era una domanda, sapeva benissimo quello di cui stava parlando.
Vide che Lance era intenzionato a rispondere, così ne approfittò per premere le labbra sulle sue e assaggiare quella bocca appena socchiusa, e Lance, nonostante Keith avesse ancora il suo sapore, non si staccò, anzi, lo strinse contro di sè e fece scendere una mano ad accarezzarlo.
Ma era evidente che a Keith non bastassero più quel genere di attenzioni, così non fu affatto stupito quando lo sentì staccarsi per aprire un cassetto, riconoscendo nella forma degli oggetti che gli vennero porti una bottiglietta, probabilmente di lubrificante, e un preservativo.
Non voleva sapere come Keith potesse avere quella roba, ma era un bene, poco ma sicuro, così si limitò ad aprire in silenzio il lubrificante e bagnarvisi per bene le dita.
Dopo aver sfilato i boxer del corvino e avergli aperto le cosce spinse un primo dito dentro di lui, ottenendo un'imprecazione soffocata come risposta, era davvero stretto, notò, ma la cosa non gli avrebbe procurato altro che piacere, pertanto penetrò Keith con un altro dito, muovendole lentamente dentro di lui, almeno fin quando non lo sentì singhiozzare -Hei Keith, se fa male posso anche..- venne bruscamente interrotto -No! No...v-vai avanti ti prego. Ho solo bisogno di te.-. La risposta lo convinse a riprendere i movimenti al suo interno, aspettando che fosse Keith stesso ad andargli incontro prima di penetrarlo con un terzo dito, e questa volta la risposta fu un sospiro di desiderio -Lance. Basta così.-.
Poteva sentirlo tremare sotto di lui, impaziente, e già questo sarebbe bastato per convincerlo, non avrebbe avuto bisogno delle parole dell'altro, ma senza dubbio gli fecero piacere. Aprì il preservativo e se lo mise, sistemandosi su quel corpo fremente, intenzionato a fare le cose con calma, ma Keith non sembrava essere di quell'avviso. Appena si fu spinto dentro di lui prese ad andargli incontro, attirandolo interamente dentro di sè.
E poi si amarono. Corpo contro corpo, labbra su labbra, baci e passione, parole gemute tra una spinta e l'altra, sospiri e ansiti.
Keith non fece altro che gemere ed implorare Lance perché gli desse di più, la voce rotta mentre gridava il suo nome, aggrappandosi disperatamente a quella schiena abbronzata, alle lenzuola, le gambe strette sui suoi fianchi.
Fin quando non furono entrambi sul punto di esplodere, Lance vol viso affondato nel collo del moro, intento a mordere e marchiare quella pelle che sapeva essere pallida mentre una mano si occupava del suo membro.
Strinse la presa su di lui, trovando con una spinta precisa la prostata di Keith, che gli si abbandonò definitivamente sotto, continuando a gemere ed implorare finché non venne sul proprio ventre, presto seguito da Lance, che si riversò nel preservativo, spingendosi un'ultima volta a fondo dentro di lui, per poi sfilarsi sfinito dal corvino e accasciarglisi accanto sul materasso, dopo aver gettato via il preservativo.
||
Keith si rannicchiò contro quel corpo caldo e familiare, ansimando, stanco ma soddisfatto, e lasciò che Lance lo stringesse tra le braccia fino ad addormentarsi.
Poi si sciolse da quell'abbraccio e si rivestì, raccogliendo lo zaino che aveva già lasciato pronto e il suo pugnale nella maniera più silenziosa possibile.
Prima di uscire guardò Lance un'ultima volta, cercando di imprimersi bene in mente quel viso che tanto amava.
Avrebbe davvero voluto rimanere, stendersi di nuovo accanto a lui, dormire insieme, bearsi del senso di sicurezza che solo lui riusciva a trasmettergli mentre dormiva. Avrebbe davvero voluto dargli un ultimo bacio, passargli un'ultima volta le dita fra i capelli, perdersi in quegli occhi liquidi che solo lui aveva.
Perdonami Lance, ma non posso davvero restare.
***
I corridoi del castello erano vuoti, fortunatamente, pertanto riuscì a giungere fino al ponte senza incontrare nessuno, come era normale vista l'ora.
Si sedette su quello che era diventato il suo posto e accese un piccolo registratore video, inquadrandosi accuratamente.
-Hei ragazzi. Se state vedendo questo video significa che sono riuscito a raggirarvi e andarmene. Scusate, ma non potevo proprio restare, dovrete fare a meno di me. Lascio delle analisi che vi renderanno tutto più chiaro, se ancora avrete dubbi vi basterà chiedere a pidge di analizzare i video della missione di un mese fa.. sì..quella dopo cui mi sono rifiutato di stare con voi, e quelli della mia camera. Ci sono le registrazioni successive a quelle due settimane. Ora vado, temo che..che non capirete, ma va bene così. Non pretendo nulla da voi, solo...- la sua voce si spezzò -Lance? Anche io ti amo. Qui Keith, chiudo.- e interruppe la registrazione, asciugandosi la lacrima che aveva irrimediabilmente rigato il suo viso, alla fine.
Posò l'apparecchio sul sedile della propria "poltrona", assieme alle analisi che rivelavano la sua natura galra.
E poi lo fece.
Se ne andò.
Non ci furono addii quella notte, per Keith, non ci furono effusioni, nè promesse, nè preghiere. Nessuno pianse, nessuno lo strinse a sè, nessuno lo implorò affinché tornasse, o non partisse affatto, l'aria non venne rotta da singhiozzi, e nessuno corse a perdifiato per salvarlo all'ultimo secondo, non ci fu nessuno che lo raggiunse per trattenerlo. Non ci fu nulla, e il giovane non desiderò che ci fosse.
Quella notte Keith se ne andò dalle vite di tutti esattamente come era riuscito ad entrarvi.
Solo, in silenzio.
La mattina Lance si sarebbe svegliato senza di lui, e avrebbe capito, avrebbe capito subito. Sarebbe corso per tutta la nave alla ricerca di una persona che sapeva di non poter trovare, fino al ponte, avrebbe trovato il messaggio, le analisi, avrebbe studiato tutto assieme agli altri, e assieme a loro si sarebbe sentito tradito.
La mattina seguente tutti avrebbero capito cos'aveva fatto Keith, ma nessuno più di Lance avrebbe sofferto.

Let me kiss youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora