Se la vita è un lungo e avventuroso giro su una montagna russa come pare sia convinta un sacco di gente su Tumblr, il vagoncino di Gennaro Raia non deve essere mai partito. Una volta si era anche ritrovato a rebloggarli quei post, ma ora lo irritano e basta perché nella sua vita non succede assolutamente niente. Nulla si muove, nessuna discesa da brivido in vista.
Il suo blog ora lo riempie con fotografie in bianco e nero di se stesso e della vista dalla sua cameretta, di dettagli di Somma, la sua città, versi di canzoni e ogni tanto qualche poesia e brani da qualche libro che lo colpisce, ma non succede molto spesso.
Principalmente Genn – Gennaro non si può sentire, non è il nome di una persona con una vita interessante e di certo non sarà mai un acclamato musicista se se lo tiene – è un signor nessuno spaesato a cui nemmeno cresce la barba. Si guarda allo specchio e vede un fallito ancora prima di cominciare: non sa far nulla tranne stare chiuso nella sua cameretta, seduto nel vano della finestra a guardar fuori e ad aspettare un'occasione che mai arriverà.
Non è bravo con i convenevoli e le chiacchere di cortesia, risulta sempre scorbutico e sgarbato anche quando vorrebbe mostrarsi gentile, ma a quanto pare non ne è in grado e alla fine se non crea aspettative non può nemmeno deluderle.
Genn è uno che stringe i denti, non si sfoga. Quelle poche volte che ci ha provato è stato completamente frainteso e il suo bisogno di aiuto gli si è ritorto contro, lo ha reso debole. Quindi si è imposto di non commettere più lo stesso errore e adesso non sa più come si fa.
Vive sulla difensiva.
E' veloce a giudicare, il suo più grande talento è sentirsi superiore – la comunissima sindrome del ragazzino emarginato in una piccola città di provincia, immagina – e ama il silenzio, forse un po' troppo.
Vorrebbe almeno saper fumare per darsi un tono, ma ha provato una volta nei bagni della scuola ed è quasi soffocato e sua madre aveva sentito subito l'odore di fumo agganciatosi ai vestiti e aveva dovuto lasciar perdere. Che sfigato.
Però si fa chiamare Genn e cerca di crearsi quest'aria da ragazzo misterioso; gira sempre con la sua Moleskine nera e le cuffie nelle orecchie, passa il suo tempo ad esercitarsi con la chitarra, sta sulle sue un po' perché gli piace farsi i fatti propri e un po' perché così si rende intriganti agli occhi altrui – o almeno dovrebbe.
Poi è arrivato Alex ed è stato come aver aperto le finestre di casa dopo essere stati via per un po', con l'aria fresca e la luce che inondano tutto di vita nuova, o aver ritrovato il pezzo mancante del puzzle dopo aver perso la speranza di completarlo.
Alessio Iodice lo ha preso alla sprovvista e ha fatto funzionare la sua montagna russa tutta d'un tratto, e ora volano sulle curve e Genn vive con il cuore in gola, un po' di ansia perché quella è inevitabilmente sempre con lui, e una voglia pazzesca di non scendere mai, nonostante ogni tanto la nausea e il terrore s'impadroniscano di lui.
E incredibilmente Alex era finito dritto nella sua trappola, perché non c'è altra spiegazione, no? Perché mai dovrebbe passare il tempo con Genn se non avesse preso per buona la sua recita da due soldi? Probabilmente gli fa pena e rimane comunque, nonostante abbia scoperto il trucco – deve esserci riuscito, con quel suo sguardo che lo scava fin nelle viscere. E Gennaro è felice, porca miseria, e sì, ci sta anche usare la parola felice, nonostante tutta la sua vita fino ad ora sia stata solo una lunga linea piatta sull'elettrocardiogramma. Alessio pensa che Genn sia interessante e che valga la pensa ascoltarlo – o forse finge, ma chissene frega - e stargli vicino e lui non potrebbe chiedere di più.
Alex lo rende utile, con lui può perfino creare qualcosa di bello, perché è questo che sono le loro voci insieme: belle. Alex lo conosce in ogni sua sfumatura e contraddizione, lo conosce e nel bene e nel male, e nel bene e nel male gli sta accanto.
Ormai sono legati e se anche volessero, non c'è modo di tagliare il filo che li unisce.
Quando però è a letto la sera, al buio, con la musica nelle orecchie, sente il panico farsi strada nel suo petto e bloccagli il respiro. E quando si stanca di stare al gioco? Quando non ne può più di me cosa faccio? O peggio, e se si accorge di quel che provo per lui?
L'unica cosa che Genn sa di poter fare bene è fingere e mentire per le cose importanti – di nuovo, non riesce a dire bugie innocenti, se anche non avesse puzzato di fumo come una ciminiera a sua madre sarebbe bastato guardarlo due secondi netti negli occhi per scovare la menzogna.
Quindi si gode Alex con la consapevolezza di sapere di poter resistere e di poter tenere in piedi la sua illusione, ma allo stesso tempo lo divora l'angoscia di sapere come si stancherà di stare dietro a qualcuno che non esiste, qualcuno che è il nulla se non un insieme di rabbia e odio per se stesso. Un po' è curioso – che razza di sadico. Chissà come smaschererà il suo teatrino e come se ne andrà, se sbattendo la porta furioso per aver perso tempo dietro lui o con i sui occhi scuri da cucciolo pieni di pena per questo piccolo e insignificante essere.
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With the angst of a teenage band
Fiksi Penggemar"Sua madre ha ragione, gli è sempre piaciuto fare il martire e dare la colpa agli altri. Soffrire per questo amore non corrisposto è la sua espiazione, è il suo modo di permettersi di stare vicino ad Alessio. Ormai è abituato a essere innamorato di...