Tutto tace. Si ode solo il mare in coro mentre conduce le onde verso la loro fine. Il suo urlo si propaga nell'aria e accarezza la pelle di un liquido che scorre con frenetica prepotenza. Lo respiro come se fosse un bisogno impellente, facendolo mescolare col sangue, portandolo fino al cuore, che pulsa anche per il suo dolore.
Un sole ormai morente dipinge col suo cruore tutto ciò che i suoi raggi trovano dinnanzi, rivelando, come suo ultimo atto prima di cedere il posto alla notte, i cadaveri pultrefatti sui suoi fondali.Pare ridicolo come la cima di una piramide possa sprofondare nel più tetro degli abissi, finendo in pasto alle alghe che, con carezze suadenti, esorta il mare ad ingogliarne di più, nonostante la disperazione che riversa su se stesso.
Il vento graffia, non perdona, tentando di rivelare i segreti che il mare cela, invano, le sue lacrime velano l'odore putrido del marcio.Una mi bagna il viso. Il tocco è soffice sotto alle dita. Lascio che si cremi da sola col fervore delle mie gelide mani.
Di un passo mi avvicino verso la fine dello scoglio, laddove le onde innondano i ciottoli col suo lento dissiparsi. La schiuma lattea risveglia nella mia mente l'inizio delle giornate invernali ed il ricordo di un compagno d'avventure, quando ancora ricevevo una tazza di latte da assumere assieme ad una fetta del suo sorriso.Probabilmente anche lui è stato qui, prima di venir richiamato dal mare, forse è stato attirato dal roseo canto del vento, fraintendendo le sue parole d'allarme. La scena si forma spontanea nella mia mente, il suo corpo che cade senza forze verso l'abisso mentre il vento tenta in tutti i modi di salvarlo, invano, i suoi peccati sono troppo gravi per essere perdonati. Un tonfo e lui non c'è più.
Una seconda lacrima segna il mio volto, mentre s'immerge nella sinfonia della vita, divorata dal dolore come una spiaggia dilavata.
Le prime stelle iniziano a prender fuoco, silenti anch'esse, in ascolto delle preghiere provenienti dal tetro abisso.
Una voce, dai meandri della mente, mi sussurra vendetta, come se fosse la più succulenta scelta da seguire, spingendomi ad abbandonarmi alle grinfie del mare per poter strappare le radici di quelle piante maledette.
Di un passo mi avvicino, sento gli uccelli avvertirmi del pericolo.
Di due passi mi avvicino, pochi sassolini cercano di sacrificarsi al mio posto. Inutile.
Il terzo passo e percepisco il vacillare di un vuoto secondo, il vento tenta di trattenermi in un eterno abbraccio. Vano.
Il corpo precipita, ma il cuore ancora pulsa, consapevole d'esser caduta vittima di quella voce suadente.Uno, due, quattro, sette, dodici...
I secondi sfiorano il mio viso, cancellando ogni traccia di malessere. Rilasso i muscoli. Il calore del mare mi avvolge, estirpando dalla mente ogni traccia di me.Seppur graffiando, un gesto d'infinito amore rimane.
Quindici.
Assaporo il sale che brucia la mia pelle, corrode la mia anima e lacera il mio essere.Sedici.
La pelle abbandona le ossa.Diciassette.
Le ossa abbandonano gli organi.Diciotto.
Gli organi abbandonano l'essenza di essere.Diciannove.
La mente appannata dal respiro fatto di acqua e lacrime evaporate col calore del vento.Venti.
Avverto l'orrore avvicinarsi col suo lento saziarsi. I tentacoli viscidi spostano l'acqua con una delicatezza rude.Ventuno.
Un paio di occhi sopraggiungono ancor prima dell'oscurità e mi trascinano verso il basso, ove il mare galleggia con la sua stanchezza.