A lezione di Greco

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Passarono i giorni, le settimane. Ormai era ottobre inoltrato e il ritmo della scuola si faceva frenetico e stancante. Il latino ed il greco riempivano i miei pomeriggi con le loro strazianti e noiose versioni e il rischio di un interrogazione terrorizzava tutti, ogni giorno. Quel giorno chiamarono me per l'interrogazione di greco. Ero tesissimo: non avevo studiato pressoché nulla ma contavo sul sostegno di Marco per qualche suggerimento. Iniziò l'interrogazione. La prof, la classica vecchia frustrata dalla sua vita, attaccò con un sacco di domande a cui io non seppi rispondere. Marco si sbracciava ma ormai ero nel pallone, balbettavo, sudavo. Sentivo le risatine dei soliti quattro stupidi in fondo alla classe che mi sfottevano e ciò non faceva che agitarmi ancora di più.

Dopo una scena muta imbarazzante, durata circa quindici minuti, l'insegnante decise con grande pietà di mandarmi al posto. Mi sedetti, sconfitto ma nel momento in cui appoggiai il sedere sulla sedia, Aurora si alzò e si offrì volontaria per l'interrogazione. Andò alla lavagna e snocciolò tutto quello che c'era da sapere e anche di più. Mi umiliò ancora più di quanto non lo fossi e, dopo aver preso il suo bel 9.5 , si sedette e mi mise una mano sulla spalla dicendo:

-tranquillo andrà meglio la prossima volta, Max-

Non ci vidi più e scattai: la spinsi via e la gettai giù dalla sedia. Cadde a terra e tutti mi cominciarono a fissare sbigottiti. Tranne Aurora: lei mi guardava con uno strano mix di emozioni tra cui rabbia, paura, soddisfazione e qualcos'altro.

La guardai negli occhi, mi alzai e scappai fuori dalla classe.

Due ore dopo la scuola era finita. ero andato dal preside per la scenata che avevo fatto ma me l'ero cavata con una lavata di testa.

Mancai la corriera, come accadeva troppo spesso in quel periodo e cominciai a camminare verso casa, mani in tasca, cappuccio alzato e sguardo basso. a metà strada mi trovavo in centro, davanti ad un negozio di articoli da disegno mi sentii toccare una spalla. mi girai appena e indovinate, chi vedi? Marco? No. Aurora.

Era la davanti a me con un cappellino di lana che le lasciava libere delle ciocche di capelli castani che le cadevano sulla fronte.

-Ciao- mi disse. 

La guardai per un po' senza rispondere, sospirai e dissi, mandando a quel paese il mio orgoglio:

-senti, mi spiace per quello che è successo oggi, ho fatto una cazzata.-

Lei sorrise, non per cortesia ma per divertimento.

-in realtà ti ho provocato apposta, dovrei io chiedere scusa a te per averti voluto umiliare... Anche se è stato divertente, ammettilo-

-Per voi si magari, comunque non mi sei di conforto-

-no immagino... Comunque ero qua per offrirti una mano.-

-come scusa?-

-si una mano con la scuola. potrei farti ripetizioni di greco. che ne dici?-

La guardai incredulo. Pareva seria, non mi prendeva in giro. Comunque trovai la proposta una buona idea. Tanto peggio di così i miei voti non potevano andare.

-Va bene, proviamoci.-

-okay, quindi ci troviamo domani alle 5 a casa mia?-

-in realtà non so dove abiti-

-giusto, ecco- scrisse su un foglietto indirizzo e numero di cellulare e me lo porse. Appena lo presi lei mormorò un ciao, si girò e andò via, lasciandomi da solo in mezzo al marciapiede con una strana sensazione che nasceva dallo stomaco.

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